Il successo del partito Alternativa per la Germania (AfD) nelle due elezioni locali tenute in Germania del fine settimana è stato accolto dai soliti allarmi e inviti all’autocritica di politici e stampa “mainstream”, ufficialmente per cercare di frenare l’avanzata dell’estrema destra tedesca a poco più di un anno dal voto per il rinnovo del parlamento federale. Nei “Länder” orientali di Sassonia e Turingia non ha però sfondato solo l’AfD, ma anche la sinistra più tradizionale, o “estrema” per i canoni odierni, dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW o Bündnis Sahra Wagenknecht), in grado di intercettare ampi consensi in uno spazio politico desertificato dal totale fallimento di Socialdemocratici (SPD), Verdi e Die Linke.

 

Il motivo ricorrente nei commenti seguiti al voto di domenica è appunto la necessità di aprire una riflessione sui risultati, che vedono puntualmente negli ultimi anni l’affermazione dell’estrema destra, sia a livello nazionale che amministrativo. Quali dovrebbero essere i rimedi o le soluzioni è difficile capire, anche se non vi è mai traccia di un reale ripensamento delle politiche implementate dai governi succedutisi finora alla guida della Germania e dei vari stati che la compongono.

 

I numeri di Sassonia e Turingia, dove l’AfD è da questa settimana rispettivamente il secondo e il primo partito nelle assemblee statali, confermano infatti due fattori cruciali che spiegano le performance dell’estrema destra anche in assenza di un vero interesse per un revival nazista o per tendenze autoritarie o xenofobe. Il primo è l’insistenza della classe dirigente tradizionale, dalla destra al centro fino alla (pseudo-)sinistra, su politiche auto-lesioniste, come quelle anti-russe di questi ultimi due anni e mezzo, o che comunque risultano essere in totale contrasto con gli interessi di lavoratori, giovani, disoccupati e classe media.

L’altro elemento, strettamente collegato al primo, è la promozione, sempre da parte dei partiti tradizionali, di un approccio nazionalista, militarista e xenofobo ai problemi economici e sociali. Una strategia che serve a contenere le tensioni sociali e a dirottarle, ad esempio, contro gli immigrati clandestini, ma che finisce in definitiva per favorire la crescita di partiti populisti come l’AfD. Emblematico è quanto accaduto poco prima del voto di domenica. Nella città di Solingen, un afgano con sospetti legami islamisti ha accoltellato undici persone uccidendone tre, scatenando una polemica generalizzata contro l’immigrazione irregolare e spingendo il governo del cancelliere socialdemocratico Scholz a decretare l’espulsione immediata di decine di connazionali dell’attentatore. Ciò ha evidentemente dato un’ulteriore spinta all’estrema destra, identificata quasi del tutto con posizioni xenofobe e razziste.

In ogni caso, quello che il sistema politico e di potere tradizionale intende fare per contrastare l’avanzata del populismo rischia di produrre l’effetto contrario. Ingigantirne la minaccia, orchestrare campagne di discredito e ricorrere a mezzi pseudo-legali per forzare, nella più grave delle ipotesi, lo scioglimento di questi partiti non fa che aumentarne la popolarità rafforzando le credenziali anti-sistema. Per quanto riguarda l’AfD, d’altra parte, i servizi di intelligence tedeschi hanno già messo sulla lista nera le sezioni del partito proprio in Sassonia e Turingia, perché considerate di fatto organizzazioni “estremiste di destra”.

Un altro meccanismo è quello di escludere l’AfD da qualsiasi alleanza di governo, ma questo “muro” appare sempre più precario perché, ancora una volta, la crescente impopolarità del sistema politico tradizionale fa aumentare esponenzialmente i partiti estremi, così da rendere sempre più difficile tenerli lontani dal potere. L’attuale governo della coalizione “semaforo” e l’opposizione cristiano democratica/cristiano sociale (CDU/CSU) hanno inoltre incorporato ormai molte delle politiche dell’AfD, soprattutto relative all’immigrazione, così da rendere meno traumatica una possibile futura collaborazione con questo partito.

Relativamente alle elezioni di domenica, in Turingia l’AfD ha per la prima volta ottenuto il numero più alto di voti in un “Land” tedesco. Con il 33% circa dei consensi, l’AfD ha sopravanzato di quasi dieci punti percentuali il secondo partito (CDU). In questa regione dell’ex DDR ha governato nell’ultimo decennio una coalizione tra Die Linke, SPD e Verdi sotto la presidenza di Bodo Ramelow (Die Linke). Il partito di quest’ultimo ha perso domenica oltre la metà dei voti, precipitando al 13%. I Verdi, invece, non hanno nemmeno raggiunto lo sbarramento del 5% e non avranno quindi nessun rappresentante nel parlamento statale. Stesso discorso per i Liberal Democratici (FDP), che fanno parte del governo federale, mentre la SPD ha perso altri due punti (6%) rispetto al già misero risultato delle elezioni del 2019.

Nella più popolosa Sassonia, la CDU è per poco il primo partito (32%) davanti alla AfD (31%). La SPD è qui al 7% e i Verdi hanno superato a malapena il 5%. Questi due partiti facevano parte con la CDU della coalizione di governo uscente nel “Land” orientale. In entrambi gli stati al voto, il partito che ha registrato i maggiori progressi è il recentemente formato BSW, la formazione cioè della ex deputata di Die Linke, Sahra Wagenknecht. Sia in Sassonia sia Turingia, la BSW è già la terza forza, con rispettivamente il 12% e il 16%.

I due partiti “anti-sistema” tedeschi fanno segnare non a caso risultati importanti nelle regioni della ex DDR, dove le conseguenze di tre decenni di governo di tutti i partiti tradizionali si sono fatte sentire più duramente. Un’esperienza se possibile aggravata con l’inizio del conflitto in Ucraina e le politiche suicide di Berlino e dell’Unione Europea che hanno spezzato i legami economici ed energetici con la Russia, in larga misura alla base del successo della “locomotiva tedesca”.

Un ruolo importante l’ha giocato in campagna elettorale proprio la guerra in corso, con AfD e BSW che chiedono da tempo lo stop alla fornitura di armi al regime di Zelensky, il lancio di un processo diplomatico e il ristabilimento di normali rapporti con Mosca. Queste proposte, che incontrano un consenso sempre più ampio, continuano a essere oggetto di feroci campagne mediatiche, fino a caratterizzare i leader dei due partiti come burattini di Putin, pronti a lavorare per gli interessi di Mosca.

Le preoccupazioni più grandi del governo e degli altri partiti riguardano comunque la rapida crescita di Sahra Wagenknecht e del suo partito, visto che quest’ultima sta dimostrando la popolarità di una proposta politica anti-sistema, pacifista e anti-atlantista a sinistra. L’aspetto più interessante di BSW è in definitiva la rottura del cliché che identifica la sola destra (o estrema destra) populista con la critica del sistema politico attuale ultra-bloccato su posizioni neo-liberiste, guerrafondaie e filo-americane. Si tratta insomma di un rilancio dei temi tradizionali della sinistra, basati sulle questioni sociali e di classe, in opposizione alla deriva “liberal” che ha ridotto l’identificazione della sinistra con questioni di genere e stili di vita, evidenziando nel contempo una crescente inclinazione autoritaria e pro-business.

Per il momento, BSW ha sottratto voti soprattutto alla SPD. Esistono tuttavia potenzialità per allargare i consensi fino a includere quegli elettori tedeschi, ovvero la maggioranza, che scelgono l’AfD non perché condividono idee e programmi dell’estrema destra neo-nazista, ma per protesta contro l’establishment e la mancanza di alternative politiche a sinistra. Con i risultati ottenuti domenica, la Wagenknecht e il suo partito potrebbero essere l’ago della bilancia nelle trattative per la formazione dei nuovi governi nei due stati. Resta il fatto che l’AfD continua a essere un fattore preoccupante in Germania, come altri partiti simili in vari paesi europei. In Turingia, ad esempio, la quota di consensi ottenuta renderà difficile escludere questo partito dal governo della regione. Anche se così fosse, l’AfD avrà la possibilità di bloccare provvedimenti che richiedono una maggioranza di due terzi dei seggi dell’assemblea statale, come le procedure per la nomina dei giudici tedeschi.

Restare all’opposizione potrebbe anzi favorire il partito, proprio perché finirebbe per alimentare il suo appeal “anti-sistema” e produrre effetti benefici nelle elezioni federali del prossimo anno. Il collasso del panorama politico post-bellico procede dunque a passo spedito, in Germania come altrove, e, senza un’alternativa di sinistra che torni a guardare agli interessi delle classi più penalizzate da guerra e politiche ultra-liberiste, il contenimento dell’estrema destra resterà un miraggio. Per ora, la tendenza del voto di domenica dovrebbe essere confermata nei prossimi appuntamenti elettorali. Il 22 settembre si voterà in un altro “Land” orientale, il Brandeburgo, dove i sondaggi danno ancora una volta per favorita l’Alternativa per la Germania.

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