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Il Partito Social Democratico tedesco (SPD) del cancelliere federale, Olaf Scholz, ha fallito domenica in un un’altra elezione amministrativa, incassando a Berlino il peggior risultato del dopo-guerra. Nella capitale si è tenuta la ripetizione del voto del 2021, segnato da una lunga serie di irregolarità e di fatto annullato dalla Corte Costituzionale tedesca. La SPD, assieme ai Verdi e al partito della Sinistra (Die Linke), potrebbe comunque rimanere al governo della capitale, una delle tre città in Germania a cui è assegnato lo status di “Land” (stato federato). I cristiano-democratici (CDU) sono però ora di gran lunga il primo partito a Berlino e hanno già fatto sapere di volere aprire in fretta i colloqui esplorativi per individuare il possibile partner di governo nei prossimi cinque anni.

 

Sono esattamente tre i punti percentuali persi dalla SPD rispetto a due anni fa. L’arretramento fa anche in modo che questo partito finirà dietro alla CDU per la prima volta da oltre due decenni nella capitale. I cristiano-democratici, all’opposizione a livello federale, hanno guadagnato una decina di punti percentuali e partono da una posizione di forza in vista delle trattative per la formazione del governo. Con il 28,2% dei consensi, la CDU potrebbe ottenere 48 seggi su 147 nel parlamento locale di Berlino, sufficienti a governare con uno tra la SPD e i Verdi.

Lo scorso novembre, il più alto tribunale tedesco aveva ordinato la ripetizione del voto del settembre 2021. In quell’occasione si era verificata una situazione caotica, con lunghissime code fuori dai seggi e molti casi in cui le schede elettorali risultavano esaurite oppure recapitate nei distretti sbagliati. A creare confusione era stata anche la decisione di tenere ben quattro consultazioni in contemporanea, oltretutto lo stesso giorno della maratona di Berlino che aveva moltiplicato i problemi logistici. Il clamoroso annullamento del voto era stato solo il secondo caso di questo genere in Germania nel periodo post-bellico. L’unico precedente risaliva al 1991 nella “città-Land” di Amburgo, anche in quel caso per diffuse irregolarità.

Il candidato a sindaco per la CDU, Kai Wegner, ha avvertito la SPD e i Verdi ad astenersi dal riproporre l’attuale coalizione di governo visti i risultati a loro sfavorevoli. Questa ipotesi appare però come la più probabile al momento, anche se i nuovi equilibri tra i due partiti potrebbero creare qualche tensione o offrire alla CDU la possibilità di inserirsi per convincere uno dei due a lasciare l’alleanza. SPD e Verdi, secondo i risultati non ancora definitivi, sono entrambi a quota 18,4%, ma i social-democratici avrebbero 105 voti in più dei compagni di coalizione.

La pessima prestazione della SPD potrebbe spingere i Verdi a chiedere maggiori concessioni in un futuro governo della capitale, mentre un eventuale sorpasso una volta pubblicati i risultati finali implicherebbe con ogni probabilità la richiesta di assegnare la carica di sindaco alla leader verde, Bettina Jarasch, al posto della socialdemocratica uscente, Franziska Giffey. La leadership dei Verdi ha intanto già aperto ufficiosamente le trattative. Il numero uno del partito, Omid Nouripour, ha espresso alla rete pubblica ARD la preferenza per la SPD, avvertendo però che “i Verdi discuteranno con tutti i partiti democratici”.

Quest’ultimo riferimento intende escludere ovviamente il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), la cui performance nel voto di domenica è stata leggermente migliore rispetto al 2021 (dall’8% al 9,1%). L’AfD continua a capitalizzare solo in parte le frustrazioni generalizzate tra l’elettorato tedesco, sia a livello locale sia a quello federale. Come accadde proprio nel voto per il Bundestag quasi 17 mesi fa, a beneficiare del voto di “protesta” sembra essere per lo più il principale partito “mainstream” di volta in volta all’opposizione: in quel caso la SPD, domenica a Berlino la CDU.

Ci sono evidentemente questioni locali a giustificare la sconfitta dei social-democratici nella capitale tedesca. L’elevato costo della vita, una crisi degli alloggi in rapido peggioramento e il pessimo stato di trasporti e servizi pubblici sono alcune delle questioni che hanno determinato l’esito del voto, così come hanno lasciato il segno gli episodi di violenza registrati la notte di capodanno. La candidata a sindaco per i cristiano-democratici ha dato una caratterizzazione inquietante delle condizioni di Berlino, anche se indubbiamente e almeno in parte per ragioni elettorali, definendo la capitale come “una città di senza tetto e bambini poveri”.

Dal voto di domenica emergono tuttavia anche segnali chiarissimi di impazienza nei confronti del governo federale del cancelliere Scholz. Le difficoltà dell’economia e l’impennata dei livelli di inflazione si fanno sentire in tutto il paese e non ci sono dubbi che a essere sotto accusa sono le scelte del gabinetto Scholz derivanti dalla decisione di partecipare in pieno all’offensiva anti-russa ordinata dagli Stati Uniti. Le politiche auto-lesioniste del governo federale sono state inoltre oggetto di ulteriore scrutinio nei giorni precedenti le elezioni a Berlino, dopo cioè la pubblicazione dell’indagine di Seymour Hersh sulla distruzione del gasdotto Nord Stream, progettata a tavolino dall’amministrazione Biden e di fatto avallata dallo stesso cancelliere.

Il declino della SPD non è peraltro recente, ma ha seguito un andamento pressoché costante dall’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina quasi un anno fa. Nei quattro “Länder” andati al voto nel 2022, solo nel piccolo Saarland il partito di Scholz aveva fatto segnare qualche progresso. Nello stato più importante – Renania Settentrionale-Vestfalia – aveva perso quasi il 5% e 13 seggi, nella Bassa Sassonia il 3,5%, sia pure guadagnando qualche seggio, e nello Schleswig-Holstein a maggio era crollato di oltre 11 punti percentuali.

È prevedibile così che nelle prossime settimane ci sarà parecchio movimento dentro il governo federale, con il cancelliere che subirà ancora maggiori pressioni per un aggiustamento di rotta. I leader social-democratici nella capitale hanno già parlato di equilibri insostenibili dopo il voto di domenica. I Verdi, finora la forza più irriducibilmente anti-russa e filo-americana del panorama politico tedesco, sembrano anch’essi decisi a spostare il baricentro politico a proprio favore.

Come se non bastasse, un’altra grana per Scholz potrebbe arrivare dalla terza gamba del governo “semaforo”. Il partito Liberale Democratico (FDP) non ha infatti superato la soglia di sbarramento nelle elezioni nella capitale, fermandosi al 4,6%, e rimarrà perciò fuori dall’assemblea locale. Il suo leader, Christian Lindner, prendendo atto del risultato, ha annunciato l’intenzione di portare maggiormente all’attenzione del governo federale i temi più cari ai “liberali”, dal rallentamento delle politiche sul cambiamento climatico alla linea dura sull’immigrazione. Le conseguenze sui rapporti con la SPD e, soprattutto, con i Verdi sono facilmente immaginabili.

Un cambio di passo per il governo Scholz sembra essere quindi all’orizzonte. L’indebolimento della SPD, all’interno della quale restano forti resistenze nei confronti dell’escalation del conflitto con Mosca, assieme all’inquietudine del FDP e ai relativi progressi dei Verdi rischiano però di accelerare la deriva ultra-atlantista e militarista della Germania, spingendola cioè nella direzione esattamente opposta a quella che sembra chiedere la maggioranza degli elettori tedeschi.