di Carlo Benedetti

Da sessanta anni tra Cina (9.575.388 chilometri quadrati) e Taiwan (35.980 chilometri quadrati) è sempre guerra fredda, guerreggiata. Fatta di ostilità evidenti e nascoste che di volta in volta sconvolgono le teorie geopolitiche asiatiche. Ma i dollari sono dollari. E il gelo politico-diplomatico comincia a conoscere una stagione di mutamenti perché si scopre che tra i due “paesi” - 1.273.111.000 abitanti per la Cina e 23 milioni per Taiwan - il giro d’affari ha già raggiunto i 100 miliardi di dollari. Con Taiwan che risulta sempre più il maggiore investitore estero nella Cina continentale. Ora, tra sorrisi e meditati silenzi, qualcosa si sta muovendo. Da un lato c’è il presidente Hu Jintao che - alla guida della potenza di Pechino - punta sempre più alla accelerazione del processo di riforme economiche e finanziarie; dall’altro c’è il grande capo di Taiwan, Ma Ying-jeou, che si sente forte per il dinamismo economico mostrato dall’isola. Ma sulle due economie pesano anche varie incognite relative a possibili recessioni che potrebbero arrivare sul continente sotto forma di tsunami economici, incontrollabili. Di qui gli atteggiamenti pragmatici e i reciproci interessi economici chiamati ad unire più di quanto possano dividere diverse centinaia di missili schierati da una parte e delle contromisure per contrastarli dall'altra.

E mentre c’è una certa ricerca di equilibrio i due leader hanno già avviato serie prove di dialogo. C’è stato un incontro tra Hu Jintao, Presidente della Repubblica Popolare Cinese e Segretario del Partito Comunista Cinese, e Wu Poh-hsiung Presidente del Kuomintang, quel partito largamente maggioritario a Taiwan, erede della tradizione nazionalista di Chiang Kai-shek. Quella, per la precisione, che interpretava la riunificazione cinese come l'abbattimento del regime comunista e l'estensione sulla Cina continentale della giurisdizione del Governo residente a Taipei, capitale di Taiwan. Per i nazionalisti questa, infatti, era considerata sede dell'unico legittimo governo della nazione cinese.

Ed ecco cosa sta avvenendo in questi ultimi tempi tra i due paesi che vivono un processo di odio-amicizia che li porta, comunque, a scegliere le strade dell’accordo. Tutto avviene a Pechino dove, nonostante il vento della contestazione, riparte il dialogo su turismo ed economia al fine di scongiurare eventuali crisi. Ed ecco che arriva nella capitale continentale una delegazione taiwanese di più alto rango mai accolta dalla fuga di Chiang Kai-shek, avvenuta quasi 60 anni fa. Sul tavolo delle trattative: voli diretti (interrotti dal 1949) ed interscambi economici.

Ma la questione della trattativa di ordine prettamente tecnico ha destato serie preoccupazioni nelle diplomazie dei due paesi. Si è però trovato un onorevole compromesso degno della millenaria cultura locale. E così la delegazione taiwanese è giunta a Pechino guidata da un personaggio come Chiang che essendo presidente della Fondazione per gli scambi sullo Stretto, e cioè un’organizzazione paragovernativa, non ricopre però incarichi di governo pur se esponente di spicco della vita politica locale. E così grazie a questo “sotterfugio” di ordine diplomatico Pechino non è stata costretta ad ammettere l’indipendenza di Taiwan. (Pur se nel gruppo taiwanese c’erano due vice ministri del nuovo governo di Taipei, a dimostrazione dell’importanza dell’incontro).

Quanto ai cinesi del governo continentale la delegazione è stata guidata da Chen Yunlin, presidente dell’Associazione (anch’essa “semi-governativa”) per le relazioni con lo Stretto di Taiwan. Contenti tutti, quindi, con Chen che all’apertura dell’incontro ha dichiarato che “la popolazione di entrambi i lati dello Stretto conta molto su questi contatti, che devono produrre veri risultati per smorzare i toni fra i due governi. Migliorare i nostri rapporti - ha detto - dipende da come procederanno le trattative”.

E così subito sul tavolo di Pechino sono stati collocati i primi dossier economici. Verrà aperta la strada a 36 voli charter ogni fine settimana per unire Taiwan e Cina continentale. L’obiettivo a medio termine consiste nel trasportare ogni anno centinaia di migliaia di turisti da una parte all’altra. Ma i progetti ne prevedono un milione. Impegnati in questa fase di sviluppo epocale quattro nuovi aeroporti taiwanesi - Taipei, Taichung, Taoyuan e Kaohsiung – ed altrettanti cinesi - Pechino, Shanghai, Guangzhou e Xiamen – chiamati a garantire le migliori tratte turistiche. Tutto questo, ovviamente, in vista del grande appuntamento dell’8 agosto con la XXIX edizione dei giochi olimpici.

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