L’Unione Europea si prepara a siglare il controverso trattato di libero scambio con il blocco sudamericano del Mercosur, un progetto negoziato per oltre due decenni e ora più vicino che mai alla ratifica. Nonostante l’opposizione di paesi come Francia e Polonia, il trattato rappresenta una priorità strategica per Bruxelles, decisa a contenere l’influenza cinese in America Latina e a rilanciare la propria economia, gravata da crisi interne in larga misura auto-inflitte. Le conseguenze rischiano di essere tuttavia devastanti per settori chiave come l’agricoltura europea e per l’ambiente globale.

 

Il trattato tra l’UE e i paesi Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Bolivia) mira a creare una delle maggiori aree di libero scambio del mondo, che interessa circa 750 milioni di persone e copre il 20% dell’economia globale. Secondo i termini in discussione, l’UE abolirà i dazi su tutti i prodotti industriali importati dal Mercosur, mentre quest’ultimo ridurrà del 90% le tariffe su merci europee in ingresso, come automobili, macchinari, vino e prodotti chimici.

L’implementazione del trattato è cruciale soprattutto per la Germania, in cerca di un rilancio del settore automobilistico e chimico, con aziende come Volkswagen e Bayer in crisi per i costi energetici alle stelle e la concorrenza globale sempre più agguerrita. Attualmente, i dazi sulle auto importate dai paesi Mercosur ammontano al 35%, sui macchinari industriali vanno dal 14% al 20% e sui prodotti chimici attorno al 18%. Le barriere per gli esportatori europei sono perciò decisamente alte e per questo l’industria tedesca vede il trattato di libero scambio come un’occasione da non perdere.

D’altra parte, i vantaggi economici per il blocco sudamericano sembrano meno equamente distribuiti. La Cina domina il mercato latinoamericano, soprattutto per veicoli ed energia verde: nel 2023, Pechino ha esportato auto per oltre 8,5 miliardi di dollari in Sudamerica, pari a circa il 20% del totale importato da quest’area del globo. Solo nel 2019 le esportazioni cinesi in questo settore ammontavano ancora a 2,2 miliardi di dollari. Il margine di Pechino è ancora maggiore per quanto riguarda le auto elettriche, visto che il 51% di questi veicoli venduti attualmente nella regione sono di produzione cinese. Con l’accordo, l’UE spera di contrastare questa egemonia, ma i numeri indicano che il divario potrebbe rimanere ampio.

Uno dei punti più controversi dell’accordo riguarda il settore agricolo. Gli agricoltori europei denunciano i rischi di competizione sleale: gli standard di sicurezza alimentare e benessere animale del Mercosur sono infatti molto inferiori a quelli europei. Ad esempio, il Brasile utilizza regolarmente sostanze vietate nell’UE, come l’atrazina nei raccolti di mais e zucchero, e ormoni della crescita nella carne bovina, sollevando preoccupazioni per la salute pubblica.

La Francia, che guida l’opposizione al trattato, ha chiesto condizioni di parità, ma Bruxelles sembra avere scelto di ignorare questi avvertimenti. Assieme alla Francia, hanno espresso serie riserve anche Polonia e Irlanda, mentre l’Italia resta al momento su posizioni ambigue. Il ministero dell’Agricoltura ha però affermato che il trattato nella presente forma è inaccettabile per Roma. I paesi che hanno espresso ufficialmente la loro contrarietà non hanno comunque per ora una quota di voti sufficiente a fermarne l’approvazione.

La Commissione Europea, per aggirare il voto unanime necessario, ha diviso l’accordo in due parti, facilitandone l’approvazione con una maggioranza qualificata. Questa mossa, orchestrata da Ursula von der Leyen, testimonia l’urgenza dell’UE di concludere l’intesa, nonostante i rischi per gli agricoltori e per il tessuto economico delle piccole imprese.

Sul fronte ambientale, l’accordo rischia inoltre di aggravare la deforestazione dell’Amazzonia, già sotto pressione per l’espansione agricola e mineraria. Organizzazioni ambientaliste temono un’escalation di incendi, espropriazioni di terre indigene e utilizzo di pesticidi dannosi. In cambio, il Sudamerica esporterebbe più minerali strategici come litio e nichel, essenziali per la transizione verde europea. Questo fattore è a tutti gli effetti cruciale nel dibattito sul tratto con il Mercosur. Oggi, l’Europa è quasi del tutto vincolata alla Cina per le forniture di molti di questi elementi e il loro reperimento dal Sudamerica viene considerato come un obiettivo primario. Anche se il calcolo di Bruxelles dovesse dare i risultati sperati, l’UE pagherebbe comunque la carenza di infrastrutture necessarie a processare queste risorse, rimanendo dipendente dalla Cina, leader incontrastata nella raffinazione di materiali critici.

La spinta dell’UE per l’accordo è legata quindi a una strategia geopolitica volta a ridurre la dipendenza da Russia e Cina, nonostante si tratti dell’ennesima scelta autolesionista, come hanno confermato le vicende ucraine e il tentativo di sganciamento da Mosca soprattutto sul fronte energetico. L’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, ad esempio, ha fatto lievitare i costi energetici, penalizzando gravemente l’industria europea senza migliorarne la competitività. Allo stesso modo, l’accordo con il blocco Mercosur finirà per colpire in primo luogo i piccoli produttori agricoli, a tutto vantaggio delle multinazionali di questo settore, aumentando le disuguaglianze economiche e ambientali sia in Europa sia in Sudamerica.

La classe dirigente europea, allineata agli interessi degli Stati Uniti, continua quindi a dimostrarsi totalmente incapace di elaborare politiche realmente indipendenti e sostenibili. Le difficoltà economiche della Germania, il rallentamento della crescita e la mancanza di una visione strategica mettono così a rischio la capacità dell’UE di affrontare le sfide globali.

L’accordo UE-Mercosur rappresenta in definitiva una cartina di tornasole delle contraddizioni europee: un continente che, nel tentativo di riaffermare la propria rilevanza globale, rischia di sacrificare i suoi agricoltori, l’ambiente e la sovranità economica. Se da una parte l’intesa potrebbe dare respiro a settori industriali in difficoltà, dall’altra evidenzia i limiti di un sistema sempre più orientato al profitto delle élite a discapito della maggioranza.

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