di mazzetta

Il nuovo governo si è appena insediato ed già è abbastanza chiaro che, a sistemare i conti lasciati in dissesto da Tremonti, dovranno pensare i soliti noti, ovvero i percettori di reddito fisso, i pensionati e quelli che non hanno mai potuto evadere le tasse e mai ci riusciranno. Forse l'attuale governo potrà realizzare una maggiore giustizia fiscale nei prossimi anni, ma per ora le misure che sono all'orizzonte sono destinate a pescare dove hanno sempre pescato, in modo che chi ha avuto si terrà il maltolto e chi ha dato sarà chiamato a dare di nuovo e di più. Un procedimento che viene accettato come ineluttabile; un governo sperpera e, quello successivo, più di sinistra, chiede lacrime e sangue ai poveretti. In verità non è esattamente inevitabile che finisca ancora una volta così: è solo che la classe politica italiana, composta da gente che per decenni ha vissuto blindata entro questi orizzonti, vuole procedere secondo questo schema. Nella realtà ci sono altri pozzi ai quali pescare, altre ricchezze da chiamare a contribuire alla salvezza dei conti e degli impegni verso l'Europa, ma quei pozzi non si vuole toccarli. Sorvolerò sulle cifre, alle quali gran parte degli italiani non riescono a riconoscere la dignità che meriterebbero. Mi basterà richiamare alla mente alcune vicende degli ultimi anni, per evidenziare guadagni illegittimi che, se fossero recuperati alla collettività, ripianerebbero una parte dei buchi nei conti.

Il padre di tutti i pozzi è nei bilanci delle compagnie di assicurazioni. Nel 2002 una sentenza ha condannato quasi tutte le compagnie che emettono polizze RCA (l'assicurazione sui veicoli che è obbligatoria) a rifondere 500.000 delle vecchie lire a ogni assicurato; questo perché il giudice aveva ritenuto provato che le compagnie si fossero accordate fraudolentemente per aumentare - almeno - 500.000 lire ad ogni assicurato.

Per un bizzarro scherzo del destino, o forse per una simpatica connivenza del governo allora in carica, le assicurazioni non hanno mai pagato quella somma. Nel 2003 una leggina-ina-ina trasferì la competenza per certi tipi di cause dal giudice di pace ai tribunali ordinari. Curiosamente, tra queste cause c'era anche la richiesta che occorreva fare per costringere le compagnie a pagare, perché le stesse si rifiutavano di restituire quanto dovuto secondo la sentenza; allora occorreva un'azione legale da parte del singolo assicurato per riavere finalmente i soldi che gli erano stati rubati dal cartello delle compagnie.

Per colpa della famosa leggina-ina-ina, agli sfortunati assicurati-derubati toccò allora rivolgersi ai tribunali invece che al Giudice di Pace (gratuito), cosa che costringeva a pagare una fiche costosa all'avvocato, senza il quale non potevano partecipare al gioco le cui regole erano state loro cambiate sotto il naso. Di fronte alla prospettiva di dover investire migliaia di euro in avvocati e una decina d'anni di tempo per veder restituito il maltolto, furono ben pochi quelli che ci provarono. Non solo: per un altro crudele scherzo del destino quell'anno, nel quale le compagnie avrebbero dovuto contestualmente ridurre le loro tariffe di almeno 500.000 lire, staccarono invece il consueto aumento oltre l'inflazione. Comportamento eseguito fedelmente per ogni anno successivo.

Nel mezzo le assicurazioni hanno anche goduto dell'avvento della patente a punti e del calo della mortalità, assicurato finalmente dall'acquisizione da parte degli italiani di più sani comportamenti, quali l'indossare i caschi e mettere le cinture. A occhio - e anche con molta prudenza - pare lecito sostenere che quelle 500.000 lire (almeno) siano state rubate dalle tasche degli assicurati anche negli anni a venire, cioé 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, che fanno - almeno - 1.500 €, da moltiplicare non per gli assicurati, ma per il numero di veicoli circolanti. Se in Italia circolasse un milione di veicoli sarebbero 1.500.000.000 di euro (un miliardo e cinquecento milioni di euro), lascio a chi legge l'esperienza erotica di scoprire quanti sono i veicoli nel nostro paese.

Ecco che, come per magia, il problema della manovra sarebbe risolto, anche in caso di una transazione con le compagnie: ma ancora più in là si potrebbe andare recuperando le somme che altri protagonisti dell'economia che operano in regime di cartello hanno raccolto illecitamente con meccanismi simili. Non è difficile pensare che il sistema bancario, ugualmente riconosciuto colpevole di aver fatto cartello, possa arrivare a dover restituire cifre simili. Poi ci sono gli operatori telefonici, qualche miliardo di euro che era dovuto dal contratto per la manutenzione delle autostrade che non è mai stato pagato e, a scendere, altri guadagni illeciti, moltiplicati per anni con il placet polista. Soldi ufficialmente rubati, cantano le sentenze dell'Antitrust, quelle della Cassazione e i contratti firmati dai concessionari.

Tutti questi soldi ci sono, sono nei bilanci sanissimi di aziende che non sanno dove mettere i soldi (vista la scarsa propensione al rischio imprenditoriale della nostra impresa). A loro volta questi soldi hanno generato iper-profitti, perché invece di essere re-investiti e creare valore e posti di lavoro, sono serviti anche a comprare migliaia di immobili svenduti da Tremonti. Il tutto pagando tasse che ovviamente sono ridicole, se paragonate a quelle che gravano sul salario di un qualsiasi lavoratore dipendente. Non solo: i furbetti del quartierino hanno visto i loro guadagni miliardari tassati al 12.5%.

Riprendere questi soldi, oltre a rimediare semplicemente all'indebita sottrazione, significherebbe non tassare i soliti noti. Attenzione: è bene ricordare che quei soldi sono stati pagati indebitamente da tutti i cittadini e che, in teoria, a loro dovrebbero tornare. Credo però che non sussistano dubbi sul fatto che i cittadini tutti sarebbero ben lieti di evitare la "manovra" nelle loro tasche rinunciando a quei soldi in favore dello finanza pubblica; tanto più che in altro modo quei soldi non verranno mai restituiti. Difficilmente inoltre si provocherebbero perdite di posti di lavoro o cali nei consumi, ma semmai l'esatto contrario.

Questi macro-soggetti economici sono molto influenti e l'operazione potrebbe alienare le simpatie anche di molti amici dentro e fuori il governo, ma in una democrazia non dovrebbe essere un problema, visto che il sostegno popolare sarebbe indubbiamente massiccio, posto che comporterebbe allo stesso tempo un rientro nella media europea delle stellari tariffe italiane. Purtroppo, per un crudele scherzo del destino, nel nostro paese non funziona così e nessuno prenderà queste misure; per finanziare il cuneo fiscale, cioè una riduzione delle tasse sul lavoro della quale beneficeranno più le imprese che i lavoratori, si prenderanno i soldi dallo stesso pozzo dal quale si pescherà per chiudere il buco nei conti, ancora e sempre dalle tasche dei lavoratori a reddito fisso. E vissero per sempre truffati e contenti con il timbro del tribunale.

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