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Categoria: Esteri
di Giuseppe Zaccagni

MOSCA. Sembrava una “vicenda” circoscritta nel tempo. Archiviata nei meandri della storia. Materia di dibattiti per diplomatici e studiosi delle vicende della seconda guerra mondiale. Contenzioso sì, ma pur sempre caratterizzato da intese sul filo della realpolitik. Invece la questione torna ad esplodere e per Putin potrebbe essere un nuovo e duro problema da affrontare. Accade infatti che il Giappone riapre la già contestata pagina relativa a quelle quattro isole che compongono l'arcipelago meridionale delle Kurili, un tempo comprese nel Giappone e poi occupate dall’Urss nel corso della seconda guerra mondiale. Aree tutte della regione di Sachalin e sempre definite, nel linguaggio geopolitico di Tokio, come “Territori del nord”. Ma ora sembra proprio che sia arrivata la resa dei conti. Perchè il ministro degli Esteri giapponese Taro Asso - nel corso di una seduta della commissione parlamentare per gli affari esteri giapponese svoltasi a Tokio - chiede che Russia e Giappone si spartiscano in metà eguali le quattro isole che compongono l'arcipelago meridionale delle Kurili. Il nuovo confine - sostiene il capo della diplomazia - dovrebbe essere demarcato attraverso “la seconda delle quattro isole contese”, ma non specifica nomi e territori. Ma è quanto basta per allarmare Mosca e per riaprire la pagina di una vicenda che Putin avrebbe voluto tenere ancora in archivio. Tutto questo tenendo conto che proprio a causa della disputa sulle Kurili, Mosca e Tokio hanno sviluppato lunghe trattative diplomatiche a più riprese, dal 1956, senza mai raggiungere un accordo definitivo di pace. Tanto che proprio per questa ragione i due Paesi si trovano tuttora, pur se solo formalmente, in stato di guerra.

Da parte sua la Russia propone di risolvere la questione sulla base della dichiarazione nippo-sovietica del 1956, secondo la quale l'Unione Sovietica, a seguito della firma del trattato di pace, si impegnava a trasmettere al Giappone deliberatamente due delle isole contestate: esattamente quelle chiamate rispettivamente Sikotan e Habomai. Ma nello stesso tempo il Cremlino sa bene che tale soluzione non verrebbe accettata dalla maggior parte dei cittadini russi, il 73% dei quali, secondo un recente sondaggio, ritiene che le Kurili facciano parte integrante della giurisdizione territoriale della Federazione Russa. Il problema ora è quello della collocazione geopolitica di questo arcipelago del Pacifico conteso tra due paesi. Con il Cremlino che, per porre un rimedio ai tanti problemi dell’area, cerca di creare una zona franca, polo di sviluppo per l’Estremo Oriente.

LE ISOLE DELLA CONTESA. L’intera vicenda delle Kurili parte da lontano. E a parlare sono i documenti conservati negli archivi di quel ministero degli Esteri dell’Urss-Russia che ha la sua sede nella piazza Smolensk di Mosca. Qui le carte firmate da Stalin e da Gromiko sul tema del rapporto con il Giappone riempiono interi scaffali. Si vanno a rileggere così quelle pagine relative all’occupazione delle isole giapponesi avvenuta il 28 agosto 1945 dopo la firma da parte del Giappone dell’atto di resa totale e senza condizioni. E fu allora, proprio dopo aver perso le Kurili e Sakhalin meridionale, (Tokio ne era entrata in possesso nel 1905 in seguito alla sconfitta della Russia zarista) che il Giappone trovò la forza per superare e in parte dimenticare l’amputazione territoriale...

Situazione dimenticata? No, perchè nei contatti ufficiali russo-giapponesi di tanto in tanto il problema delle Kurili (piccolissime isole dell’Oceano Pacifico: Sikotan, Habomai, Etorofu-Iturup e Kunasir) è sempre tornato d’attualità. Mentre si sono levate le voci di quanti sostengono che non si possono cedere terre russe che durante l’ultima guerra hanno visto combattere e morire i soldati dell’Armata rossa...

A Mosca si fa notare che la cessione delle Kurili meridionali al Giappone susciterebbe dei pronunciamenti di massa della popolazione della regione in senso antigovernativo e rinforzerebbe le posizioni delle forze separatiste, fino a produrre la secessione delle regioni dell’Estremo Oriente creando una Repubblica dell’Estremo Oriente. Situazione a rischio, quindi, in una regione dominata alla grande isola di Sachalin, che conta oltre settecentomila abitanti (36 etnie tra russi, estoni, uzbeki, armeni, jakuti, avari, balcari, aguli, caucasici, ucraini, coreani, bielorussi, tatari, nivchi, oroki) distribuiti su una superficie di 87 mila chilometri quadrati.

E’ ora chiaro - per i politologi di Mosca - che una concezione realista dei rapporti tra economia e politica nell’intera regione presuppone anche una griglia teorica in grado di dar conto di quelli che sono i caratteri distintivi della fase più recente dell'ordine economico internazionale. In particolare vanno considerati l'emergere di un nuovo centro costituito dall'area del Pacifico (Giappone e paesi asiatici di nuova industrializzazione) e la crescente interdipendenza dell'economia americana e di quella giapponese. E Putin, proprio in questo contesto, torna ad insistere nel fatto che “prima di tutto dobbiamo difendere i nostri interessi nazionali: sviluppare i territori russi dell’Estremo Oriente”. Ma è anche vero che, malgrado il contenzioso sulle Kurili, Mosca pare disposta a privilegiare il rapporto energetico col Giappone per costruire insieme un contrappeso alla spinta della Cina nel Nord-Est asiatico.

Ora la questione generale di Sachalin fa tornare alla memoria quel dottor Cechov che visitando la regione annotò nel suo taccuino che “se a Sachalin vivessero solo coloro a cui piace, l’isola sarebbe disabitata”. Un pensiero che oggi è decisamente superato. Perché nella zona - nonostante le tragiche difficoltà ambientali e l’abbandono economico registrato per decenni - c’è un risveglio che va a favore del Giappone, della sua tecnica e della sua capacità di penetrazione socio-culturale. Con gli abitanti locali che non di rado compiono viaggi in Giappone e ricevono ospiti giapponesi. E, nello stesso tempo, balena anche l’ombra di un distacco da Mosca.

Ecco quindi che all’estremo orizzonte della Russia si delinea la questione dei “Territori del Nord”. Una nuova regione autonoma? Una nuova Repubblica? Un “Piano Marshall” giapponese per favorite spinte all’autonomia? Timori ed ondate di pessimismo cadono così su un Cremlino sempre più dominato dai dubbi, dai confronti e dai conflitti. E lo spettro che si aggira nel Paese non è più quello del “comunismo”, ma quello della ulteriore secessione. O, comunque, della perdita di nuove terre.