di Liliana Adamo

Sono precari i tecnici ambientali e gli scienziati impiegati nella task force sulla “nave dei veleni”, affondata al largo delle coste calabresi. Tre su sei sono a rischio licenziamento, con scadenza di contratto a breve. Tra loro, un esperto di ricerche nucleari, due dirigenti del settore “Emergenze in mare” appartenenti a ex Apat e Icram; in altre parole, a istituti di ricerca smembrati e accorpati all’Ispra, che hanno subìto negli ultimi mesi, la mannaia dei tagli sul personale, riducendosi a un solo ricercatore (uno), a tempo indeterminato.

Con una legge in vigore dal 2008, nell’intento di “snellire” gli apparati statali di ricerca, l’Ispra diventa il nuovo centro istituzionale per la protezione dell’ambiente, ma può contare, al momento, su risorse finanziarie, strumentali e di organico a dir poco irrisorie. Per i lavoratori occupati, la situazione è drammatica: il 30 giugno scorso, duecento dipendenti sono stati estromessi per il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato e altri duecentotrenta ne saranno esclusi. Sono tutti esperti e studiosi, si occupano di cambiamenti climatici, della salvaguardia del nostro mare, della fauna selvatica, delle emissioni in atmosfera, dei rifiuti. Realtà oggettive che, evidentemente, attraggono poco il nostro governo e il Ministero dell’Ambiente; ma le ricadute si avranno a discapito dei cittadini, in argomenti come tutela della salute, difesa dei beni paesaggistici e naturalistici del nostro territorio.

Sono precari i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Per tenerci informati delle lotte e delle iniziative, esprimere il loro disagio e la loro frustrazione, hanno predisposto un loro sito on line, “Il Buco Nero” e mai titolo appare più conforme alla condizione della ricerca in questo paese. Protagonisti di una singolare protesta nella “Notte dei ricercatori precari”, tenuta il 25 settembre scorso, sono ricercatori e docenti del Politecnico di Torino: lo stesso che, in una controversa classifica stilata dal governo, si ritiene tra i “più virtuosi d’Italia”. Ci si chiede, a fronte dei pesanti tagli ministeriali, con quali mezzi si finanzieranno offerte didattiche e produzioni scientifiche.

Sono precari e atipici i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste; precari, i ricercatori d’astrofisica dell’ISFOL, per la direzione generale del CNR. E sempre precari sono quelli del piccolo, coraggioso Osservatorio di Grottaminarda, in Irpinia, tutt’oggi operativo nonostante le ristrettezze in cui versa, grazie all’impegno e al sacrificio di ventidue giovani campani. Tutti, tranne tre, sono stati specializzati da altri precari, subentrati prima di loro e, in seguito all’emendamento del governo, non vedranno stabilizzato il loro lavoro, in pratica, saranno sbattuti fuori.

Riflettiamo su un dato non trascurabile: nel corso del 2007, sulle più importanti riviste internazionali, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV - ha pubblicato ben 490 saggi e trattatistiche d’alto valore scientifico, inerenti allo studio e alla messa in sicurezza di un territorio come il nostro, ad alto rischio sismico: il 70% di quella produzione proviene dal lavoro di quei ricercatori co co pro, con contratti a termine e bonus.

Ma il fatto più sorprendente si concentra proprio su una sezione strategica dell’INGV, l’Osservatorio Vesuviano. In rete esiste un’eccellente simulazione in 3D che riproduce gli effetti ipotizzabili di una prossima eruzione. Un lavoro rilevante, esplicativo, didattico e facilmente comprensibile anche a non esperti; ebbene, questo è solo un piccolo apporto dei lavoratori precari all’informazione generale sul rischio e la prevenzione. E immaginiamo per ciò che concerne il monitoraggio costante dei vulcani attivi, il Vesuvio, Stromboli, i Campi Flegrei, che possono generare eventi rapidi e pericolosi, investendo d’interesse cruciale le aree a maggior rischio, coinvolgendo, nel solo compartimento vesuviano, quasi un milione di residenti.

Le attività di questi precari comportano la realizzazione e il mantenimento in piena efficienza di una complessa rete strumentale, assicurano una presenza ininterrotta, con capacità tecnico-scientifiche, per organizzarsi e operare subito, in caso di circostanze particolari e anomale. Malgrado ciò, mentre gli organici dell’Osservatorio Vesuviano sono fermi al ’99, ben cinquecento di questi giovani scienziati rischiano, come gli altri, d’essere estromessi dal loro incarico, per un disciplinamento perverso del precariato adottato nella Finanziaria dello scorso anno, che non solo vieta, di fatto, l’assorbimento graduale e preclude agli enti pubblici il rinnovo del contratto a tempo determinato, ma rifiuta a priori qualsiasi possibilità d’accedere al proprio posto di lavoro, mediante concorsi pubblici. Questi sono i tagli agli sprechi messi in atto con tanta determinazione, dal governo.

Per quanto riguarda le dispute, fattive o teoriche, sugli emendamenti legislativi per eliminare “il precariato” e le sue conseguenze, che si avviino con il governo di sinistra a firma di Prodi o che confluiscano nel retaggio dispotico del governo Berlusconi, a garantire una nuova era d’efficienza ed economicità nell’apparato statale, se ne può sempre controvertere, nero su bianco. Ma quel che resta evidente è il disastro totale, risultato delle nuove leggi sul lavoro, con le loro direttive antidemocratiche e le loro visioni ultraliberiste, che si prestano, secondo i casi, ad aggiustamenti, accomodamenti e storpiature, per opportunismo o per ottenere consenso, pur restando insensate e intoccabili nei limiti che conosciamo e che spingono al fallimento, una società intera.

 

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