di Luca Mazzucato

La scena riporta alla memoria quel terribile periodo della Seconda Intifada in cui ogni settimana a Gerusalemme saltavano in aria autobus carichi di gente. Decine di ambulanze fanno la spola tra l'ospedale e la yeshiva Mercaz Harav di Gerusalemme Ovest: un uomo armato di mitragliatrice è riuscito ad entrare nella biblioteca facendo fuoco sulla folla di studenti religiosi, uccidendone nove e ferendone una dozzina, finché uno studente armato ha ingaggiato l'assalitore in una sparatoria, uccidendolo dopo pochi minuti. Si tratta dell'attentato più grave dal 2004, che colpisce la scuola religiosa simbolo del movimento sionista. Ora la strada dei falchi è tutta in discesa: l'unica opzione sul tavolo diventa la rioccupazione di Gaza, dove Hamas e la Jihad si preparano all'arrivo delle truppe israeliane. Segnali di una Terza Intifada alle porte trascinano l'intera regione ancora una volta nel circolo vizioso di attacchi e rappresaglie. La tattica dell'attacco non è la cintura esplosiva, il kamikaze nel centro commerciale, come negli ultimi sporadici casi dal 2005 a oggi. Questa volta, un uomo armato elude la stretta sorveglianza della scuola religiosa e apre il fuoco a sangue freddo su un gruppo di studenti ortodossi, che scappano in tutte le direzioni, lanciandosi dalle finestre della biblioteca. I primi ad accorrere sul posto descrivono la scena come un vero e proprio macello, sangue sulle pareti e sul pavimento, volumi della Bibbia crivellati di proiettili.

La notizia dell'attacco è stata accolta con festeggiamenti e spari in aria a Gaza City, dove questa settimana centocinquanta palestinesi sono rimasti uccisi nell'ultima invasione dell'esercito israeliano. Per le strade di Gerusalemme, subito dopo l'attacco centinaia di ebrei ultra-ortodossi hanno manifestato minacciando vendetta al grido di “morte agli arabi” e manifestazioni analoghe si sono ripetute il giorno dopo ai funerali delle vittime.

Il luogo scelto per l'attentato è il simbolo mondiale del sionismo religioso. La yeshiva ha formato decine di rabbini che ora ricoprono incarichi di primo piano nella Knesset (il Parlamento) e che guidono molte delle altre scuole rabbiniche in Israele e nel mondo. Ma soprattutto, Mercaz Harav è stato il centro che ha dato alla luce il movimento sionista di colonizzazione della West Bank e di Gaza i cui primi insediamenti religiosi furono fondati, subito dopo la Guerra dei Sei Giorni, da un gruppo di studenti della yeshiva. Il movimento sionista religioso è sempre stato in prima fila nella costruzione degli insediamenti illegali nei Territori Occupati, seguendo la dottrina che la West Bank (detta “Giudea e Samaria”) è la terra promessa, donata da Dio al popolo ebraico, che pertanto ha il diritto di colonizzarla.

Pare che l'attentatore penetrato nella scuola sia un palestinese di cittadinanza israeliana, residente a Gerusalemme Est. La rivendicazione è giunta dal Battaglione per la Liberazione della Galilea, una poco nota organizzazione arabo-israeliana, ma non è chiaro chi ne sia il mandante, se organizzazioni palestinesi o persino Hezbollah. L'attentato sicuramente ha richiesto una scrupolosa preparazione, tanto che nemmeno lo Shin Bet ne aveva avuto sentore. Per questo è verosimile che sia stato preparato da cittadini israeliani, che possono muoversi liberamente a Gerusalemme, a differenza dei militanti provenienti dalla West Bank. Questo fatto rappresenterebbe un salto di qualità: la costruzione del muro di separazione illegale, che secondo il governo israeliano serve a fermare i kamikaze, sarebbe vanificata se gruppi armati arabi-israeliani si unissero alla resistenza palestinese, operando direttamente sul suolo israeliano.

Le reazioni all'attentato sono state di condanna unanime, con la sola eccezione di Hamas, che vede nell'attacco la “giusta punizione per l'Olocausto commesso a Gaza dall'IDF contro bambini, donne e uomini.” I parlamentari della destra ultra-ortodossa hanno dichiarato che l'attacco è la diretta conseguenza della politica dissennata del governo Olmert, che “rappresenta un pericolo esistenziale per lo Stato d'Israele: negozia la divisione di Gerusalemme” (la parte Est, occupata nel '67, è stata annessa unilateralmente da Israele) ed “esita nella guerra contro Hamas, creando uno Stato del terrore nel cuore di Israele”.

La giornata di Giovedì è stata molto pesante per Israele: oltre al sanguinoso attentato alla yeshiva, i militanti palestinesi hanno fatto saltare in aria una jeep dell'IDF al confine con la Striscia di Gaza, uccidendo un soldato di origine beduina; diversi razzi sono caduti su Sderot, ferendo quattro persone; un fallito tentativo di rapimento di un colono, da parte del braccio armato di Fatah, ha provocato la morte di un militante e il ferimento di un soldato a Hebron. Questi episodi si uniscono a quelli dei giorni scorsi, in cui giovani palestinesi hanno lanciato pietre e molotov contro l'esercito occupante, che ha risposto sparando e uccidendo alcuni manifestanti.

Insieme alla grossa manifestazione nella città arabo-israeliana di Umm al-Fahm, contro l'occupazione e l'assedio di Gaza, sono questi tutti segnali che vengono letti da vari commentatori come la strada che porta ad una Terza Intifada. Questa volta potrebbe coinvolgere anche gli arabi-israeliani, come durante la Rivolta dell'Ottobre 2000, tanto che il vice-premier israeliano Ramon si dice pronto ad espellere da Israele in West Bank quegli arabi-israeliani che hanno legami con le organizzazioni di resistenza palestinese.


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