di Fabio Bartolini

Alla presenza dei ministri delle nazioni produttrici di petrolio, si é tenuto a Riad il vertice dell’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries). Al terzo vertice dell'Opec, dopo quello di Algeri del 1975 e di Caracas del 2000, hanno partecipato anche i due nuovi stati membri, Angola e Ecuador, oltre ad Algeria, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar e Venezuela. L’incontro preliminare, in vista della conferenza prevista per il 5 dicembre nella località Abu Dhabi, ha visto la decisione unanime dei ministri del petrolio di non prendere decisioni riguardo l’aumento della produzione, aumento richiesto dai paesi importatori per porre un freno al rialzo del prezzo del greggio. Samuel Bodman, segretario dell’energia americano, ha fatto sapere di aver espressamente richiesto ai paesi del cartello un aumento delle quote produttive. L’Opec, tramite il ministro dell’energia algerino, Chakib Khelil, ha però risposto di non avere necessità di aumentare la produzione, giacché la domanda di greggio sta diminuendo sia in Cina che negli Stati Uniti, mentre c’é abbondanza di forniture dai paesi produttori. Al centro dei due giorni di colloqui saranno invece analizzate le possibilità di sviluppo a lungo termine del mercato del petrolio, l’impatto dei carburanti fossili sui cambiamenti climatici e la debolezza del dollaro sui mercati che rischia di condizionare il prezzo del greggio. Lo sviluppo a lungo termine della risorsa petrolifera richiede l’espansione dei due giganti asiatici, Cina e India, a cui i paesi produttori guardano con speranza. La loro crescita rapida nei mercati internazionali porterebbe ad un sicuro aumento della richiesta del petrolio di cui le due nazioni hanno sempre maggior bisogno per sviluppare le proprie economie e renderle competitive a livello mondiale. L’aumento della domanda sarebbe molto forte, creando le condizioni per un aumento degli introiti a beneficio dei paesi produttori. L’impatto ambientale di un maggior consumo di petrolio preoccupa i paesi del cartello che fanno sapere che sono al vaglio delle proposte, come lo stoccaggio del carbone, che ridurrebbero i rischi ambientali causati dai carburanti fossili. Altra preoccupazione per l’Opec e la debolezza del dollaro sui mercati internazionali.

Qatar, Iran e Venezuela hanno espresso preoccupazione per il ribasso della moneta verde; l’erosione del potere di acquisto legato al dollaro potrebbe portare ad un rialzo dei prezzi, fino a sfiorare quota 100 dollari al barile, ben 5 dollari in più rispetto alla situazione odierna. Cauta invece l’Arabia Saudita che, tramite il suo ministro degli esteri, Saud al-Faisal, ha fatto sapere di non appoggiare la proposta di inserire nel documento finale che sarà sottoposto all’approvazione di tutti i delegati, riferimenti alla debolezza del dollaro, anche per non creare ulteriore instabilità alla moneta americana nei mercati. L’orientamento degli stati produttori di petrolio é quello di ridurre l’esposizione in dollari delle proprie banche centrali per far fronte al deprezzamento della divisa statunitense che colpisce in maggior parte i paesi produttori, come affermato dal premier iraniano Mahmoud Ahmadinejad poco prima della partenza per raggiungere il summit.

Timori confermati da Roma, dove l’Aie (l’agenzia internazionale dell’energia) ritiene che nei prossimi anni il prezzo del petrolio potrebbe subire un ribasso, grazie all’allentamento delle tensioni che hanno sostenuto i rialzi degli ultimi tempi. Si tratterà di un calo temporaneo a cui farà seguito un rialzo dovuto dall’enorme richiesta di greggio da parte dei paesi industrialmente sviluppati che, nonostante i numerosi investimenti nel campo delle energie rinnovabili, non riusciranno a coprire l’intero fabbisogno energetico senza aumentare le quote di importazioni del petrolio. L’aumento delle importazioni creerà una maggiore dipendenza dei paesi industrializzati dal Medio Oriente, che condizionerà i mercati e potrebbe portare ad un’incertezza internazionale che condizionerebbe gli scenari futuri, se l’Opec e i paesi produttori non presenteranno delle strategie forti e univoche per l’aumento della produzione e lo sviluppo tecnologico dei giacimenti produttivi, in modo da creare stabilità sul mercato e fare svanire le incertezze di questo periodo.

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