di Carlo Benedetti


MOSCA. Prima il totovoto tra i serbi Tadic e Nikolic ed ora questo sulle presidenziali d’oltreoceano. Russi divisi tra la signora Clinton e l’avvocato Barack Obama. Si parla delle posizioni raggiunte in New Hampshire e nel Wyoming, a Denver nel Colorado, a Minneapolis nel Minnesota. Ci si riferisce al Nobel Al Gore, al reverendo Sharpton, a George Pataki, a Mike Bloomberg... E tutto come se a votare si dovesse andare da Kaliningrad alla Ciukotka, da Mosca a Vladivostock. Si sa che non è così perchè le elezioni sono tutte americane e che quelle della Russia portano altri nomi. Solo quattro per la verità: il vincitore designato Medvedev (42 anni), il comunista Zjuganov (63 anni) in seconda posizione e i terzi - a pari merito - il populista Girinosvskij (61 anni) e il servitore del Cremlino Bogdanov (38 anni). Ma il rumore elettorale per le presidenziali locali - fissate per il 2 marzo - è solo concentrato nei media. A livello popolare non c’è alcun dibattito, non c’è tensione politica, non si nota nessun salto nel futuro. Domina quella cappa di piombo che era tipica degli anni sovietici. Con le elezioni come cerimonia. Un rito da compiere per mandare al Soviet Supremo personaggi che avevano già in tasca la dote del 90% ed oltre di voti. Quindi nessuna scelta, ma solo una investitura. Tanto che nei seggi elettorali si andava solo perchè in vendita c’erano scatole di caviale e cioccolatini di tutto rispetto. Prodotti, ovviamente, introvabili nei normali negozi. La Russia dell’era di Putin va quindi al voto sapendo già il risultato. Ma nonostante tutto la “campagna” elettorale - segnata da parole che macinano l’ovvio - offre anche alcuni momenti di gossip che, bene o male, contribuiscono ad allontanare la noia. E qui il gioco più di moda si riferisce alla nomenklatura in lizza per il Cremlino. Si scoprono conti e bilanci familiari, cordate e tangenti. C’è una curiosità morbosa per vedere non cosa hanno in testa i candidati, ma cosa hanno in tasca.

Ed ecco alcuni fatti. Di Medvedev la stampa di Mosca - superando il clima di censura - scrive che insieme alla moglie (Svetlana) nell’arco dal 2003 al 2006 ha raggiunto i 200mila euro, ma in banca i due hanno ben otto conti per altri migliaia di euro. Posseggono un appartamento di 370 metri quadrati ed un automobile. Ma è chiaro che non si fa alcun riferimento allo status e ai privilegi di Medvedev nella nomenklatura del Cremlino. Girinovskij e moglie raggiungono altre centinaia di migliaia di euro con cinque conti in banca. Hanno poi 9 appartamenti a Mosca per un totale di 2350 metri quadrati. Più contenuti gli altri: Bogdanov e moglie hanno due appartamenti a Mosca per un totale di 210 metri quadrati. Ed hanno tre automobili. Infine il comunista Ziuganov che vive in un appartamento di 167 metri quadrati e non possiede l’automobile.

IL CAROSELLO TV DI MEDVEDEV. Il giovane candidato non si accontenta della sponsorizzazione che viene da Putin. Sa di avere la vittoria in tasca e si muove come un capo assoluto. Approfitta della sua alta posizione per occupare tutti gli spazi possibili nei cinque canali televisivi nazionali. Batte ogni record con una presenza continua che copre l’88 per cento dei telegiornali. Viaggia da un capo all’altro del paese. Taglia nastri di varie cerimonie. Inaugura e pone prime pietre. E dalla lontana Siberia manda a dire: "Quello che conta ora è che uno sviluppo stabile sia garantito per il futuro". Si propone così in un ruolo non moralistico, ma profetico.

ZIUGANOV TERMINATOR. In tv arrivano alcuni spot autogestiti. Quello di Ziuganov preferisce il grigio ferro ai colori sgargianti. Il personaggio - riprso dal basso per evidenziarne l’imponenza - cammina a passi lenti in un lungo corridoio. Annuncia un futuro di giustizia e poi si dissolve quando si apre una porta dalla quale irrompe una forte e accecante luce. La mole di Ziuganov e la sua voce metallica lo rendono simile ad un Terminator alla Schwarzenegger.

L’ASILO POLITICO DEGLI USA. Piomba sulla campagna elettorale russa la notizia che l’avvocato Boris Kuznetsov, noto per essere il difensore della famiglia di Anna Politkovskaja - la giornalista uccisa a Mosca nel 2006 - ha chiesto asilo politico agli Usa. Kuznetsov, che ha seguito anche casi come quello del sottomarino nucleare Kursk affondato nel 2000 con 180 marinai a bordo, ha detto di aver paura di restare in Russia perché si sente perseguitato per la sua attività professionale. E, questa, non è una bella notizia per il clima elettorale...

GLI OSSERVATORI SOSPETTI. Alle presidenziali si dovrebbero presentare gli osservatori dell’Osce, quelli dell’Odihir, l’Ufficio per gli istituti democratici e i diritti umani. Ma la situazione non è chiara. I russi non hanno ancora dato il via ufficiale ai controlli. E così risulta che il ministero degli Esteri della Russia ha chiesto di togliere dal gruppo di osservatori alcune persone «sospettate» di simpatie per le «rivoluzioni arancioni» in Ucraina e Georgia. Viene indicato, fra gli altri il nome dell’americana Beata Rozumilovich.

KASJANOV NON MOLLA. Si sentiva già in corsa per la presidenza, ma lo hanno “stoppato” per una serie di infrazioni nella raccolta delle firme per essere in lista. Ora dice che non mollerà e farà sentire ancora la sua voce. Non certo nei anali radiotelevisivi occupati tutti dal duo Putin-Medvedev...

I BOY-SCOUT DEL CREMLINO. Putin, nei mesi scorsi, ha lanciato l’organizzazione giovanile “Nashi”, i nostri. Una sorta di pionieri del Cremlino sulla falariga di quelli che un tempo operavano nell’Urss. Campeggi e gite. Ora parte un’altra organizzazione. Si chiama “Rosto”, ed è una associazione tecnico-sportiva della Difesa con base a Mosca, che dichiara di avere almeno 50mila membri. Nulla di nuovo: è la discendente di “Osoaviakhima”, fondata nel 1918 per l’educazione bellico-patriottica dei cittadini, oggi in via di modernizzazione. “Rosto”, ovviamente, sostiene Putin e il suo Medvedev. E lo slogan dell’associazione è questo: “Dai il tuo voto al futuro della nostra Patria – la grande Russia!”. Nei volantini diffusi dai giovani pionieri è scritto: “Una generazione forte non può fondarsi solo su amministratori, businessman e manager. Servono anche specialisti militari. Come Aleksander Nevski e gli eroi di Stalingrado. Arruolati! puoi diventare uno di loro!”.

PUTIN IN CELLULOIDE. Si scrive Aleksander ma si legge Vladimir. Si scrive Tatiana, ma si legge Ludmila. E mai come questa volta la famosa didascalia che apre le love story hollywoodiane è palesemente ingiusta. Fatti e notizie non sono casuali. E così questo film che esce a Mosca con il titolo di “Putin in love” con la regia Oleg Fomin (prodotto da Anatolij Voropayev che è stato a lungo vice governatore delle regioni di Tula e poi di Stavropol) è la story del presidente, del suo amore, della sua vita. Ma non è una spy story. Annuncia, forse, una progressiva pietrificazione della società o è solo la risposta russa all’amore tra Nicolas Sarkozy e Carla Bruni.

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