di Sara Nicoli

Il 10 luglio 1976 i cittadini di Seveso si svegliarono dentro un film dell'orrore: i loro animali erano tutti morti nei cortili, gli alberi completamente spogli con le foglie a terra, alcuni dei loro figli si stavano lentamente ricoprendo di piaghe misteriose. Era successo un disastro, ma ci sarebbero volute settimane prima di capire che tutto dipendeva da una fabbrica chimica distante poche centinaia di metri dal centro abitato. Un operaio dell 'Icmesa, di proprietà della svizzera Givaudan e partecipata dal colosso farmaceutico Roche, per un errore tecnico aveva causato l'esplosione di un reattore interno e provocato la fuoriuscita nell'ambiente di una nuvola di gas a cui al momento non si dette un nome, ma era diossina. Seveso, trent'anni dopo, è ancora una ferita aperta. Ma al di là della cronaca, dei sopravvissuti e dei loro risarcimenti troppo esigui rispetto alla sciagura che li ha segnati per sempre, di un paese raso al suolo per bonificarne il terreno fino a decine di metri di profondità, quella nuvola di diossina rappresenta un momento, nella storia del lavoro in Italia, che ha fatto da spartiacque nella gestione del sindacato e delle aziende nei confronti della sicurezza sul lavoro e delle politiche ambientali. D'improvviso l'intero mondo politico e sindacale si ritrovò a fare i conti con un'idea di sviluppo che troppo spesso considerava l'ambiente solo come ricettacolo di veleni derivanti dalle attività produttive e la sicurezza e la salute dei lavoratori solo come costi negativi per la competitività delle imprese. Da Seveso, insomma, è partito un lento processo di rivisitazione delle politiche del lavoro, con la parola "ambiente" che è diventata il fulcro del dibattito politico sul cambiamento della produttività: non più, dunque, solo una parola scomoda per le imprese, ma intesa nella sua più ampia accezione di "ambiente di lavoro", "salute e sicurezza dei lavoratori", "sicurezza delle imprese e della cittadinanza limitrofa alle imprese a possibile alto impatto ambientale".Insomma, la tragedia di Seveso, in anni difficili come i '70, mise tutti nelle condizioni di fare i conti con un nuovo modello di sviluppo, non solo possibile, ma necessario.

E non furono conti facili. Il percorso cominciò in salita, con una pesante crisi petrolifera in atto e conseguenti, pesanti, ristrutturazioni industriali. Panorama di crisi dove le imprese ebbero buon gioco nel muoversi sull'onda di un ricatto, di fatto mai andato giù di moda, "o ambiente o lavoro", specie in quelle realtà del Sud dove il lavoro era - ed è ancora adesso - una risorsa rara. Ma il forte impatto emotivo che aveva colpito le persone davanti alle immagini di Seveso e dei sopravvissuti deturpati dalla diossina, determinò la crescita di una nuova sensibilità nei confronti dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro nelle persone, anche quelle meno attente alle dinamiche politiche e sindacali. Si era avviato, dunque, un processo senza ritorno e che più tardi, molto più tardi, porterà all'istituzione di un ministero dell'Ambiente e alla formazione dei primi movimenti ambientalisti anche in Italia.

Potrebbe sembrare, da questa ricostruzione degli eventi e da questa lettura delle conseguenze di una tragedia evitabile, che si consideri Seveso come un avvenimento che ha avuto l'effetto di scuotere le coscienze costringendo ad un cambiamento, prima inimmaginabile. Cinismo politico? Insensibilità nei confronti di chi, ancora oggi, porta in faccia le cicatrici della diossina? Goffo tentativo di minimizzare i costi umani, più che industriali, di un qualcosa che oggi, comunque, non potrebbe più accadere? Niente di tutto questo. Solo la considerazione che quello che accadde non accadde invano, ma contribuì a creare quella sensibilità sociale sui temi dell'ambiente che, dopo Chernobyl, hanno mosso l'Italia verso una scelta netta nel referendum antinucleare. E' vero che, nel mondo, in quel periodo si sono susseguite una serie di catastrofi, di cui ricordiamo anche quella di Bhopal (India), la strage causata dalla Union Carbine; ma sarebbe ipocrita non pensare che l'Icmesa sia stato il primo pugno nello stomaco preso dall'Italia sul fronte dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro: dopo quell'incidente nulla è stato più come prima.

Tracciare, oggi, un bilancio delle conseguenze di cambiamento determinate da Seveso sul fronte sociale non è, purtroppo, ancora possibile. Non si può ancora ragionevolmente dire di aver vinto una battaglia perchè questa è certamente ancora in corso. E anche se tragedie di quella portata difficilmente potrebbero verificarsi nel presente, le continue morti sul lavoro (le ultime, in ordine di tempo, una donna e una bambina perite nell'incendio di una fabbrica a Salerno) ci ricordano che il percorso da fare è ancora lungo e faticoso. Ma è partito tutto da Seveso, da quel "mai più un'altra Seveso" che ha portato a modificare profondamente legislazioni e politiche sindacali, ha ispirato direttive comunitarie, ha contribuito alla nascita del movimento ambientalista italiano e alle nuove politiche sindacali sul fronte della sicurezza sul lavoro. Di tutto questo prima non si parlava. No, non se ne parlava proprio.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy