di Carlo Benedetti

Studi di diritto, corsi di teoria dello Stato, convivenza e sopravvivenza dei gruppi sociali, ordine e pace sociale, filosofia politica e giuridica, Stato moderno e spirito della società da Hobbes passando per Locke, Rosseau, Kant, Hegel, Marx, Weber e poi Kelsen… Sono, questi, in rapida sintesi, i corsi che dal 1987 al 1990 Dmitrij Anatol'evic Medvedev frequenta nell'imponente sede dell'Università leningradese intitolata a "Zdanov". Ed è in questo tempio del diritto - allora "sovietico" - che si laurea in "Diritto privato". In quel tempo aveva 25 anni. Ed ora - a 42 anni - è il favorito per il seggio presidenziale della Russia che Putin gli ha già approntato. Naturale, quindi, che sulla sua figura e sulla sua carriera comincino a circolare sempre più notizie, dettagli, analisi e comparazioni. Una cosa, intanto, è certa ed è che questo Medvedev (in russo il suo cognome vuol dire "Orso" pur se la definizione attuale è di "Delfino") non è un personaggio della Russia sovietica. Proviene da quella esperienza solo per un fatto anagrafico. Non ha alle spalle una carriera segnata dall'ideologia del Potere dei Soviet. Per lui l'Urss è solo un ricordo della giovinezza. Perché tutte le sue vicende legate all'attività lavorativa e all'impegno in enti e amministrazioni hanno seguito strade diverse da quelle che erano tipiche della vecchia società. Medvedev passa così dalle aule della "Zdanov" all'impegno in un settore completamente diverso da quello progettato nei corsi universitari. Perché si ritrova nell' "Agenzia Municipale Sovietica per il petrolio" di Leningrado. E' il 1990. Segue la distruzione dell'Urss e Medvedev, tra il 1991 e il 1999 è docente nell’Università in cui si è laureato e nello stesso tempo è inserito fra gli esperti del Comitato per le relazioni esterne dell’ufficio del sindaco di San Pietroburgo. E cioè un comitato presieduto da Putin che ha lasciato il servizio attivo nel Kgb passando dalla Germania alla natale Leningrado, ora tornata a chiamarsi San Pietroburgo. C'è, intanto, una parentesi a metà strada tra il diritto e il commercio. Medvedev diviene responsabile dell’ufficio legale della "Ilim Pulp", una compagnia industriale che utilizza nella sua attività molti “nuovi russi”. Nel 1998 è poi inserito nel Consiglio di amministrazione della cartiera "Bratskiij LPK". Il grande salto nel mondo degli affari è compiuto.

Lascia alle spalle i testi di Weber e Kelsen e poi, nel novembre del 1999 diventa uno dei tanti amministratori di San Pietroburgo portati ai vertici dello Stato da Vladimir Putin. E a dicembre diventa capo delegato dello staff presidenziale. Da quel momento è uno dei politici più vicini a Putin e si mette ancor più in vista durante le elezioni del 2000, quando dirige il quartier generale della campagna elettorale. Ora è un vero uomo del vertice ed entra a pieno titolo nella nomenklatura degli oligarchi del Cremlino. Dal 2000 è presidente del Gazprom. E nel 2005 Putin lo nomina Primo ministro, presidente del Consiglio per lo sviluppo dei progetti prioritari nazionali. Considerato un moderato liberale e pragmatico, abile amministratore e fedele esecutore degli ordini che arrivano dall'alto. Sin qui le note ufficiali.

Ma chi è in realtà questo "Orso-Delfino"? Ora tutti cercano di inserirsi sulla sua scia. E in coda arrivano anche gli stranieri. A mettersi in sala d'attesa c'è Paolo Scaroni, numero uno dell'Eni, il quale saluta la candidatura di Medvedev definendola "Una buona notizia". E subito aggiunge: "E’ una persona molto capace, moderna e giovane". Resta da vedere ora quale sarà la filosofia politico-economica dell'uomo chiamato a dirigere la Russia futura. Un Paese che ha già dimenticato la "battuta" di un tempo e cioè che: "Il socialismo è la via più lunga dal capitalismo al capitalismo". La filosofia direzionale di Medvedev nasce, appunto, in questo contesto. Trasforma la "battuta" in una disciplina relativa al superamento della fase di transizione. Lascia in archivio il passaggio dalla dittatura del proletariato alla democrazia di stampo gorbacioviano per giungere sempre più al trionfo dell'economia di mercato e allo stato di diritto con una certa accentuazione di un insieme di regole miranti a limitare il potere.

Scegliamo, quindi, una serie di giudizi ed anticipazioni che si raccolgono a Mosca negli ambienti della politologia più attenta alle attuali modificazioni politico-istituzionali che scaturiscono dal pensatoio del Cremlino. Si dice che Medvedev, già da tempo, stia costruendo un "suo" processo di rinnovamento. In pratica avrebbe allo studio una nuova strategia economica per l'accelerazione dello sviluppo socio-economico, con una svolta verso l'ulteriore sfruttamento delle conquiste della rivoluzione tecnico-scientifica. Ed è questo processo innovativo che intenderebbe mettere in atto e che, comunque, è già parte integrante di una trasformazione qualitativa della società. Tra l'altro in uno dei suoi recenti discorsi, questo presidente in pectore ha ricordato che si sta vivendo "un affascinante periodo di grandi trasformazioni a livello mondiale" e che, di conseguenza, la Russia dovrà accelerare le sue attività. E il nuovo processo - ha ribadito - dovrà portare a una ristrutturazione radicale.

Spira, quindi, il vento di ulteriori cambiamenti economici con i giovani collaboratori del futuro presidente i quali fanno notare che si è solo all'inizio della strada prescelta. Che sarà quella dell'accelerazione dello sviluppo socio economico. Affermazioni queste che fanno però ricordare a molti le prime uscite di Gorbaciov il quale poneva a fondamento della perestrojka la fase di “accelerazione”… E si sa come è andata a finire. Nei piani di Medvedev, comunque, ci dovrebbe essere la rottura di molte teorie reazionario-liberali. Oramai - si dice a Mosca - lo stato si è nuovamente inserito nell'economia per organizzare lo sviluppo del territorio, ivi compresa la parte asiatica della Federazione. I redditi che provengono dall'esportazione degli idrocarburi dovrebbero sempre più essere iniettati nell'economia interna per lottare contro quella povertà che è sotto gli occhi di tutti.

Ci sono però degli ostacoli molto seri. C'è il montare dello sciovinismo all'interno e c'è l'avventurismo militare statunitense all'esterno. E in questo contesto c'è chi nota che la Russia dovrebbe rompere con l’ultra-liberismo. Rottura significa che le grandi tendenze, le tendenze determinanti, devono essere sostituite da contro-tendenze. Non è assolutamente obbligatorio che acquistino immediatamente il loro profilo integrale, ancora meno che raggiungano il punto culminante della loro evoluzione. Se si parte da questa visione l'anno 2008 dovrebbe testimoniare la rottura di una serie di stereotipi imposti alla società russa dall'inizio degli anni ‘90. E' chiaro, comunque, che Medvedev cercherà sempre più di fare del "suo" Gasprom uno strumento di potere economico e politico. E comunque sia è obbligato a tener conto del fatto (ne ha parlato nel corso di visite ad aziende di ogni parte del Paese) che col “crollo” dell'Unione Sovietica è esplosa una disuguaglianza sociale ed economica che ha segnato, in particolare, la tragedia dei “nuovi poveri”. Oltre a questo c’è la nascita (attraverso privatizzazioni condotte senza regole da un ceto dirigente del tutto impreparato) di coloro che sono stati chiamati i “nuovi russi”. Ed è avvenuto in questo contesto di grossi ed epocali cambiamenti - segnati anche da visioni "ideologiche" - che si è arrivati sempre più a parlare della Russia come di un paese ridotto a terra di conquista di gruppi clientelari e associazioni mafiose. Notevole, in tale contesto, il ruolo giocato dalla vecchia nomenklatura.

In pratica una "nuova classe" che, nel pieno del processo di disgregazione del Paese si è trovata a coesistere con le spinte nazionali (spesso antirusse e sicuramente anti-potere). E così il Paese, navigando anche alla cieca e tanto più sconvolto da una crisi di immani proporzioni è arrivato (soprattutto con Eltsin e poi ora con Putin) alla sua scelta strategica basata sul capitalismo di stampo occidentale. Ma di conseguenza, Medvedev - andando a prendere il posto di Putin - si troverà a gestire quella oscillazione che caratterizza il problema dell’identità della Russia. Un paese indeciso fra la vocazione imperiale-autoritaria e la spinta verso la costruzione di uno stato democratico. Tra un orizzonte europeo e quello asiatico. E di lui si dice anche che non è collocabile tra i falchi dell'amministrazione. Probabilmente potrebbe essere destinato ad inviare un segnale distensivo e di pacificazione con l'Occidente aprendo un nuovo ventaglio di problemi, tutti di stampo positivo. Come dire che da orso - che per natura è animale difficile e da non disturbare - Medvedev si dovrebbe sempre più caratterizzare come vero delfino interpretando l’idea comune di socievolezza e di distensione.

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