di Carlo Benedetti

MOSCA. Tra le tante eredità che Putin lascia al suo successore c’è quella relativa al processo per l’abolizione della pena di morte. Perchè la strada verso una tale soluzione è ancora tutta in salita. L’ultima condanna (colpo di pistola alla nuca) risale al 2 settembre 1996. Subito dopo - in seguito alla pressione dell’opinione pubblica internazionale e del Consiglio d’Europa - Mosca ha introdotto una moratoria ma non ha ratificato il Protocollo entro i tre anni successivi, così come richiesto. E’ poi stato Putin a dichiarare che la Russia avrebbe rispettato la Convenzione, aggiungendo però che “la completa eliminazione della pena capitale dipenderà dall’opinione dei cittadini russi”. Un modo per prendere tempo e lasciare aperte le porte a quel 65% di abitanti della Russia che - secondo i rilevamenti più accreditati - sostengono la pena di morte. Ma nello stesso tempo Putin nel febbraio 2006 ha voluto manifestare di essere abolizionista e difensore della moratoria: "La punizione - ha detto - ha diversi scopi. C'è la correzione e il castigo. Con la pena di morte è impossibile parlare di correzione, c'è solo il castigo". Da quel momento è dibattito. Anche acceso perchè vede scendere in campo forze politiche (le più attive sono quelle della destra monarchica, fascista, reazionaria e sciovinista) che sostengono la tesi della mano forte della giustizia di stato. Ora però si evidenzia una sorta di svolta con la Commissione legislativa della Duma (il ramo basso del parlamento russo) che sottopone alla Camera un disegno di legge per l’abolizione della pena di morte, pur se ancora non è stato ratificato il sesto protocollo della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle libertà fondamentali, relativo, appunto, all'abolizione della pena in tempo di pace.

Intanto, mentre dibattiti e scontri si susseguono (dimostrando, tra l’altro, una reale instabilità della società attuale) si registrano dichiarazioni e reazioni di vario stampo. Il primo vicepresidente della Duma Oleg Morozov, ad esempio, sostiene che l'Europa non deve aspettare che la Russia abolisca la pena di morte in un prossimo futuro. E di "non vedere, quindi, la questione all'ordine del giorno perchè - sottolinea - se organizzassimo ora un referendum sulla questione dell'abolizione, allora nove russi su dieci sosterrebbero la pena capitale".

Gli risponde Lev Ponomaryov, un veterano attivista per i diritti umani e leader del movimento per i Diritti Umani, il quale ritiene che la Russia non debba rimandare la totale abolizione della pena di morte. “L’Europa - dice - sta facendo la cosa giusta chiedendoci di abolire completamente la pena di morte. Facendolo, vuole assicurarsi che la pena non venga reintrodotta in Russia”. E Svetlana Gannushkina, capo del comitato per i diritti umani di Assistenza Civile, aggiunge: “Io sono per l’assoluta abolizione della pena di morte. Anche se il nostro sistema giudiziario fosse perfetto e un errore giudiziario fosse assolutamente impossibile, anche in queste condizioni la società non dovrebbe assumersi una tale responsabilità, ovvero quella di togliere la vita. Tutto ciò è estremamente nocivo, soprattutto per la società stessa. Non importa quanto una persona sia criminale. Deve essere tenuta in carcere”.

E mentre lo scontro va avanti arriva un evento mediatico che fa riflettere. Perchè la televisione centrale presenta un talk show centrato sul “si” o “no” alla pena di morte e chiama a discuterne due esponenti che rappresentano posizioni diverse: Alexander Dugin, politologo e l’avvocato Michail Barscevskij. La trasmissione si chiama “Barriera” e a condurla è il giornalista Vladimir Soloviov. I telespettatori devono votare e, alla fine della serata, si scopre quello che era già chiaro e cioè che a favore della pena capitale sono in 31.548 e, contro, in 13.000. Per un paese immenso come la Russia sono cifre insignificanti che rivelano però uno stato d’animo generale della società. Ma sono soprattutto le tesi esposte dai due contendenti (e le loro stesse biografie) che fanno pensare.

Dugin è noto negli ambienti della destra monarchica e sciovinista come appassionato sostenitore delle opere e delle idee di Renè Guenon e di Julius Evola. E’ stato uno dei più attivi esponenti del movimento “Pamjat”, una delle organizzazioni della destra locale, nazionalista, anti-occidentale ed antisemita. Oppositore di Gorbaciov e di Eltsin ha fatto parte del “Fronte di Salvezza Nazionale” ed ha collaborato attivamente con il leader comunista Zjuganov nella preparazione di vari documenti politico-ideologici; ha poi fondato, con lo scrittore Eduard Limonov, un partito denominato “Nazional-bolscevico”. Ora ha preso il largo verso altri lidi e si presenta come teorico dell’Eurasismo avendo cercato sino ad oggi agganci con il potere anche con l’aiuto di forze islamiche.

L’altro personaggio che compare in tv è Michajl Barscevskij, un avvocato locale che si è fatto un po’ di fama impegnandosi nella difesa di personaggi come Eltsin e Ciubajs e poi dedicandosi alla costituzione di un partitino chiamato “Forza civile” (diretta emanazione del potere centrale) con l’obiettivo di portare via iscritti e voti alle reali opposizioni. Barscevskij, comunque, si dichiara a favore dell’abolizione della pena di morte e cerca di conquistare il pubblico televisivo portandolo ad accettare tesi democratiche e civili.

E così nel corso della trasmissione si ricorda che la Russia è impegnata nell’abolizione della pena come membro del Consiglio d’Europa dal 28 febbraio 1996 e che vrebbe dovuto firmare il Sesto Protocollo alla Convenzione Europea dei Diritti Umani entro un anno dall’ingresso nel Consiglio e ratificarlo entro tre. Nel 1996, l’allora Presidente Eltsin, per adempiere agli obblighi internazionali, impose una moratoria sulle esecuzioni – tuttora in vigore – che servì ad aggirare il costante rifiuto da parte del Parlamento di abolire la pena (una proposta di legge per una moratoria venne respinta il 14 marzo 1997).

Ora l’introduzione nel 1996 del Codice Penale della Federazione Russa ha ridotto il numero dei reati capitali da 33 a 5: omicidio premeditato con circostanze aggravanti; tentato omicidio di un personaggio pubblico o statale; tentato omicidio di un amministratore della giustizia o di un investigatore; tentato omicidio di un funzionario della legge; genocidio. Il 2 giugno 1999 ha emanato un decreto di commutazione in ergastolo o a 25 anni di tutte le 716 condanne a morte. Nel febbraio del 2000 la Corte Costituzionale stabilì che non dovessero essere pronunciate nuove condanne a morte fino a che non fosse stato messo in pratica un nuovo sistema di giurie in tutto il paese. Quindi il 1° luglio 2002 è entrato in vigore il nuovo Codice di Procedura Penale russo, in base al quale la giuria decide l’innocenza o la colpevolezza e il giudice emette la sentenza. Tuttavia non sono ancora state istituite tutte le giurie nelle 89 entità della Federazione.

Successivamente, nel luglio 2003, il Cremlino ha voluto ricordare che la moratoria sulla pena di morte sarebbe restata in vigore fino al 1° gennaio 2008. E qui cominciano le nuove polemiche. Si dice che in caso di errore, sempre possibile, la pena capitale è irreversibile. Mantenerla, pur non applicandola, - è sempre stata la tesi di Putin - non significa essere secondi, quanto a democrazia, al resto del mondo. "In molti altri Paesi ai quali non viene negata la qualifica di civilizzati e base della democrazia - ha detto una volta l’ex presidente russo - viene mantenuta la pena di morte: dagli Stati Uniti al Giappone.”

Il 9 febbraio 2006, Ella Pamfilova, presidente del consiglio presidenziale per lo sviluppo della società civile e dei diritti umani, ha però dichiarato: “Siamo l’unico paese del Consiglio d’Europa che non ha ancora ratificato il protocollo per l’abolizione della pena di morte e spero che lo faremo nel prossimo futuro. E pur se sono consapevole del fatto che la maggioranza dei cittadini russi vorrebbe la fine della moratoria ed il ripristino della pena di morte - ha aggiunto - credo che su questioni così fondamentali la leadership politica dovrebbe andare contro la maggioranza”.

Le polemiche aumentano. E in proposito si ricorda che nel processo per i “fatti di Beslan” (quando i ceceni occuparono una scuola nell’Ossezia del Nord facendo poi una strage) uno dei terroristi - Nur-Pashi Kulayev - fu condannato all’ergastolo. “Meriterebbe la pena di morte – disse allora il giudice Tamerlan Aguzarov – ma viene condannato all’ergastolo dal momento che è in vigore una moratoria”. Detto questo la società russa sa bene che in Cecenia - paese che per il Cremlino è sempre parte integrante della Russia e sottoposto, quindi, alle leggi russe - la pena di morte è praticata senza limiti anche in seguito alla introduzione di corti islamiche che applicano la legge della Sharia.

Ed ecco alla fine degli scontri il risultato del dibattito televisivo. Nella partita tra abolizionisti e mantenitori Dugin batte il suo opponente. E si scopre anche che il conduttore televisivo - che dovrebbe essere imparziale proprio per il ruolo di moderatore - si trova dalla parte di coloro che chiedono la pena di morte. Tutto diventa chiaro.

Con gli abolizionisti che per scongiurare un inutile scontro frontale, hanno cercato altre vie, hanno "lavorato attorno" per limitare il più possibile l'applicazione della pena di morte agendo dall'esterno, pur nel rispetto delle singole autorità statali, attraverso delle efficaci barriere soggettive (sulle persone imputabili), oggettive (sui reati commessi) e procedurali (garanzie sul corretto procedimento e divieto di punizioni crudeli e inusuali). Ma la pena di morte resiste perchè i decision-makers non intervengono sulla vera questione morale e legislativa lasciando che se ne parli solo in campagna elettorale (come avviene in Russia) quando i candidati strumentalizzano il tutto mostrando intransigenza contro il crimine per raccogliere i voti dei più sensibili al tema della sicurezza. E questo è triste per una Russia che vorrebbe invece dimostrare di essere matura. C’è chi la spinge indietro.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy