Stampa
Categoria principale: Articoli
Categoria: Esteri
di Raffaele Matteotti

Il padre di Bush aveva lasciato l’operazione "Restore Hope" in eredità avvelenata a Clinton, varandola un attimo prima di lasciare la carica. Gorge Walker invece ha scelto l’attacco alla Somalia come utile mossa nella “global war on terror”. Le truppe etiopi che attaccano la Somalia lo fanno per procura. Non sono altro che marionette condotte sul campo dai “consiglieri militari” americani che in gran numero si trovano in Etiopia e Kenya. Una guerra tra poveri, perché nemmeno il gigante etiope è in forma smagliante, ma una guerra che reca l’inconfondibile marchio di fabbrica degli inquilini della Casa Bianca. Jendayi Frazer è una robusta signora afroamericana che da qualche tempo ricopre il ruolo di incaricato speciale per l’Africa dell’amministrazione Bush. La Frazer è una politica navigata o, ancor meglio, una funzionaria esperta. Conosce e ha trattato con tutti i leader africani, intrattiene ottimi rapporti con molti paesi africani ed i loro autocrati, una donna difficile da impressionare; ma quando si arriva alla Somalia la signora dice: “Il Consiglio delle Corti Islamiche è ora controllato da individui di una cellula di al Qaeda, individui della cellula di al Qaeda dell’Est-Africa”. E aggiunge: “Le figure di maggior spicco delle Corti sono estremisti. Sono terroristi. Stanno uccidendo le suore, hanno ucciso dei bambini e stanno chiamando alla jihad” Oh mio dio.. avranno pensato migliaia di giornalisti quando la Frazer, qualche tempo fa, sembrava ripetere senza troppa convinzione l’accusa-standard verso gli sgraditi a Washington, condendola con questi richiami al pathos. Invece non si trattava di un vuoto ripetere accuse incredibili e, in ogni caso, venute a noia agli stessi sostenitori neoconservatori. Si trattava proprio di scatenare un altro Iraq in scala più ridotta. L’esercito etiope non è quello americano, ma le Corti non hanno niente di paragonabile ad un esercito: niente carri armati e niente aviazione; il gap tecnologico è insormontabile e quindi l’esercito etiope può fare quel che vuole.

Questa evidenza dovrebbe portare a considerare le dichiarazioni di Meles Zenawi puro cabaret. Il feroce leader etiope ha dichiarato che l’invasione della Somalia è giustificata dalla minaccia che gli islamici somali rappresenterebbero per l’Etiopia. Ha invocato il diritto di difesa. Peccato che al di là del confine, nel vicino stato sovrano che ha invaso, non esistesse alcuna forza in grado di minacciare l’integrità della nazione etiope, ancora meno in grado di attaccarla militarmente.

L’intervento etiope non è approvato dagli stessi etiopi, i quali oltre a considerare Zenawi un sanguinario, denunciano che questa guerra ha la sua unica utilità nel permettere a Zenawi maggiore libertà d’azione e distrarre così l’attenzione dalla politica interna e dalla discussione sulla legittimità del potere di Zenawi stesso; potere che si fonda su un discreto numero di massacri, campi di prigionia, arresti di massa e soprusi di ogni genere.
Quest’uomo però piace a Washington, che mentre manda alla forca Saddam Hussein, cioè l’esempio più riuscito di dittatore-cattivo-alleato degli ultimi decenni, non esita a scatenare Zenawi in questa infelice guerra di Natale.

Il governo somalo, che prima dell’intervento etiope controllava una sola città, è un governo che non ha mai governato, nemmeno un giorno solo. Fu assemblato tempo addietro riunendo tutti i signori della guerra somali e componendo sulla carta un governo che ricevette la benedizione della comunità internazionale come Governo di Transizione. Quando le Corti Islamiche (che in realtà rappresentano la grande maggioranza dei somali e non una deriva estremista) hanno cominciato a guadagnare terreno, il “governo” si è spostato dal Kenia a Baidoa, una cittadina vicina al confine etiope. Poi gli americani hanno pensato bene, per loro stessa ammissione, di armare i signori della guerra, i quali hanno scatenato la caccia all’islamico ottenendo il bel risultato di saldare l’unità popolare contro le loro operazioni. La loro sconfitta portò al governo dell’Unione delle Corti Islamiche (UIC), il controllo di Mogadiscio e grande favore popolare dopo 17 anni di vuoto amministrativo.

Quando le Corti presero il controllo di Mogadiscio e di gran parte del paese, il Governo di Transizione trattò con le Corti, ma evidentemente si trattava di prendere tempo sperando che emergessero problemi nel vero governo somalo. Intanto il governo delle Corti riapriva i porti, alcuni aeroporti e portava la pace civile nel paese. Un risultato benvenuto dai somali, che non vedevano un governo dal 1991.

Visto il fallimento di qualsiasi possibilità di controllo attraverso il Governo di Transizione, gli USA hanno dato il via libera all’Etiopia, che è finora costato 1000 morti e 3000 feriti secondo le stime più diffuse. Un massacro di Natale del quale curiosamente pochi accusano Washington, così come in pochi sono hanno accusato Zenawi di aver scatenato un bagno di sangue. Perché, comunque si concluderà e quando si concluderà la nuova guerra, il bagno di sangue ci sarà già stato e alcuni effetti che ne deriveranno sul medio e lungo periodo sono scontati, anche se non ci sarà un’escalation o un’occupazione prolungata.

L’Italia, che in Somalia ha qualche responsabilità, ha fino ad ora agito saggiamente prendendo atto della situazione sul campo, ma ora si ritrova afona, con il premier che dichiara a proposito delle violenze in Somalia: “Speriamo che vengano contenute ma le evoluzioni non sono certamente gradevoli". Tanto poco gradevoli che si riunirà il Consiglio di Sicurezza per discutere della guerra di Natale. Una discussione che non si annuncia focosa: da una parte c’è il diritto di veto degli USA, dall’altra c’è un governo che nessun paese riconosce e un paese per il quale nessuno ha interesse a spendere un dollaro. Zenawi sarà difficilmente condannato e di sicuro non riceverà alcuna pressione oltre a generiche parole scritte nel vento. Intanto gli apprendisti stregoni rischiano di trasformare l’Africa Orientale in un nuovo Medioriente. Attualmente truppe francesi combattono in Ciad e Repubblica Centrafricana, l’Etiopia ha invaso la Somalia (a sua volta sostenuta dall’Eritrea e dall’Arabia Saudita), mentre il Sudan subisce ormai da anni la pressione americana, fatta di calunnie e di “ribellioni” tanto stupide da sembrar finte.

La "Guerra Totale al Terrore" non è finita con il fiasco in Iraq. Impiccare Saddam è solo uno dei tanti episodi di sangue di una strategia che colpisce ovunque le sia possibile, secondo uno schema che prevede ben poche varianti e una sola certezza: a pagarne i costi palesi ed occulti sono sempre persone delle quali sapremo ben poco, se non che erano tra quelle migliaia presenti nell’elenco delle vittime. Chi li uccide invece lo sappiamo benissimo, ma quando succede ci voltiamo da un’altra parte e quando li incontriamo parliamo con loro d’altro.