Il Congresso degli Stati Uniti sta per approvare in via definitiva un nuovo pacchetto di aiuti all’economia americana devastata dal Coronavirus che, come i precedenti, rischia di diventare quasi per intero un regalo a grandi banche e corporations. A livello ufficiale, quello licenziato martedì all’unanimità dal Senato dovrebbe essere un intervento destinato a rimpinguare il fondo creato per le piccole aziende USA in difficoltà, in modo da evitare licenziamenti che andrebbero a ingrossare un esercito di disoccupati già salito di oltre 22 milioni di unità solo nell’ultimo mese.

Il provvedimento vale complessivamente 484 miliardi di dollari e la parte più consistente, cioè 320 miliardi, va appunto ad aggiungersi a quanto già stanziato in precedenza per il cosiddetto “Paycheck Protection Program” (“PPP”). Quest’ultimo aveva avuto in dotazione 350 miliardi nel mese di marzo nell’ambito del piano da 2.200 miliardi (“CARES Act”) approvato dal Congresso per contenere l’impatto dell’epidemia di COVID-19.

 

Il fondo per le aziende famigliari americane si era rapidamente esaurito, a testimonianza dell’estrema necessità di fondi che permettano di rimanere a galla in tempi di lockdown. Il mancato aiuto a molti che avevano fatto richiesta di prestiti agevolati e finanziamenti a fondo perduto è dovuto però anche a un altro fattore, ovvero l’inclusione nel pacchetto di una clausola che permette  ad alcune grandi compagnie di beneficiarne.

In linea teorica, il denaro del “PPP” sarebbe riservato a imprese con meno di 500 dipendenti e con un fatturato inferiore a due miliardi di dollari. Già di per sé questa definizione include aziende non esattamente di piccole dimensioni, ma soprattutto è consentita la partecipazione al programma anche a compagnie o catene di negozi e ristoranti che hanno meno di 500 addetti in ogni singola struttura di loro proprietà.

A ciò va aggiunto che il Tesoro USA ha affidato in larga misura alle grandi banche americane, come JPMorgan o Wells Fargo, la gestione dei prestiti. In questo modo, gli istituti di Wall Street hanno privilegiato le richieste di finanziamento più importanti, pari anche a 10 o 20 milioni di dollari, così da incassare commissioni più sostanziose rispetto alle pratiche di piccoli negozi o attività commerciali, anche quando queste ultime avevano precedenza per avere presentato le loro domande in anticipo.

Secondo ricerche della stampa americana, le grandi banche di Wall Street si sono assicurate finora dieci miliardi di dollari in commissioni per avere sbrigato le pratiche relative ai 350 miliardi di fondi elargiti al business privato dalle casse federali. Le percentuali che questi istituti finanziari si sono accaparrate variano dall’1% al 5% dell’importo erogato e dovrebbero servire a rimborsare un lavoro sostanzialmente burocratico. Le banche non devono infatti assumersi alcun rischio, trattandosi di denaro pubblico, e non sono quindi chiamate a svolgere particolari indagini sulla solvibilità dei richiedenti.

Migliaia di piccole aziende sono così rimaste escluse dal programma e, malgrado la condotta delle banche sia stata denunciata pubblicamente e in alcuni casi oggetto di cause legali, anche i nuovi fondi che il Congresso dovrebbe finalizzare questa settimana saranno regolati dalle stesse norme che hanno permesso abusi e irregolarità. Il Partito Democratico è stato in grado soltanto di ottenere una quota pari a 60 miliardi del totale che sarà gestita da piccole banche locali, soprattutto nelle regioni rurali degli Stati Uniti.

Questa situazione ha fatto in modo che nella prima fase del “Paycheck Protection Program” un quarto dei fondi disponibili sia andata a meno del 2% delle compagnie in grado di ottenere aiuti. Non c’è per ora nessuna indicazione che buona parte dei 30 milioni di piccole aziende americane riusciranno ad avere le risorse necessarie a tenere tutti i loro dipendenti sul libro paga.

Negli USA come altrove, l’impatto della crisi economica potrebbe essere drammatico soprattutto su questo segmento del business. Secondo un’indagine dell’associazione dei ristoratori, almeno l’11% delle attività in questo ambito non riuscirà a riaprire, mentre per la banca UBS la quota dei fallimenti potrebbe addirittura essere del 20%. A testimonianza dell’inadeguatezza dell’impegno del governo, già otto milioni di lavoratori della ristorazione hanno perso il lavoro a causa del lockdown.

Nel pacchetto che dovrebbe essere approvato anche dalla Camera dei Rappresentanti già nella giornata di giovedì, figurano anche una serie di voci di spesa per altri settori che, tuttavia, risultano gravemente insufficienti. Nessun contributo è previsto invece per le amministrazioni statali e municipali a causa della resistenza dei leader repubblicani. Gli organi di governo locale dovranno fare i conti nei prossimi mesi con pesanti buchi di bilancio per via delle mancate entrate di queste settimane e, senza l’aiuto federale, saranno quasi sicuramente costretti a tagliare ancora di più i servizi pubblici spesso già decimati da oltre un decennio di austerity.

Il Partito Democratico si è comunque rifiutato di condurre una qualche battaglia su questo fronte, nonostante le regole del Senato consentano efficaci manovre di ostruzionismo al partito di minoranza. Per quanto riguarda i repubblicani e la Casa Bianca, lo svuotamento delle casse degli enti locali viene considerato uno strumento di pressione per spingere gli amministratori degli stati americani a imporre la ripresa prematura dell’attività economica, obiettivo dichiarato dell’amministrazione Trump malgrado l’infuriare dell’epidemia.

Come già accennato, il resto dei fondi inclusi nel provvedimento in discussione è di un livello di fatto irrisorio, visti gli effetti che sta avendo il Coronavirus negli Stati Uniti. Per gli ospedali e le strutture sanitarie travolte dall’emergenza ci saranno altri 75 miliardi e 25 miliardi per l’esecuzione di test di positività alla malattia, condizione teoricamente imprescindibile per far ripartire l’economia. Secondo fonti scientifiche americane, i test dovrebbero interessare almeno 35 milioni di persone, con un costo totale stimato di 100 miliardi di dollari.

Il più recente intervento a sostegno dell’economia è il quarto deciso dal Congresso di Washington a partire dall’inizio dell’emergenza COVID-19. Tutti, a cominciare da quello colossale da oltre duemila miliardi di dollari, sono stati finora sbilanciati a favore dei grandi interessi economico-finanziari. Gli ambienti politici USA stanno già discutendo l’ipotesi di un quinto pacchetto di aiuti che potrebbe interessare le amministrazioni locali o, come ha fatto intendere il presidente Trump, l’industria petrolifera minacciata dal crollo delle quotazioni del greggio.

Al di là dell’aspetto esteriore dei prossimi stanziamenti, la breve storia dell’emergenza Coronavirus rende scontato il fatto che entrambi i partiti si adopereranno per garantire i maggiori benefici degli esborsi di denaro pubblico a un numero relativamente ristretto di destinatari, mentre milioni di americani continueranno a mettersi in coda per ottenere cibo e, nella migliore delle ipotesi, un misero sussidio di disoccupazione. Non solo, le somme gigantesche stanziate a debito in questo periodo rappresenteranno nel prossimo futuro una giustificazione per promuovere una nuova campagna di tagli alla spesa pubblica in uno spirito rigorosamente bipartisan.

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