di Carlo Benedetti

MOSCA. Il voto per le presidenziali russe è fissato per il 2 marzo. E quel giorno Putin farà finta di andarsene convinto di aver compiuto il miracolo portando la Russia ad una competizione “normale”. Siamo invece di fronte alla più grande falsificazione mediatica di un evento che dovrebbe segnare la svolta nella vita di un paese. Una vera elezione, appunto. Una scelta. Invece: niente di tutto questo. La tradizione monarchica - che il potere sovietico era riuscita in parte a cancellare - torna impetuosamente sulla scena. Perchè Putin un volta ottenuta la poltrona di Presidente (grazie ad uno Eltsin ubriaco anche quanto a potere e ad un Kgb carico di ambizioni e spirito di rivincita nei confronti della vecchia nomenklatura) si preoccupa ora di portare sul trono il suo delfino. E così la tradizione si perpetua. Lo zar insedia al vertice lo zarevic. Tutto questo sotto gli occhi di una popolazione che avendone viste tante, troppe, non ha più forza e coraggio per gridare che lo zar è nudo. E così, nel mezzo di un assordante silenzio che copre i principi della democrazia e della stessa costituzione, il paese arriva alle battute finali di una cosiddetta “campagna elettorale” le cui urne sono state aperte prima di essere chiuse. Putin ha deciso che il presidente futuro sarà Dmitrij Anatalojevic Medvedev (1965), un dottore in giurisprudenza che si è fatto le ossa a San Pietroburgo (collaborando, ovviamente, con Putin) e lavorando per varie società (“Ilim Pulp” e “Bratskij Lpk”) per poi passare all’amministrazione comunale della città della Neva e, quindi, arrivare al vertice del colosso finanziario “Gasprom”. Carriera fulminea e di tutto rispetto anche per il fatto di essersi svolta sotto il mantello di Putin.

Ora, come si dice, si è al giro di boa. Si scoprono le liste e si trovano in lizza, con Medvedev, altri quattro personaggi. C’è Kasjanov, ex primo ministro, che viene però eliminato ai blocchi di partenza perché colpevole di aver fatto imbrogli nella raccolta delle firme. Restano gli altri tre candidati. Ghennadi Andreevic Zjuganov (1944), il comunista che non molla e dichiara lotta alle oligarchie che abitano al Cremlino o che hanno come punto di riferimento il potere attuale; Vladimir Volfovic Girinovski un cosiddetto liberale che negli anni passati è stato utilizzato dal potere come “opposizione di sua Maestà”; Andrej Vladimirovic Bogdanov (nato nel 1970), una oscura marionetta arrivata all’ultimo momento e priva di ogni storia e tradizione culturale e politica.

Quattro uomini, quindi, sulla scena. Ma a contarli bene sono solo tre, Perchè l’uomo del Cremlino - Medvedev unto dal Signore - rifiuta di mostrarsi insieme agli altri. Non accetta dibattiti, polemiche, scontri. Gli altri vanno in tv come si va in tournee con tutto il teatro. Ma lui no, si astiene. Detesta il faccia-a-faccia perchè ha già vinto.

PROFESSIONE PROMOSSO. Protetto e sponsorizzato da Putin e dalle strutture del Cremlino Medvedev (pur se chiamato a controllare gli alti poteri forti che lui stesso ha esaltato, i servizi segreti, i militari e i nuovi oligarchi che grondano petrodollari) non prende parte alla campagna elettorale. Mantiene un distacco che però indigna la società che vede in questo suo atteggiamento una arroganza che nella vita russa non si era mai rivelata. Eppure il tam-tam del potere vince su tutto. Si dice già che il risultato che otterrà alle urne sarà quello di un 74 per cento. E per far sì che il dato non venga smentito (sarebbe sbagliato, infatti, pensare che i numeri riflettono la situazione reale del paese) cominciano le grandi manovre. Dal Cremlino parte l’ordine che tutte le navi della marina militare (sommergibili atomici compresi) prendano subito il largo per lunghe missioni e che, di conseguenza, i militari dovranno prima votare nei seggi istituiti nelle basi. E qui non serviranno controlli, non ci saranno osservatori. Stesso sistema per le guarnigioni dell’esercito sia nel territorio russo che nelle zone oltreconfine.

Il 74 per cento, quindi, visto come obiettivo da raggiungere a tutti i costi. E la tv di stato - per sotenere la democraticità della consultazione - mostra gli elicotteri della commissione elettorale centrale che vanno già alla ricerca dei cacciatori che vivono nella tundra, nelle foreste del nord, nelle lande ghiacciate della Jakuzia. Gli apparecchi scendono; la commissione elettorale porta l’urna direttamente nella capanna, l’elettore vota. E si riparte. Medvedev è così promosso a pieni voti. Ovunque. Ma la tv di stato non potendo riprenderlo nei dibattiti pubblici (che rifiuta come un ragazzino capriccioso e viziato) lo mostra quando è impegnato nelle attività pubbliche. Eccolo che ogni giorno inaugura qualcosa, visita scuole ed istituti... Va dagli sportivi della Tataria e si presenta in jeans correndo verso il palco. Poi arriva in una serra e si fa riprendere mentre coglie un cetriolo e se lo mangia, intero. Il resto della sua propaganda lo affida ad Internet: www.medvedev2008.ru. E per smentire quanti sostengono che avrebbe orgini ebraiche fa sapere, direttamente dal Primate di San Pietroburgo, di essere ortodosso praticante. Intanto il giornale dello zoccolo duro del nazionalismo russo - “Zaftra” - lo attacca con violenza scrivendo che “Gli organi vitali gli sono stati donati da un vivo, Putin”.

L’UOMO DELL’ALTERNATIVA. Accreditato al 12,8 per cento il candidato comunista Ziuganov aggiusta il tiro mentre la campagna elettorale volge al termine. Mostra sempre il volto di una opposizione che non accetta compromessi, ma nello stesso tempo strizza l’occhio ai nemici di un tempo, i nazionalisti di Girinovski. Cerca di contenere gli estremisti del suo partito e di dimostrare che non si può vivere sul ricordo e sulla forza del vecchio Pcus, il partito comunista dei tempi sovietici. Per questi motivi coglie al volo l’occasione della mancanza diretta dell’avversario numero uno - il Medvedev-Putin - per presentarsi come la vera e reale alternativa al partito del Cremlino. E questo vuol dire: lotta agli oligarchi, difesa del paese dagli attacchi americani, gestione razionale delle risorse energetiche, sostegno ai pensionati e a quanti vivono sulla soglia della povertà grazie al capitalismo selvaggio. Ziuganov disegna infine una Russia forte, autorevole, orgogliosa della sua storia.

IL CANDIDATO CHE SOGNA L’URSS. Il passato di Girinovskij è denso di storie poco chiare e di aneddoti particolari. Ora questo leader nazionalista, grida dalla tv: “Sono orgoglioso di essere nato nell’Unione Sovietica. Di far parte di una comunità che ha dato al paese Lenin, Stalin, Breznev... Non rinnego niente e annuncio che il 2 marzo, quando vincerò queste presidenziali, darò il via ad un programma teso a ripulire il Paese. E questo vorrà dire che a partire dal 3 marzo chiuderò le frontiere per impedire l’arrivo di stranieri indesiderati, porterò in galera tutti coloro che rubano le proprietà statali, allontanerò sempre più gli americani dal nostro paese...”. Non resta, quindi, che attendere i risultati, ma i bene informati lo danno solo all’11,5 per cento. Ora comunque si ricorda che quando in passato criticò gli oligarchi ebrei accusandoli di aver depredato il popolo russo, qualcuno gli fece notare che le sue origini erano ebraiche, ma lui ripetutamente negò. E solo quando gli portarono le prove si arrese: andò in Israele e si fece riprendere commosso sulla tomba di suo padre.

MASSONE E FILOAMERICANO. Nell’arena politica e mediatica di queste presidenziali è arrivato un certo Bogdanov, play boy della politica. Origini e tradizioni ebraiche, si presenta come rappresentante della classe media. Ma in una “tribuna elettorale” delle settimane scorse viene smascherato grazie ad un pesante attacco sfrerratogli in diretta da Girinovskij: “Sei un massone nemico della Russia, sei uno che prende ordini dagli Usa, sei per il Kosovo albanese...”. Bogdanov incassa. E subito si torna a parlare del suo legame con gli ambienti più reazionari della massoneria russa e internazionale e a rileggere la sua biografia. Ha alle spalle una rapida carriera politica nel “Partito democratico” e nella Confindustria russa. Ma la sua caratteristica consiste nell’essere divenuto il numero 1 di una massoneria russa che (collegata al Rotary e al Lyons) si sta estendendo a macchia d’olio in tutte le strutture vitali della società. Ed è appunto sulla rete clandestina di queste organizzazioni che conta. Ma secondo le previsioni più rosee dovrebbe fermarsi allo 0,9 per cento.

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