L’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia è stato un trionfo di finzione e ipocrisia, un uragano di retorica bellicista che ha spacciato per verità storica la narrativa atlantista sulla seconda guerra mondiale. E’ stata una manifestazione atlantista e anti-russa e non la celebrazione di un avvenimento storico. Parole e musica di un blocco imperiale che, non pago delle prime due, tenta ora di portare l’Europa alla terza e definitiva guerra mondiale.

Invertiti ruoli e meriti, ignorati i fatti storici, si è dato vita ad uno show propagandistico privo di ogni decenza storiografica e politica. Senza nessun pudore, è stata esclusa la Russia che sconfisse l’orrore nazifascista pagando un prezzo enorme: 22 milioni di morti e non i 170.000 statunitensi, valsi poi 80 anni di dominio successivo degli Stati Uniti sull’Europa.

Una celebrazione puramente ideologica del D-day, dove la manipolazione della verità e della memoria sono stati il testo-guida della fiction. Esaltato oltre ogni verità l’apporto degli USA alla vittoria contro Hitler, è stato cancellato il ruolo decisivo ed unico dell’URSS, perché la manifestazione, lungi dal ricordare, serviva solo come spot antirusso.

 

Si è accuratamente evitato di ricordare come l’intervento statunitense arriva appunto nel Giugno 1944, quando la Germania - già cacciata dalla Russia e da buona parte dell’Europa dell’Est - era in grossissime difficoltà militari. Sebbene fosse ancora forte la presenza tedesca d’occupazione in Europa occidentale, il progetto imperiale tedesco era già naufragato. L’esercito nazista, che a Stalingrado aveva lasciato 250 divisioni, ovvero il 90% della sua forza totale, era in rotta verso Berlino. Quando lo sbarco statunitense ebbe inizio, i soldati dell’Armata Rossa sovietica avevano già liberato la Russia, l’Estonia, la maggior parte della Lettonia, la Bielorussia, la Crimea, la Romania, la Bulgaria, la Finlandia, e pochi mesi dopo liberarono l’Ungheria e la Norvegia occidentale.

Peraltro, la storia insegna come furono le divisioni di Stalin, su disperata richiesta di Churchill e Eisenhower, a dover aprire una nuova offensiva in Europa Orientale per consentire agli anglo-americani, intrappolati sulle Ardenne, di togliersi di dosso migliaia di soldati tedeschi che vennero spostati per fermare l’avanzata sovietica.

Lo sbarco in Normandia viene definito da molta della storiografia militare una operazione di scarso acume bellico ma la sua funzione era principalmente politica e calibrata più sul dopoguerra e non solo sulla guerra in corso. Come evidenziato da diversi storici, quello statunitense è stato un contributo importante e di valore per l’accelerazione della liberazione dell’Europa Occidentale, ma non decisivo per le sorti della guerra, già segnata dalla resistenza di Stalingrado prima e dalla controffensiva vittoriosa sovietica poi, cui si aggiunse l’importante attività partigiana in diversi paesi europei, Jugoslavia, Italia e Francia in particolare che colpiva duramente il nazifascismo. L’intervento USA si rivelò invece decisivo proprio per evitare che l’avanzata russa arrivasse fino alla liberazione dell’Europa Occidentale.

A sfregio sulla storia passata e presente c’è stata la presenza dell’Ucraina, che 80 anni fa accoglieva la Wermacht come liberatori e che vedeva molti suoi nazionalisti impiegati solerti nei campi di sterminio. Era rappresentata dal suo dittatore corrotto di oggi, Vladimir Zelensky, le cui truppe e il cui governo s’ispirano a Stephan Bandera, collaboratore delle SS. Uno show nauseabondo, giacché gli ucraini di Bandera, insieme a lituani, lettoni, estoni e ai croati di Ante Pavelic, commisero gli orrori che nemmeno i tedeschi avevano lo stomaco di commettere.

 

L’Europa eccitata dalla guerra

Una celebrazione densa di sinistri déjà-vu, aggravati dalle parole del Ministro della Difesa tedesco, Pistorius, che proprio ad ottant’anni di distanza annuncia l’urgenza di prepararsi alla guerra contro la Russia entro il 2029 senza che queste parole vengano minimamente rigettate dal sistema politico e mediatico, che anzi le esalta.

Non suscita nessuna ripulsa, nessuna presa di posizione che ricordi alla Germania come le parole del suo ministro siano gravi e almeno inopportune, visto che la storia racconta di due invasioni tedesche della Russia e non il contrario. Nessuna  presa di posizione che ricordi a Pistorius che si sono combattute due guerre mondiali proprio per fermare le pulsioni imperiali di Berlino e che la stessa Unione Europea ha nelle sue fondamenta la necessità di contenimento dell’espansionismo imperiale tedesco, autentica minaccia storica e reiterata verso il Vecchio continente.

Nella competizione per l’assunzione del ruolo-guida del nuovo bellicismo europeo, la Francia - convinta di poter assumere la leadership militare del continente per via della sua Force de Frappe - ha subito rilanciato. L’annuncio di Macron dell’invio dei caccia Mirage e di una brigata di istruttori in Ucraina, amplia e completa quanto ormai lui e il resto dei funzionari europei dell’impero americano vanno ripetendo da due settimane: c’è una guerra da combattere contro la Russia e dobbiamo cominciare subito. E dal momento che forze e risorse in questo frangente non sono quelle necessarie alla vittoria, servono investimenti stratosferici per sostenere il riarmo europeo, che dietro la finta emergenza bellica nasconde essere il perno del più grande reset industriale occidentale, per contenere la crescita dei paesi emergenti e dei blocchi multipolari alternativi all’impero unipolare.

Per ribadire il dominio dell’Occidente anglosassone sul mondo intero, serve ampliare enormemente la platea dei militari ed il loro raggio d’azione. Per questo il tamburo della propaganda atlantista batte sul ritorno agli eserciti di leva: per aumentare a dismisura i profitti dell’industria bellica USA ed europea e per espandere la minaccia ai quattro angoli del pianeta. L’obiettivo immediato è la riconversione in senso militare dell’industria occidentale, l’assunzione europea del modello statunitense che ha nel complesso militare industriale un volano fondamentale dell’economia.

Qui s’innestano le falsità sulle minacce russe, per far credere che Mosca voglia invadere tutti e che l’Occidente non sia sufficientemente armato per impedirlo. Ma già oggi il bilancio NATO é enormemente più grande di quello russo e cinese messi insieme e allora si afferma che senza un comando unificato gli sprechi sono enormi. Ma il comando unificato c’è già ed è la NATO che segue lo schema a tre cerchi: l’Occidente comanda sul mondo, la NATO comanda sull’Occidente e gli USA comandano sulla NATO.

Assolutamente falsa la difesa dell’Ucraina, della quale non è mai interessato nulla all’Occidente, che l’ha preparata sin dal 2013-2014 a diventare ciò che era diventata: una piattaforma militare contro Mosca, una minaccia costante alla sua integrità territoriale. E mentre l’Ucraina bersagliava di cannonate il Donbass, i tentati colpi di stato in Bielorussia e Kazakistan provavano a completare l’accerchiamento della Russia.

L’esigenza di correre dritti verso una guerra generalizzata contro la Russia, definita “nemico” da molti anni prima, si è però infranta contro la decisione di Mosca di non rimanere a guardare l’edificazione della Nato in tutto l’Est Europa e persino alle frontiere russe. Il piano di accerchiamento è saltato: le condizioni sul terreno poste dall'attacco russo in Ucraina hanno determinato la sostanziale interruzione dei piani d’allargamento della NATO funzionale all’attacco militare alla Russia. Che nei piani atlantici doveva essere smembrata politicamente in una serie di piccole repubbliche indipendenti tra loro ed ininfluenti, mentre il suo potenziale bellico sarebbe stato azzerato, utile al massimo a fini puramente difensivi.

I golpe respinti e l’Ucraina, che doveva essere il trampolino principale, si sono rivelati il luogo della sconfitta. Sanzioni commerciali e finanziarie come se piovesse, pressione militare e diplomatica senza fine e senza tema di ridicolo, presentano ad oggi un conto che vede Mosca vincitrice e la NATO incapace di fermarla.

L’obiettivo, insomma, non è mai stato e tutt’ora non è  la difesa dell’Ucraina, bensì l’attacco alla Russia, ritenuto ormai improcrastinabile per l’accumulazione di forza militare, di solidità economico-finanziaria, di espansione della sua influenza politica e di ampliamento delle sue relazioni internazionali. La crescente influenza russa in diversi continenti e la saldatura dei suoi interessi nazionali con quelli del Sud globale, è diventata la minaccia più importante per un impero in declino.

La sua influenza si registra anche nei BRICS, dove Mosca gioca un ruolo determinante nella gestione del processo di accumulazione di forze e, insieme alla Cina, ha la capacità di orientare ed accelerare  i tempi della de-dollarizzazione e della costruzione di un mercato internazionale degli scambi protetto dalle sanzioni occidentali e basato sull’assenza di condizionamenti politici.

Per questo utilizzare l’anniversario dello sbarco in Normandia per offrire un pulpito di minacce ai liberatori russi non invitati, ha rappresentato una delle pagine più stupide oltre che ignobili di questa versione atlantista dell’orrore passato, venduto in un formato ripulito e aggiornato.

Ernest Hemingway diceva che “ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all'Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita!”. Ed era nato nell’Illinois, non sulle rive del Don.

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