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Categoria: Esteri
di Elena Ferrara

Reduce dalla tournee indiana alla testa di 400 imprenditori Prodi lancia una campagna per una maggiore presenza italiana nel continente “Cindia”. Parla di interdipendenza economica segnata dall’epoca della globalizzazione e, poi, sostiene che la vera alternativa alla quale rifarsi è quella del “multilateralismo”. Intendendo con questo termine una connotazione legalitaria nell’ambito del riconoscimento di una legittimità italiana. Quindi nessuno spazio a scelte “unilaterali”, ma sempre un’azione tesa a ricercare soluzioni “condivise”. Multilateralismo attivo, in sintesi. E Prodi ha insistito proprio su questi aspetti nei colloqui avuti in India con la dirigenza di quel paese ricordando che dopo il crollo del mondo bipolare, c’è stato anche chi si è creato l'idea di un mondo unipolare, dove i problemi si possono risolvere in un solo centro. Non è così – ha detto il premier italiano - perché sappiamo che aumentano le crisi e diminuisce la capacità di risolverle. Prende così avvio, proprio dalla terra dei “non allineati”, una fase geopolitica e geoeconomica che potrebbe riservare grosse sorprese. Tutto nasce su basi reali poste alla base di un disegno strategico volto a promuovere il “made in Italy” con un tour politico e commerciale che non ha precedenti: l’affermazione di una decisa presenza italiana in India e nel Bengala occidentale con la nascita di joint venture. E poi con nuovi accordi tra gli istituti di credito. E così la carovana italiana – guidata appunto da Prodi e dal ministro Bonino – è rientrata con un bottino di tutto rispetto. Vuol dire che la sfida italiana è stata lanciata in tutti i campi: dalla meccanica strumentale alla grande catena alimentare e della conservazione; dall'alta tecnologia alle comunicazioni; dalla produzione di energia pulita alle intese scientifiche con varie università indiane.

Da oggi, quindi, l’India è più vicina. Ma il punto nodale riguarda il concetto di multilateralismo che diviene una sorta di dispositivo, valido per tutto l’ampio mondo dell’economia italiana. Il continente “Cindia” – appunto Cina più India – trova spazio nelle linee di politica estera del governo Prodi. Con l’Italia, comunque, che non arriva in ritardo rispetto ai principali competitors europei. Basta ricordare che già negli anni ‘70 grandi aziende come Snam Progetti, Tecnimont, Lombardini e, naturalmente, la Fiat, avevano conquistato posizioni di altissimo rilievo nell'industria chimica e dei fertilizzanti, nell’agrobusiness e nei trasporti su strada. Ed ora si torna a scoprire che l’India è uno dei pochi grandi mercati dove le nostre aziende possono contestualmente approvvigionarsi di materie prime di alta qualità e a prezzi competitivi, e vendere sul mercato locale approfittando di una domanda fortemente dinamica.

Si apre un “grande gioco” che è però quello del grande mercato, sia in termini demografici (con il 17% di abitanti l’India è il secondo Paese al mondo) sia in termini di ampiezza geografica (è il settimo Paese più grande del mondo). E sul piano economico va poi rilevato che nell’ultimo decennio, l’economia indiana è cresciuta in media del 6% con previsioni di un incremento del PIL nei prossimi tre anni di oltre l’8,5%.
L’economia indiana, comunque, risente ancora dei grandi problemi legati alla congiuntura nazionale e mondiale: il suo posto nel commercio mondiale è oggi relativamente basso (0,8% sulle esportazioni mondiali) rispetto all’ampiezza demografica e geografica, mentre il massiccio programma di liberalizzazioni e di riforme economiche e politiche tese a facilitare gli investimenti e il commercio stanno consentendo uno sviluppo ad oggi secondo solo a quello della Cina.
Ed è questo che la missione politico-ecomica italiana ha “scoperto” nel raid degli ultimi giorni analizzando i dati più recenti. E cioè che l’Unione Europea, ad esempio, rappresenta il primo partner commerciale dell’India: oltre un quinto delle merci indiane esportate è diretto nei paesi europei mentre oltre un sesto verso il mercato statunitense.

Gli uomini del grande business italiano hanno scoperto anche l’esistenza di una grande dinamicità dell’economia indiana dovuta a un programma di liberalizzazioni, da semplificazioni burocratiche e di detassazioni ad un piano di sviluppo infrastrutturale (320 miliardi di dollari) annunciato dal Primo Ministro Manmohan Singh. Ecco perché l’India da questo momento sarà considerata come un mercato assolutamente prioritario anche per l’Italia. Tenendo conto che già nei primi dieci mesi del 2006 le esportazioni verso l’India sono cresciute del 25 per cento rispetto al periodo corrispondente dell’anno precedente.
Per oltre il 40 per cento le esportazioni italiane in India sono costituite da prodotti della meccanica. Seguono quelli elettronici e di precisione, con il 15%, e quelli chimici con il 12,1%. L’Italia continua a detenere quote particolarmente consistenti anche nel settore delle calzature, dell’abbigliamento e dei mobili. Le imprese italiane con partecipazioni in India sono oltre 160 con fatturato intorno ai 900 milioni di euro e si concentrano per circa il 60% nel comparto manifatturiero. Gli investimenti produttivi si concentrano, in termini di numero di addetti, nei settori macchine e apparecchi meccanici, commercio all’ingrosso, tessili, maglieria e materiali per l’edilizia, vetro e ceramica, autoveicoli.

Ci sono poi le grandi firme: la Fiat con il recente accordo con il Gruppo “Tata”; la Piaggio (che produce veicoli a tre ruote nello stabilimento di Pune, nello Stato del Maharashtra); la Carraro India con una joint-venture con la Escorts Ltd. Che produce componenti per macchine del movimento-terra. E poi: la New Holland del gruppo Fiat che opera in collaborazione con la Mahindra & Mahindra nel settore dei trattori; il gruppo Italcementi; la Pirelli; il gruppo Luxottica; la De Longhi… E poi Benetton, Gruppo Coin, Zegna, Monti, Marzotto… Attivo anche il mondo bancario: dalla Banca Nazionale del Lavoro al Banco Popolare di Verona e Novara, dall’Unicredito Italiano al San Paolo IMI, da Intesa al Monte Paschi di Siena, dalla Banca Popolare di Vicenza, alle Banche Popolari Unite sino al gruppo Generali che ha recentemente fatto il suo ingresso. Ora, comunque, comincerà la fase più complessa. Bisognerà vedere se la presenza italiana si svilupperà secondo le linee tracciate dalla missione esplorativa e se le dimensioni delle cose annunciate troveranno realizzazioni concrete. Il “multilateralismo” italiano troverà in India il campo di prova.