Sembra che il filo spinato elettrificato, piazzato alle frontiere tra America
e Messico, non riesca più ad impedire il passaggio di immigrati clandestini
che tentano di entrare negli Stati Uniti per trovare sollievo alla miseria.
L'Arizona Republic si lamenta del dolore e della fatica di chi vive nelle
zone di frontiera dove, nonostante le centinaia di contractors armati fino ai
denti, capita di ritrovarsi accanto un messicano affamato. E non passa giorno
senza che tra i derelitti ci scappi il morto. Non certo per colpa delle guardie
armate, assicura James Gilchrist, presidente della Minuteman Project, che dirige
l'andirivieni dei contractors, la colpa è dei clandestini. Fortuna
che i guai stanno per finire: il Dipartimento della Difesa ha firmato un contratto
con la Halliburton per la costruzione di campi di detenzione dove finiranno
quelli che tentano di attraversare illegalmente la frontiera. Il fatto che al
vertice della Halliburton sieda il Vice Presidente Usa, Dick Cheney, non procura
nessun imbarazzo, semmai un lievitare dei costi. Sono ormai vari anni che la Halliburton è divenuta una specie di prolungamento
naturale del governo USA. Dopo l'11 Settembre, data in cui Bush ha iniziato
a riferirsi agli immigrati come "invasori da rimpatriare", nella sede
centrale di Houston erano sicuri che il compito di rimettere ordine sarebbe
stato affidato a loro. Qualcuno si chiede: non sarà paradossale quanto
ipocrita affidare un business da 395 milioni di dollari per la costruzione di
campi di concentramento destinati agli immigrati ad una multinazionale che approfitta
spesso delle loro indigenza per farli lavorare in cambio di paghe risibili?
Alcuni degli ispanici assoldati per la ricostruzione di New Orleans, anch'essa
affidata ad Halliburton, avevano camminato giorni e giorni per raggiungere i
confini ed erano privi di visto d'ingresso, ma sono stati accolti a braccia
aperte dalla multinazionale di Houston e dal suo stuolo di appaltatori decisi
a sfruttarli fino all'osso. Ma nessuno sembra averci fatto caso, trattandosi
di una pratica già sfruttata molte volte in Iraq sempre da Halliburton,
il cui presidente è oggi estasiato davanti al nuovo contratto miliardario
e quindi il problema non si pone. Un fatturato così non si vedeva da
almeno 86 anni, ha annunciato felice come una pasqua.
Per Halliburton, la guerra è sempre stata una manna, tanto che all'Hilton
di Kuwait City ricordano ancora con nostalgia il via vai dei dirigenti a 200
dollari a notte per posto letto nel 1991. Qualche anno dopo, l'Afghanistan aggiunse
altri 56 milioni di dollari ai conti della compagnia e, in tempi più
recenti, l'Iraq fece saltare di gioia il vice presidente americano Cheney, già
proprietario di Halliburton, che dal marzo del 2003 ha visto aumentare il proprio
stock azionario del 23%.
Ma è nulla in confronto a quello che renderà la speculazione sugli
immigrati, che ha già fatto incassare 395 milioni di dollari prima ancora
che venga spianato il terreno. I cittadini statunitensi si sono fatti ammansire
talmente bene dalla presunta lotta al terrorismo, che neppure se ne sono accorti;
come non immaginano neppure che i porti di New York e del New Jersey, dove passa
il 12% delle merci che vengono importate nel paese non possiedono neppure un
sistema di controllo elettronico. Tutti i fondi sono andati agli Stati che confinano
con il Messico, come Texas, Arizona, California, dove transitano i messicani
in fuga dalla miseria. Ventunomila di questi hanno subito una condanna per violazione
alle leggi sull'immigrazione. Visto che le carceri americane sono già
fin troppo affollate, l'amministrazione Bush ha avuto l'idea di costruire i
campi. Perchè l'America, dicono i capi di Halliburton, è un paese
che attrae gente di tutti i tipi e non può permettersi di essere vulnerabile,
costi quel che costi. E renda quel che renda.