di Bianca Cerri

Il calcolo è presto fatto: Live Earth, il bio-megaconcerto globale voluto da Al Gore per salvare il pianeta dai gas serra, è stato seguito da due miliardi tondi tondi di persone. Un evento di grande magnitudine dunque ma, come tutti i fatti della vita, problematico. Per prima cosa non tutto si è svolto in modo ambientalmente corretto e questo è un peccato, visto che gli organizzatori si erano prefissi di motivare le folle sul tema della lotta al riscaldamento globale. In secondo luogo, non è facile liberarsi dal dubbio che la cosa sia servita soprattutto per riportare alla ribalta Al Gore, garantendogli la maggior visibilità possibile in vista di una candidatura in extremis alla presidenza degli Stati Uniti. Che il riscaldamento serra abbia creato una serie di guai irreparabili al pianeta è fuor di dubbio, altrimenti i governi non avrebbero investito nella ricerca delle cosiddette “energie pulite” e nelle campagne educative per convincere la gente a ridurre la produzione di gas serra responsabili dell’aumento della temperatura terrestre. Ma per quanto riguarda i politici, molti hanno intuito subito che terrorizzando il pubblico sul futuro dell’ambiente possono portare molta acqua al loro mulino elettorale. Potrebbe essere il caso di Al Gore che dopo anni sulla scena politica ha scoperto l’esistenza del riscaldamento globale e se ne serve in modo quasi ossessivo per auto-promuovere la propria immagine. A Hollywood, dove vanno pazzi per le crociate, il suo documentario sui gas serra è piaciuto, tanto che a stato premiato con un Oscar come il migliore della categoria. Gore è andato a ritirarlo in una limousine messagli a disposizione dagli organizzatori della Academy Awards in compagnia dell’attore Leonardo di Caprio e nel momento della consegna si è congratulato con il mondo del cinema per aver “abbracciato la causa verde”.

E’ veramente un peccato che non tutti abbiano dimenticato con quanta determinazione Al Gore difese il reattore nucleare piazzato sulle sponde del fiume Clinch nel 1976, anno del suo debutto politico. Nel 1984, ottenuto il primo seggio al Senato grazie alla sponsorizzazione della “National Rifle Association”, si dedicò anima e corpo a sostenere l’invasione di Grenada, una delle tante mostruosità nate dalla fobia di Ronald Reagan. Poi arrivarono gli otto anni di partenariato con Bill Clinton, che lo aveva scelto come vice presidente, e il numero di “verità scomode” che riguardano Al Gore aumentò in modo esponenziale. La sua portavoce, Laura Quinn, si affannava a dire alla stampa che il vice-presidente non avrebbe mai partecipato a progetti economici riguardanti altri paesi, ma mentiva sapendo probabilmente di mentire o, forse, non conosceva l’amore sviscerato di Al Gore per il petrolio.

Nel 1997, infatti, Gore riuscì ad espropriare le Colline dell’Elfo, in California, per rivenderle ad una compagnia petrolifera, realizzando uno dei più grandi accordi commerciali della storia degli Stati Uniti. La stessa sera in cui l’accordo venne siglato partecipò in veste di oratore ad una conferenza sull’ambiente.

Gli otto anni trascorsi accanto a Bill Clinton come suo vice hanno aumentato di molto il numero delle “verità sconvenienti” che riguardano Al Gore. E’ noto che nel 1997, l’amministrazione Clinton affermò di aver bisogno di almeno un anno di tempo per la discussione del protocollo di Kyoto al Senato poiché non esistevano ancora prove certe sul surriscaldamento della terra. Nel frattempo, Gore faceva da mediatore tra il governo colombiano e la Occidental, una compagnia petrolifera che aveva favorito la sua ascesa politica e con la quale la famiglia Gore aveva strettissimi legami sin dagli anni ’50. Armand Hammer, il proprietario della Occidental, amava dire che Albert Gore Senior, anche lui senatore e padre di Al, era alle sue dirette dipendenze quando Gore riuscì a far ottenere alla Occidental il nulla-osta per gli scavi in cambio di un milione di dollari.

Nel 2000, il partito Democratico candidò Al Gore alla presidenza, un idea che del resto lo stesso Gore accarezzava da molto tempo. In febbraio, la polizia colombiana disperse con i lacrimogeni gli ambientalista che protestavano contro l’annunciata devastazione delle terre sacre agli indios architettata da Gore con gli amici della Occidental. La deputata Cynthia McKinney, collega di partito di Gore, gli rivolse un appello disperato invitandolo a desistere che cadde nel vuoto. I 5000 indios che non volevano abbandonare i propri villaggi furono costretti a farlo con la forza. Per la cronaca, Gore perse le elezioni e per un po’ sparì dalla circolazione.

Ora è ritornato ed ha trovato ad attenderlo il tappeto rosso stesogli dai media per promuovere le sue tesi sul riscaldamento del pianeta. Un tema che tocca sia e poveri che i ricchi, visto che abitano lo stesso pianeta, ma anche una nota di dolore che stona se proviene da chi ha avuto in mano le leve del comando e, invece di governare l’ambiente, l’ha consegnato nelle mani di chi voleva distruggerlo.



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