di Antonio Rei

Ci hanno raccontato che per salvarci dalla bancarotta non avevamo altra scelta: dovevamo tassarci. Poi ci hanno detto di stare tranquilli, perché nell'immediato le nostre condizioni sarebbero peggiorate, ma con il tempo - per qualche oscura ragione bocconiana - le riforme assassine avrebbero dispiegato i loro misteriosi effetti benefici. Insomma, la recessione nel 2012 era inevitabile. E quella del 2013, invece? La più clamorosa smentita alle favole del professor Monti arriva dalla fonte più istituzionale possibile, la Banca d'Italia.

Lungi dal confermare le previsioni del Premier e quelle del suo sherpa al Tesoro, il Grilli parlante, gli economisti di Via Nazionale non fanno altro che rivedere al ribasso le stime sull'andamento dell'economia italiana. Secondo gli ultimi calcoli, nel 2013 il Pil italiano calerà di ben un punto percentuale (ricordiamo che secondo il centro studi di Confindustria la flessione sarà ancora peggiore: -1,1%). Altro che lo 0,2% di cui parlava il governo. Da mesi sentiamo blaterare di luce in fondo al tunnel, ma a questo punto sorge il sospetto che la metafora più calzante sia quella della catacomba.

E' vero, nel bollettino si legge anche che "lo scenario prefigura un ritorno alla crescita nella seconda metà dell'anno, sia pure su ritmi modesti e con ampi margini d'incertezza", e che la dinamica del Pil dovrebbe tornare "lievemente positiva nel 2014", con una crescita dello 0,7%. Magra consolazione. Non solo perché ad ogni giro di boa, quando il futuro diventa presente, le stime dei mesi precedenti vengono  tagliate con una regolarità sconcertante, ma soprattutto perché l'Istituto centrale snocciola anche un'altra serie di dati a dir poco drammatica.

In particolare sul fronte del lavoro, la vera tragedia sociale che il nostro Paese continua ad ignorare. La Banca d'Italia stima che “l'occupazione si ridurrà quest'anno (in media di quasi l'1%) e ristagnerà nel successivo. Il tasso di disoccupazione aumenterà, riflettendo anche l'aumento delle persone in cerca di lavoro, e toccherà il 12% nel 2014”.

Quanto ai consumi, com'è ovvio in una situazione del genere, le prospettive sono ugualmente fosche. Da Palazzo Koch scrivono che "anche nei prossimi mesi" i comportamenti di consumo dovrebbero restare "depressi", dal momento che "non emergono segnali di una loro ripresa". Dopo il crollo del 4,1% registrato nel 2012, quest'anno la flessione dovrebbe essere dell'1,9%.

E per rialzare la testa non si potrà certo chiedere aiuto alle banche, visto che “l'offerta di finanziamenti è ancora frenata dall'elevato rischio percepito dagli intermediari, in relazione agli effetti della recessione sui bilanci delle imprese”, e che “i crediti deteriorati sono aumentati in misura significativa".

Era davvero questo che i tecnici avevano in mente quando hanno iniziato il loro mandato? A quanto pare sì, visto che nessuno ha ancora avuto l'onestà di prodursi in un pur minimo e tardivo esercizio d'autocritica. D'altra parte, quando il Capo è impegnato in campagna elettorale, i dipendenti lo sostengono. Contro tutto e tutti, anche contro l'evidenza.

E così il Grilli parlante ha pensato bene di regalarci l'ennesima summa del Monti-pensiero, spiegandoci con le parole di sempre per quale motivo abbiamo deciso di sacrificare le nostre vite al bilancio pubblico: “L’Italia aveva poca scelta - ha ribadito il ministro, mai stanco di ripetere la poesia - E' impossibile costruire una strategia di crescita senza mercati stabilizzati, sarebbe come costruire una casa sulla sabbia”.

Grilli ha poi smentito la necessità di una nuova manovra correttiva, sostenendo che quest'anno l'Italia arriverà certamente al tanto sospirato pareggio di bilancio in termini strutturali. Peccato che per raggiungere questo (inutile) obiettivo, se la crisi si rivelasse peggiore delle stime del governo (finora completamente sballate), mancherebbero all'appello almeno sette miliardi. Per non parlare degli altri quattro miliardi di cui avremmo bisogno per scongiurare il rincaro della terza aliquota Iva a partire da luglio, l'ennesimo balzello che rischia di affossare ulterormente non solo i consumi, ma l'attività economica in generale.

A tutto questo fa riferimento Pier Luigi Bersani quando parla della “polvere sotto il tappeto” da verificare all'inizio della prossima legislatura. Sempre che non ci sia da spolverare tutta casa.




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