di Giuliano Luongo

Se c’è una cosa che il Presidente Barak Obama sa fare bene, oltre a vincere riconoscimenti internazionali sulla fiducia, è prendere decisioni controverse in ambito di politica interna. Dopo il faticoso processo di riforma della sanità, avversato da numerose fazioni vincolate a Big Pharma, viene colpito un altro pilastro dell’american way of life: il mutuo trentennale. Non si tratta tecnicamente di un attacco diretto, ma di una possibile conseguenza della nuova politica statale di gestione dei mutui nel mercato immobiliare.

L’amministrazione Obama intende alzare il costo dei prestiti e la quota delle caparre come azione fondamentale per la “ristrutturazione” del mercato immobiliare. Si crede che in questo modo, rendendo di fatto meno semplice l’accesso al credito, si possano limitare gli eccessi raggiunti dal mercato del mattone da arredare agli inizi della ancora “vigente” crisi economica internazionale.

Una delle mosse chiave comprese in tale manovra riguarda i due giganti federali dei mutui, Freddie Mac (nomignolo dato alla Federal Home Loan Mortgage Corporation) e Fannie Mae (Federal National Mortgage Association), che andrebbero di fatto lasciati alla propria sorte, verso un possibile decesso, come di certo dovrebbe accadere a delle compagnie non produttive in un sistema liberale. In un discorso tenuto il passato venerdì al Brookings Institute, il Ministro del Tesoro, Timothy F. Geithner, ha sostenuto la tesi che ritiene eccessivo il supporto governativo americano al mercato immobiliare e che spinge all’eliminazione dei due istituti federali sopra citati.

Quest’ultima non sarà di certo un’operazione semplice: lo stesso Geithner ha fatto notare come l’amministrazione avrà bisogno di circa sette anni per portarla a compimento, dovendo dunque di fatto delegare ai prossimi inquilini della Casa Bianca le tappe conclusive di questa smobilitazione. Attualmente, il governo si propone di rendere più costosi i mutui offerti “dallo Stato”, in modo da far diventare più competitivi quelli generosamente elargiti dalle compagnie private. In parole povere: il costo del denaro per chi vuole accasarsi verrà generalmente livellato verso l’alto. Si punta inoltre a ridimensionare la Federal Housing Administration, agenzia governativa attiva nell’assicurazione di prestiti offerti da banche e lenders privati per l’acquisto di beni immobili. L’idea è quella di ridurre il valore massimo copribile dei prestiti ed alzare al 5% il valore delle caparre.

I principali rischi di questa manovra, che in teoria dovrebbe soddisfare le spinte all’indipendenza da uno “Stato invasivo, ficcanaso e comunista”, ricadono proprio sui cari e beneamati consumatori. Per rendere il mercato del credito immobiliare più sicuro, vi si taglia l’accesso: non si cerca però di migliorare genericamente il tipo di “clientela”, potenziando ad esempio i controlli sui borrowers, ma si agisce in maniera molto più drastica, rendendo tutto il mercato del credito immobiliare più costoso.

E’, di fatto, una decisione in linea con il liberale - o meglio, liberista - spirito americano, che vuole che ognuno ottenga quello che si può permettere a suon di soldoni: come è stata presa male la riforma sanitaria, al grido di “non pago per la salute di un altro”, si dovrebbe prendere bene anche questa imparziale decisione.

Ci si compra la casa solo nel caso in cui si sia in possesso dei soldi per comprarla. Peccato però che la benpensante opinione pubblica americana non la pensi tutta così: gli stessi che non vogliono pagare per il vicino di casa, fanno il diavolo a quattro se non hanno la possibilità di pensare ai fatti propri. Gran parte delle associazioni dei consumatori, assieme a gruppi di agenti immobiliari (guarda un po’) e piccole banche sono uniti nel chiedere la sopravvivenza di Freddie e Fannie: per il portavoce della Consumer Federation of America Barry Zingas, abbandonare dopo 70 anni l’impegno al supporto al credito immobiliare significherebbe privare i consumatori americani della possibilità di indebitarsi in maniera accettabile. Inoltre, il rallentamento del mercato del credito nuocerebbe anche ai prestatori di ogni dimensione, privandoli di un flusso di capitale stabile.

Fedeli ai loro ideali, i Repubblicani tutti plaudono a tale decisione governativa. La fazione avversa ad Obama è sempre stata contraria al crescente ruolo dei due lenders statali, e li accusa di aver contribuito largamente alla crisi, se non di averla causata in primo luogo (cosa per altro non del tutto falsa). Ecco, magari si dovrebbe fare anche riferimento alla cretineria dei debitori, ma questo non è un articolo di psichiatria. Tornando in argomento, basti ricordare comunque che la fazione degli epici Bush e McCain ritiene che la manovra in questione debba seguire pochi e rapidi passi, in contrasto a quanto proposto dagli stessi democratici, che vogliono comunque una serie di tagli lenti e graduali.

Inutile dire che la stessa “sinistra” americana abbia criticato ampiamente la proposta obamiana: numerosi membri del Congresso militanti nel partito democratico, hanno espresso le proprie perplessità - sino al dissenso totale in alcuni casi - su di un tema che di fatto penalizzerà gran parte dei cittadini statunitensi ansiosi di accasarsi. Il fatto che il dirigente della JP Morgan Chase, William M. Daley, sia stato nominato “chief of staff” da Obama in persona, accanto all’accordo bipartisan sul blocco delle tasse per i più ricchi, hanno contribuito a fomentare il disprezzo dei liberal più assennati nei confronti del mediatico presidente.

Nonostante la manovra sia ancora in divenire, non resta che fare alcune considerazioni del caso. In primo luogo, vediamo che il Presidente si è deciso a ridimensionare per poi sopprimere due enti che mal si inseriscono in un sistema liberista come quello statunitense: in punto di teoria, la decisione è corretta. Si lima un aspetto che rendeva spurio un sistema che pretende di essere al 100% private-led.

Gioiranno i membri del tea party, contenti anche i repubblicani e gran parte dei cittadini “non affiliati”. Il piccolo problema è che questo aspetto “anomalo” rendeva gestibile il mercato del credito anche per i meno abbienti, categoria sempre più affollata in tempi di crisi come questo. Bisognerà comprendere in questa rimozione graduale con quale intensità saranno colpiti i consumatori, e sapendo che la seconda metà di tale compito ricadrà nella prossima legislatura, la qualità dei risultati sarà tutta da vedere, con i personaggi che si aggirano negli altri lidi.

In secondo luogo, sarà interessante vedere l’effetto generale che tale operazione avrà sul consenso verso Obama: i suoi sono già incavolati, gli avversari per ora ringraziano, ma di certo non cambieranno alleanza per così poco. In ogni caso, la discussione congressuale mostrerà meglio gli umori di pubblico e rappresentanti a Washington. Al momento, nei panni di un cittadino americano “senza fissa dimora”, si starebbe sicuri solo avendo un parente stretto anziano proprietario di casa con problemi di salute. Il parente, non la casa.

 

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