di Bianca Cerri

Come tutti i ragazzi di 14 anni, Hasan avrebbe voluto diventare un uomo forte, leale e coraggioso. Invece percorreva ogni sera lo stesso reticolo di strada a Baghdad, vendendo i suoi favori a chiunque volesse acquistarli. A volte lo pagavano con un po' di cibo e qualche spicciolo, ma lui s'illudeva che nell'Iraq "liberato" del futuro la sua vita non sarebbe stata più il disastro che era. Una mattina lo hanno ritrovato steso a terra con due proiettili sparati da un'arma militare nel cranio. Non ha avuto neppure un funerale, perché la sua famiglia, rimasta senza mezzi, non ha potuto offrirgliene uno e il suo corpo è finito in una fossa comune. I giovani che come Hasan si avventurano ogni notte nelle strade di Baghdad per vendere il loro corpo, sono oggi circa 4.000. La polizia alleata dei militari li bracca e la gente li considera degli omosessuali, una categoria che nell'Iraq "liberato" è circondata da ostilità. Privi di qualsiasi punto di riferimento e senza più una famiglia che li sostenga, gli adolescenti che incrementano il mercato del sesso non hanno a disposizione altro che il proprio corpo per sopravvivere, perché le "autorità" si sono da tempo chiamate fuori dal problema in modo alquanto spiccio. Hamed ha 11 anni e un occhio nero, frutto di una rissa tra mendicanti bambini che si contendevano una postazione. Per sopravvivere è costretto a battersi ogni giorno con ragazzi più grandi e intraprendenti che vorrebbero allontanarlo. Najaf è un'orfana che tende la mano ai clienti che entrano ed escono dallo Sheraton di Baghdad, ma deve guardarsi più di Hamed dai prepotenti perché è una femmina, e ai maschi non piace che le femmine si accaparrino le elemosine. Dooa ha 11 anni e un fratello di nove e tutti e insieme compiono un pellegrinaggio quotidiano fino ad una base USA per racimolare qualcosa da mangiare. Centinaia di altri bambini come loro assediano le postazioni militari aspettando di essere sfamati.

Adolescenti appena più grandi di Najaf e Dooa si vendono ogni sera nei bar di Damasco, in Siria.

L'UNICEF assicura di non conoscere i risvolti della storia ma è difficile credere che delle ragazzine di 13 o 14 anni abbiano raggiunto un paese lontano e imparato a trattare con i clienti come donne navigate senza la supervisione di adulti con pochissimi scrupoli. Le ragazzine al di sotto dei 15 anni sono molto richieste e il mercato è molto redditizio, ma benché la rivista Time si sia occupata del problema con un reportage molto dettagliato, nessuno ha avuto voglia d'indagare. E' evidente che l'indifferenza è ancora una brutta bestia nell'Iraq occupato dagli occidentali e governato da autorità che non ritengono opportuno intervenire se i tanti minori in stato di abbandono vengono avviati alla prostituzione.

Anche il mercato "adulto" del commercio sessuale è in piena fioritura dopo l'assalto al paese. Riguarda soprattutto le vedove giovani e con bambini ancora piccoli da mantenere rimaste senza fonti di sostentamento. Ai tempi di Saddam Hussein, la prostituzione era fortemente osteggiata dal governo come "pratica lesiva della dignità femminile", ma da quando il paese è stato "liberato" la dignità è divenuta merce di scarto. Halla, giovane irachena di 23 anni, si era sposata a 15 con Walid, di cui era follemente innamorata. La prima notte di nozze l'ha trascorsa in un ascensore dove si era nascosta perché terrorizzata dall'idea di essere toccata dal marito. Poi il problema si era risolto da solo e il matrimonio di Halla e Walid aveva preso quota. Lavorando entrambi, potevano contare su una certa agiatezza e permettersi spesso una cena fuori o un'uscita con gli amici. Nel frattempo erano arrivati due maschietti e tutto sembrava procedere a meraviglia. Poi la guerra ha rovinato ogni cosa. Walid è scomparso e Halla l'ha ritrovato all'obitorio trafitto dai proiettili sparati da chissà chi.
Per ore aveva cullato tra le braccia quel corpo senza vita dal quale non riusciva a staccarsi e solo all'alba uno dei suoi fratelli era riuscito a riportarla a casa. Oggi Halla riesce a sopravvivere lavorando come prostituta ed ha il terrore che qualcuno le attacchi una malattia. Il salone di bellezza dove lavorava è saltato in aria e anche uno dei suoi fratelli non c'è più.

Ormai non c'è giorno che in Iraq non ci si svegli in mezzo alla violenza e a molte donne può capitare di perdere in un attimo le fondamenta stesse della propria vita. Nisreen, che era sposata con un commerciante di stoffe, non avrebbe mai immaginato di dover vendere il proprio corpo per sopravvivere, ma quando il marito è saltato in aria con un'esplosione non è riuscita a trovare un'alternativa. Altre donne accettano invece il "matrimonio temporaneo", un usanza nata nel 1400 e conosciuta come Mutaa. I sensali di uomini facoltosi girano nelle strade e nei mercati per proporre soprattutto alle vedove di diventare in pratica delle concubine di uomini già ammogliati.

Il ritorno della Mutaa non era previsto, ma fa capire chiaramente che le tante promesse fatte dall'attuale governo iracheno alle donne sono state disattese. L'educazione, un tempo obbligatoria per maschi e femmine, è oggi un lusso che pochi possono permettersi. E' piuttosto sorprendente che le tante entità accorse in aiuto delle donne arabe per aiutarle a liberarle dal velo non abbiano preso nota della triste realtà di tante irachene la cui vita è stata devastata dalla guerra. Varrebbe forse la pena di alzare prima il velo su tre anni di occupazione immorale e ripugnante, venduto come futuro di democrazia e pace, che s'infrange sulla vita reale di migliaia di donne e bambini iracheni.

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