di Cinzia Frassi

E' di pochi giorni fa la notizia del lancio entro la fine dell'anno di  Newspass, un sistema di raccolta centralizzata di informazione a pagamento. In sostanza, quando faremo una ricerca sul principale motore di ricerca, la s.e.r.p. ci mostrerà una serie di risultati alcuni dei quali bloccati da un filtro di accesso denominato paywall. A questo punto entra in gioco checkout, un servizio di fatturazione che consente agli utenti registrati e con carta di credito, di acquistarli facilmente con un solo click e senza lunghi passaggi. Non più quindi procedure separate che mettono in contatto diretto editori ed utenti, giornali e navigatori, ma una sola porta per le news e per il loro accesso.

Non solo: con questo sistema, Google è ad un passo dal realizzare un grande monopolio sulla transazione di contenuti e acquisti di beni e servizi on line, dato che il sistema offre all’utente le funzioni di chiave universale di accesso, la cosiddetta single on: una sola password per accedere a tutti i contenuti, a pagamento o gratuiti, a tutti i servizi, ad ogni tipo di acquisto e con diverse piattaforme, dal cellulare al iPad e tablet pc di ultima generazione. Sarà anche possibile acquistare una sola news, effettuando un micro pagamento, oppure optare per un abbonamento, e ciò sarà possibile per testi, video, immagini, libri e tutto ciò che può passare dalla rete. Ma i monopoli non hanno mai fatto bene agli “utenti”.

Con questa mossa il colosso di Mountain View dimostra di essere lungimirante e di avere sempre una strategia puntuale come asso nella manica, anticipando i cambiamenti. Da tempo, infatti, i rapporti tra Google e gli editori erano piuttosto tesi e i punti di rottura ruotavano proprio attorno alle news e alla indicizzazione delle stesse. Gli editori, con l'acqua alla gola del mare della crisi, accusavano big G di sfruttare il richiamo delle loro news per raccogliere profitti pubblicitari. In pratica gli editori sostenevano di mettere i contenuti a disposizione della rete senza guadagnarci nulla, mentre il motore di ricerca ne sfruttava l'appetibilità inserendo e guadagnando sulle inserzioni pubblicitarie senza riconoscere nulla agli editori.

Con Newspass però le chiacchiere stanno a zero e l'ascia di guerra è messa sotto terra da un accordo a monte: io pubblico e indicizzo i contenuti offrendo un sistema di pagamento ad hoc, unico e altamente fruibile dalla maggior parte degli utenti, facilitando il passaggio dalla fase news gratuite a quella, sempre più desiderata dagli editori, delle pay per news. Questa opportunità, per gli editori potrebbe essere la manna dal cielo, dato che le difficoltà attorno al pagamento on line delle notizie rendevano abbastanza lenta la crescita degli utenti a pagamento in un settore, quello delle news, sempre più ricco di utenti.

In conclusione: tutti felici. A prima vista potremmo rispondere sì. Secondo l’ultimo rapporto Ocse "The evolution of news and the Internet" dello scorso 11 giugno, il settore giornalistico globale è nel bel mezzo di una crisi profonda. Infatti, il rapporto rileva una flessione importante dei profitti della carta stampata, tendenza ormai in atto da alcuni anni: il calo verticale della raccolta pubblicitaria mette in ginocchio gli editori, anche i grandi.

Il calo sensibile di lettori della carta stampata, con la connessa raccolta pubblicitaria, ha come contrappeso l'aumento sempre costante di utenti on line, probabilmente provocato dalla gratuità dei contenuti, dalla sempre maggiore mole di news disponibili in rete, ma anche dalla varietà di contenuti sviluppati dal web 2.0.

Il futuro potrebbe vedere il definitivo superamento dell'informazione tradizionale, ma il passaggio è segnato dalla partita pubblicitaria: attualmente, nonostante la crisi che colpisce la pubblicità su carta, i profitti della pubblicità on line sono ancora molto bassi e non appettibili per gli investitori. Si rileva in sostanza una situazione paradossale, dove i contenuti vanno nella direzione del web, ma la possibilità di finanziamento offerta dalla pubblicità viaggia ancora lungo le vie tradizionali della carta stampata.

Questo scenario, e la sua evoluzione soprattutto, aprono interrogativi importanti che possono essere riassumibili in un unico quesito che il dibattito degli addetti ai lavori ha da tempo rilevato: cosa fare per garantire fonti di informazione il più possibile democratiche? Da un lato i monopoli che attanagliano l’informazione su carta stampata e tv potrebbero essere gli stessi che la faranno da padroni sul web. Dall’altro la forza diffusiva e la libertà di accesso, tipica del web, sarà sufficiente a garantire l’informazione come elemento necessario della società democratica scongiurando la sua riduzione a bene di mercato virtuale?

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