di Luca Mazzucato

Quando si parla di resistenza palestinese nei Territori Occupati, le immagini che vengono subito in mente sono i racconti di guerra guerreggiata e l’Intifada. L'assedio israeliano alla Mouqata (la sede dell'ANP) a Ramallah; la battaglia di Jenin; ragazzi che si difendono dai carriarmati israeliani lanciando pietre con la fionda. Ma c'è un’altra faccia della resistenza palestinese e si tratta della lotta nonviolenta degli abitanti del villaggio di Bi'lin, in West Bank. Da due anni, ogni venerdì manifestano pacificamente contro il Muro che gli sta portando via, giorno dopo giorno, la terra, i campi e il lavoro. Ma è anche la lotta pacifica delle centinaia di israeliani che ogni settimana si uniscono a loro, mentre altri israeliani, i soldati della Border Police, sparano piogge di lacrimogeni e micidiali proiettili di gomma sugli uni e sugli altri, senza distinzione. Venerdì scorso, i dimostranti sono finalmente riusciti a raggiungere il Muro e superare lo sbarramento dell'esercito. La forza militare israeliana non ammette confronti diretti, ma la lotta nonviolenta guadagna spesso risultati inediti e può insegnare qualcosa di nuovo. È venerdì nel villaggio di Bi'lin. Come ogni settimana, terminata la funzione religiosa, gli abitanti del villaggio si ritrovano davanti alla moschea, insieme con numerosi pacifisti israeliani e internazionali. Dopo qualche minuto, spuntano le bandiere palestinesi e gli striscioni in arabo, ebraico e inglese. Lentamente ci si avvia lungo la strada che porta verso il Muro. Bi'lin sorge a pochi chilometri dalla Linea Verde, nei Territori Occupati, all'interno della cosiddetta zona A. Secondo gli accordi di Oslo, Bi'lin dovrebbe essere sotto il completo controllo palestinese. A qualche chilometro sorge l'imponente colonia israeliana di Modi'in Illit, costruita oltre la Linea Verde e in continua espansione. Con lo scopo dichiarato di proteggere la colonia, il governo israeliano sta costruendo il Muro di separazione, che si snoda in profondità nella West Bank. Il Muro lambisce il villaggio di Bi'lin, ruba le terre agli agricoltori e minaccia l'esistenza stessa del villaggio. Dalla cima della collina su cui s’inerpica Bi'lin si vede molto bene la colonia israeliana poco distante: la vista è impressionante. A ridosso della barriera di separazione, brulicano i ferventi lavori di costruzione degli edifici che accoglieranno nuovi coloni israeliani. L'ampliamento delle colonie nella West Bank è esplicitamente vietato dalla Road Map e dagli accordi internazionali. Tuttavia, il governo Olmert continua a rafforzare la presenza dei coloni, rubando concretamente le terre ai proprietari palestinesi.

In breve, l’eterogenea folla dei manifestanti si raduna e s’incammina lungo la strada stretta e malmessa che porta al Muro. Questo venerdì si contano duecento persone e lo spirito generale è quello della festa. Gruppi di bambini corrono avanti e indietro: per loro è un gioco, mentre gli uomini del villaggio intonano slogan per “la Palestina libera” (a beneficio dei numerosi reporter presenti). Ma, svoltato l'angolo, cambia tutto: tra i dimostranti e il Muro, a circa duecento metri di distanza, una compagnia di soldati della border police ci sbarra la strada. Una cinquantina di soldati in posizione, con i fucili puntati, in attesa, appostati fra gli ulivi. Ogni settimana, la strategia militare è diversa. Un tempo i soldati attendevano i manifestanti a ridosso del check point su cui finisce la strada. Recentemente, invece, la border police entra nel territorio del villaggio, e forma una barriera impenetrabile al di qua del check point.

Dopo qualche attimo di esitazione, i manifestanti decidono di proseguire, mentre il capo del comitato popolare spiega a israeliani e internazionali presenti, con un megafono, che lo scopo della manifestazione è raggiungere la recinzione elettrificata. Il corteo prosegue compatto ma nervoso verso il Muro, mentre i bambini corrono avanti e indietro fra gli ulivi che coprono le colline. D’un tratto, senza preavviso, si sentono degli spari e comincia la pioggia di lacrimogeni. Tutti guardano in alto, verso il cielo, per individuare le scie bianche dei lacrimogeni, e così schivarli e disperdersi nei campi, tra il fumo denso e irrespirabile. Non è possibile invece schivare i micidiali proiettili di gomma. Alcuni manifestanti rimangono colpiti. Tra gli altri, nel febbraio scorso, anche un premio Nobel per la Pace: l’irlandese Mairead Maguire, ferita ad una gamba durante la grande manifestazione che marcò il secondo anniversario della lotta di Bi'lin.

I soldati non hanno riguardi per i bambini. Una scia bianca improvvisa e un rumore sordo: un bambino palestinese di cinque anni viene colpito in pieno da un lacrimogeno e si accascia a terra, tra i suoi piccoli compagni. Un robusto giovane israeliano accorre e se lo carica sulle spalle, correndo verso la cima della collina. Lì un'ambulanza della mezzaluna rossa assiste i feriti e gli intossicati dal gas. Evidentemente, la border police ha notato quei movimenti. Pochi secondi dopo l'arrivo del bambino, quando una piccola folla si raduna attorno ai paramedici, in ansia per il piccolo, una mezza dozzina di lacrimogeni tempesta l'ambulanza. L’aria si satura di gas, feriti e paramedici faticano a respirare.

Mezz'ora di confusione e caos totale. Poi, i manifestanti dispersi tra gli alberi si ritrovano in cima alla collina per preparare un nuovo corteo. Gli organizzatori cambiano tattica. Poiché non è possibile avvicinarsi al Muro lungo la strada, passeremo da dietro la collina, sotto una massicciata che ci nasconderà alla vista dei soldati. Si pensa di arrivare al Muro “da sotto” e cogliere di sorpresa la border police. Il capo del comitato ci spiega che il nuovo comandante israeliano conosce poco il territorio circostante e si può tentare di aggirare i soldati. Si avvia un lungo corteo in fila indiana, lungo le pendici della collina, tra gli ulivi terrazzati e i cespugli di rovi, in assoluto silenzio. Sporadicamente, qualche lacrimogeno cade qua e là, apparentemente senza motivo. Nel frattempo, un ragazzo palestinese si è arrampicato sopra una piccola costruzione e – manovra diversiva – sventola una bandiera palestinese proprio di fronte ai soldati schierati. Li apostrofa gridando in arabo e in ebraico, per attirare la loro massima attenzione. Comincia un fitto lancio di lacrimogeni sulla coda del corteo. Una trentina di manifestanti – palestinesi, pacifisti israeliani e internazionali – riesce finalmente a raggiungere il filo spinato. La manovra è perfettamente riuscita: i soldati non si sono accorti di nulla.

Il Muro, nella zona di Bi'lin come nella maggior parte dei Territori, non è fatto di cemento armato. E’ piuttosto una doppia recinzione di filo spinato e rete elettrificata, larga una trentina di metri, in mezzo alla quale passa una strada riservata ai mezzi dell'IDF. Superato l'ostacolo del filo spinato, tentiamo di proseguire sfilando per alcune centinaia di metri lungo lo stretto passaggio che ci separa dalla rete elettrificata, per uscire, alla fine, sul check point dove ci trovavamo all'inizio. Dopo qualche minuto, i soldati si accorgono del piccolo corteo che sbuca da dietro la collina scandendo slogan e sventolando una bandiera palestinese. L’esito poliziesco finale di questa vittoria – effimera ma simbolica – è il fermo di tutti i manifestanti, trattenuti dall'esercito per circa un'ora, dall'altra parte del Muro, e poi rilasciati. Sorte ben peggiore è toccata ad altri manifestanti prima di noi, soprattutto agli abitanti di Bi'lin. Molti sono stati incarcerati per vari mesi e costretti a pagare migliaia di euro di cauzione per il loro rilascio.

Dopo circa un paio d'ore, la folla esausta fa ritorno al villaggio, la maggior parte delle persone fatica a respirare per via del gas lacrimogeno. L’odore acre e pungente satura ancora l'aria che respiriamo, persino a qualche chilometro dal Muro. Questo venerdì la manifestazione si è conclusa senza feriti gravi e ha ottenuto il suo l'obiettivo: raggiungere il Muro e sfilare tra le recinzioni, per denunciare il furto delle terre palestinesi da parte delle colonie e dell'esercito. Gli abitanti del villaggio, i bambini, i pacifisti israeliani e gli internazionali sono esausti ma contenti. Si danno appuntamento alla stessa ora, il prossimo venerdì, per confermare un’altra volta la protesta nonviolenta contro il Muro. La lotta nonviolenta di Bi'lin diventa contagiosa.

Recentemente, il Ministro dell'Informazione, Moustapha Barghouti, è venuto a Bi'lin per partecipare ad una conferenza internazionale sul conflitto arabo-israeliano nei Territori (http://www.bilin-village.org/village_en.php), portando la solidarietà del governo di unità nazionale palestinese. Altri villaggi palestinesi dei Territori, dove il Muro onnipresente rende la vita impossibile, hanno iniziato a manifestare pacificamente e l'ANP si sta lentamente rendendo conto dell'importanza di queste iniziative di lotta popolare. Poiché un confronto militare non ha alcuna possibilità di successo contro l'enorme macchina da guerra israeliana – sembrano dire queste lotte – i palestinesi, insieme con gli israeliani che credono in una soluzione del conflitto, dimostrano pacificamente: usando l'arma della politica, denunciano al mondo la mostruosità dell'Occupazione.

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