di Laura Bruzzaniti

Fujimori è innocente, dice il magistrato cileno Orlando Àlvarez nella sua decisione sull’estradizione dell’ex dittatore peruviano. Secondo Àlvarez non esistono prove concrete che dimostrino la responsabilità di Fujimori nei casi di crimini contro l’umanità e negli episodi di corruzione di cui è accusato. El Chino (il Cinese), questo il soprannome dell’ex dittatore, non ne sapeva niente dei civili innocenti uccisi a Barrios Altos e degli studenti dell’università La Cantuta sequestrati e poi uccisi. Il gruppo paramilitare denominato “Gruppo Colina”, esecutore materiale dei massacri, agiva di sua iniziativa e senza informare l’allora Presidente. A confermare l’estraneità ai fatti di Fujimori sarebbero, secondo Àlvarez, anche le numerose dichiarazioni in questo senso di ufficiali e sotto ufficiali dell’esercito peruviano. Il giudice respinge quindi la richiesta di estradizione presentata dal Perù: Fujimori può restare a Santiago con la figlia, dove si trova dal novembre 2005, quando arrivò in Cile dal Giappone. Il Perù ha presentato ricorso contro la decisione e toccherà ora ai cinque giudici della Seconda sezione della Corte Suprema del Cile prendere la decisione definitiva sull’estradizione, prevista per settembre. Dure le critiche alla decisione del giudice Àlvarez da parte delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Per la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), raggruppamento di centocinquanta organizzazioni per la tutela dei diritti umani in diversi Paesi, la decisione è “ un grave errore”. Fujimori era a capo delle forze armate, responsabili di massacri ai danni di civili innocenti ed è assurdo dire che non fosse responsabile. Le prove sono interpretate in modo sbagliato, le responsabilità ignorate.

Invece di limitarsi a verificare che esistano indizi sufficienti per giustificare l’estradizione, il giudice cileno emette una vera e propria sentenza. Per Human Rights Watch la decisione di Àlvarez è “profondamente sbagliata” e “priva di senso”, anche perché non tiene in nessun conto il precedente rapporto del giudice Mónica Maldonado, che sosteneva che le prove contro Fujimori erano consistenti e che il Cile aveva l’obbligo di concedere l’estradizione dell’ex dittatore. Non solo. Alvarez sembra anche ignorare la decisione della Corte Interamericana peri Diritti Umani che si era espressa sul caso "La Cantuta", sottolineando “l’obbligo di cooperare perché Fujimori sia giudicato e castigato per i gravi crimini legati a questo caso evitando così che i fatti restino impuniti”.

Altra critica autorevole arriva da Juan Guzman, il giudice del processo ad Augusto Pinochet. “Gli argomenti di Alvarez sono poveri deboli e contraddittori - ha dichiarato Guzman alla stampa cilena - Ci sono errori di fatto e di diritto nella decisione. La decisione è il risultato di pressioni politiche, provenienti da ambienti interni al Cile e dal Giappone”.

Il Partito Socialista cileno (PS) ha presentato in questi giorni una richiesta alla Corte Suprema dove si chiede che venga concessa l’estradizione di Fujimori per i gravi crimini di cui è accusato nel suo Paese. I socialisti ricordano l’obbligo dello stato dal punto di vista internazionale di punire le violazioni dei diritti umani e i crimini contro l’umanità.

Intanto a Lima le associazioni di familiari delle vittime della repressione ed alcune organizzazioni non governative hanno manifestato davanti all’ambasciata cilena con cartelli con le scritte “Cile, restituisci il dittatore” e le immagini di Pinochet e Fujimori. Nella lettera consegnata alle autorità dell’ambasciata e indirizzata alla Presidente, Michelle Bachelet, i manifestanti chiedono giustizia e verità per le gravi accuse di violazione dei diritti umani.

E Fujimori? Proprio il giorno dopo la decisione di Alvarez, Fujimori lancia la sua campagna elettorale per il Senato Giapponese (la Camera dei consiglieri), con il Nuovo partito del Popolo (Kokumin Shinto). Nella sua presentazione, in un video diffuso su un megaschermo a Tokio, si definisce “l’ultimo samurai ”, e si dice pronto a dare la vita per il Giappone, la terra dei suoi genitori. Sul video scorrono immagini di dieci anni fa, della liberazione degli ostaggi trattenuti nell’ambasciata giapponese a Lima da membri del MRTA, massacrati in funzione elettorale. L’elezione al Senato giapponese garantirebbe al Chino l’immunità nel caso la Corte suprema del Cile decidesse per la sua estradizione, ribaltando la decisione di Àlvarez.



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