di Rosa Ana De Santis

Non ci andasse di mezzo la vita di esseri umani, si potrebbe ricondurre la vicenda delle attese e mai avvenute liberazioni dei tre ostaggi in mano alle Farc colombiane, come un capitolo scritto male della narrativa latinoamericana di seconda scelta. I protagonisti della novela a basso gradimento ed alto costo sono fondamentalmente due: il presidente colombiano Alvaro Uribe e il Comandante delle Farc Manuel Marulanda, detto “Tirofijo”. Attore suo malgrado non protagonista il Presidente venezuelano Hugo Chavez, rimasto impigliato nella partita a scacchi truccata tra i due protagonisti. Chavez si era reso disponibile ad una mediazione personale, nel quadro di una trattativa che portasse alla liberazione di Ingrid Betancourt. Uribe, dapprima accetta a denti stretti la mediazione; poi, con grande soddisfazione, sceglie di farla naufragare in mondovisione. Con le Farc non tratta e non permette a nessuno di trattare, soprattutto se c’è il rischio che la trattativa vada a buon fine. Perché gli ostaggi da vivi diventano una clava sulla testa del governo, da morti invece, sulla testa delle Farc. Chavez prova allora ad aggirare i divieti di Uribe, il ventriloquo della Casa Bianca. Propone alle Farc di rilasciare comunque degli ostaggi per dimostrare al mondo intero che una trattativa può essere il segno che di politica, e non di narcoguerra, si tratta. Alle Farc pare vada bene. In fondo, oltre l’aspetto più politico, dimostrare che gli ostaggi sono tali anche perché il governo non tratta, è comunque un buon colpo per la guerriglia e pessimo per il governo. In fondo, se la trattativa va in porto, il riconoscimento politico dell’interlocutore-sequestratore diviene oggettivo. Un riconoscimento politico che oggi può salvare qualche vita, domani magari permettere l’inizio di un credibile avvio di soluzione politica ad una guerra che non trova vittorie, affollata com’è di sangue e di sconfitte.

Ma qualcosa non va come dovrebbe andare. Le Farc annunciano la liberazione di Emmanuel, che però si scopre essere già a Bogotà da circa due anni. Il piccolo é figlio di un guerrigliero e della collaboratrice della betancourt, anch'ella ostaggio delle Farc. Sarebbe bello plaudire alla volontà dimostrata di togliere un bambino dalle montagne dove infuria la guerra, ma è decisamente meno bello raccontare di voler liberare chi è già libero. Comunque, a Bogotà o sulle montagne (per fortuna a Bogotà e al sicuro) Emmanuel é destinato ad essere consegnato al presidente Chavez. Uribe, invece, fa arrestare le persone che si occupano del bambino e i messaggeri umanitari e, come fosse il coniglio da un cilindro, tira fuori il bambino e lo presenta in pubblico, sputtanando non poco la credibilità dei guerriglieri. Che si erano detti – in un comunicato – pronti a consegnare gli ostaggi, bambino in primis, che diveniva però impossibile causa un enorme dispositivo delle forze armate di Bogotà nella zona nella quale sarebbe dovuto avvenire il rilascio. Chiaro che – dicono le Farc – agire circondati dalla soldataglia genocida di Uribe mette a rischio sia gli ostaggi che i guerriglieri incaricati di realizzare l’operazione. Che quindi nemmeno inizia. Strano, però, che un esercito guerrigliero convinto di vincere una guerra contro un esercito bene armato, non riesca a trovare un modo per far passare tre persone dalla frontiera colombiano-venezuelana. Un gioco abbastanza facile per chi in organizzazione supera i ragazzi della via Paal. Ma tant’é.

In mezzo a questo osceno filmetto amatoriale, Chavez non può che rientrare a Caracas, facendo la figura di chi voleva liberare ed è rimasto prigioniero. La soddisfazione di Uribe è comprensibilmente grande, avendo assestato tre colpi con un solo tiro: ridicolizzato Chavez, infangato le Farc, rinsaldato la sua linea politica di rifiuto della trattativa. Manca solo che dica a Chavez che lui lo aveva avvertito della scarsa credibilità delle Farc. Il Presidente venezuelano, rimasto vittima della sua generosità e della scarsa credibilità di Marulanda, deve ora recuperare il terreno perduto in termini di credibilità personale e politica in tutta l’America latina.

Clara Rojas e Consuelo de Gonzales, le due sequestrate che con Emmanuel dovevano comporre il trio dei liberandi, saranno prima o poi consegnate dalle Farc a Chavez. Ma certo é che i guerriglieri hanno dato una prova d'imperizia che lascia allibiti, cadendo mani e piedi nella trappola del governo paramilitare. Un errore al quale dovranno porre rimedio immediato. Altrimenti, quanto successo rischia di generare molto di più e molto di peggio che la mancata liberazione di tre vittime innocenti. Vittime, prima che della guerriglia da un lato e del narcogoverno di Uribe dall'altro, di una partita combattuta tra due squadre che, nel perdurare all’infinito della loro ostilità, sembrano avere l’unico scopo della loro esistenza.

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