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Categoria: Esteri
di Fabrizio Casari

A meno di una settimana dalle elezioni presidenziali in Nicaragua, che potrebbero riportare al potere l'ex presidente sandinista, Daniel Ortega, il clima politico si è ulteriormente arroventato. Gli Stati Uniti, in concorso con la destra e con il presidente uscente Enrique Bolanos, danno fondo a tutte le risorse – lecite ed illecite – per impedire la vittoria dell’alleanza “Nicaragua trionfa” guidata, appunto, dal Comandante Daniel Ortega. Oltre all’ingerenza continua dell’ambasciatore Usa a Managua, Paul Trivelli, lo sbarco di personaggi della destra statunitense nella capitale è stato pressoché costante. Ultimo della lista l’ex tenente colonnello dei marines Oliver North, coordinatore per conto dell’Amministrazione Usa guidata da Ronald Reagan della guerra sporca dei Contras, da cui nacque l’operazione della compravendita di armi con l’Iran che, insieme al traffico di crack negli Usa, era destinata proprio a finanziare l’aggressione terrorista al Nicaragua sandinista degli anni ‘80. Lo scandalo denominato ”Irangate”, trovò proprio in Oliver North il capro espiatorio. Ebbene, il discusso personaggio si è recato la scorsa settimana a Managua, ospite dei liberali di Josè Rizo e Aleman, ed ha lanciato appelli al voto contro Ortega, destinati soprattutto agli ex-contras che si sono alleati con l’ex presidente sandinista, con lo scopo di cacciare dal potere l’elite neoliberista ad altissimo tasso di corruzione che, dal 1990, ha fatto strame del piccolo paese centroamericano.

Proprio l’inedita alleanza tra sandinisti, chiesa, ex contras ed ex centristi, rischia di produrre un verdetto durissimo per la destra nicaraguense. Gli ultimi sondaggi danno “Nicaragua Trionfa”al 34,4 dei consensi, cioè vicissimi al 35 per cento che assegnerebbe la vittoria al primo turno per Ortega. Gli sfidanti, sempre secondo i sondaggi, risultano troppo deboli per insidiare seriamente la coalizione guidata dal Fsln. Vedono infatti l’Aln (Alleanza Liberale Nicaraguese) guidata dal rampollo dell’oligarchia, il banchiere Eduardo Montealegre, al 17,9 seguita dal Plc (Partito Liberale Costituzionalista), guidato da José Rizo, che arriverebbe al 17,1. Seguono, con il 9,6 gli scissionisti del Mrs (Movimento Renovador Sandinista) che, nati su posizioni di ultrasinistra, sono divenuti, nello spazio di pochi mesi, intimi amici degli Usa, i quali si aggrappano alla loro capacità di drenaggio del voto storico sandinista, elemento che potrebbe risultare determinante nell’impedire la vittoria del Fsln di Ortega al primo turno. Non ci sono molte strade per la destra: fallito il tentativo di produrre un’alleanza elettorale unitaria, ora deve solo sperare che l’esito del voto porti al ballottaggio Ortega e uno tra Rizo e Montealegre, perché solo il secondo turno potrebbe obbligare tutta la destra ad unire le forze per battere di nuovo i sandinisti. D’altro canto, per arrivare al secondo turno, c’è bisogno di un clima di tensione che possa generare paura per le conseguenze interne ed internazionali intorno all'eventuale vittoria di Ortega; da qui l’ossessiva campagna di stampa condotta dai due giornali principali (ambedue proprietà della stessa famiglia, i Chamorro della ex presidente Violeta ndr) e da tutta l’oligarchia nazionale, alla quale è arrivato il sostegno dei nicaraguesi residenti a Miami, i fuggiaschi della rivoluzione sandinista del 1979. La sintesi della campagna elettorale antisandinista é questa: soldi, calunnie, minacce, pressioni, interventi statunitensi ed europei (Norvegia in testa) che tentano di delegittimare in tutti i modi il voto del prossimo 5 novembre.

Nel suo piccolo, anche Bolanos cerca di contribuire allo sforzo della destra per sbarrare la strada al ritorno dei sandinisti alla guida del Paese e, stando alla denuncia di Roberto Rivas, magistrato responsabile del Consiglio Supremo Elettorale (Cse), ha avviato un piano per delegittimare il voto. Nel corso di una conferenza stampa Rivas ha sostenuto, premettendo di non avere prove scritte, che il ministero degli Esteri nicaraguense abbia inviato una comunicazione a tutte le ambasciate nel mondo affinché “siano pronte a denunciare brogli se dovesse profilarsi la vittoria del candidato X”.

Il presidente del Cse, che ha precisato di essere venuto a sapere dell'esistenza della misura da diplomatici amici, non ha identificato il nome del candidato in questione, ma la stampa sostiene trattarsi con tutta evidenza di Daniel Ortega.
Da parte sua, Bolanos, vistosi scoperto, non ha trovato di meglio che negare l'esistenza di tale indicazione salvo poi, senza tema di ridicolo, sostenere che se Rivas ha avuto accesso a e-mail inviate dal ministero degli Esteri ha commesso un atto di spionaggio. Gli sfugge che il reato che Rivas denuncia attiene proprio alla violazione del regolamento elettorale, del quale proprio il Cse è responsabile. Ma Bolanos, ex presidente della Confindustria locale (Cosep), vice presidente con Aleman e poi Presidente discusso in ordine proprio al rispetto della legalità costituzionale, viste le propensioni golpiste (regolarmente stroncate dall’esercito) non ha una grande dimestichezza con la legalità istituzionale.

Come già negli anni scorsi, quando tentava di azzerare il potere sovrano del Parlamento, oggi Bolanos tenta di annullare anche quello della magistratura controllante la regolarità del processo elettorale. E di fronte ad una possibile vittoria di Ortega, non esita a dare il via libera ad ogni tipo di operazioni, soprattutto quelle proibite. Non a caso, la tensione politica è alle stelle,
anche per le insistenti voci secondo cui il 5 novembre potrebbe verificarsi un black-out dell'energia elettrica, magari proprio se l’esito immediato delle urne dovesse far profilare una netta affermazione del candidato sandinista.

A tentare di inquinare ulteriormente il voto, il Dipartimento di Stato Usa ha diramato un comunicato nel quale “s’informano i cittadini statunitensi che in vista delle elezioni in Nicaragua, sono possibili manifestazioni ed atti di violenza sporadici nelle principali città del paese”. “Il quando, il dove e l'intensita' delle proteste - conclude il documento diramato da Washington all’inizio della scorsa settimana - non sono prevedibili”.
Il tentativo, grossolano quanto pericoloso, è quello di creare un clima di guerra che possa alterare la tranquillità delle operazioni di voto, in modo di poter invalidare – con la scusa di incidenti – la regolarità del responso delle urne, nel caso sia favorevole – come tutti i sondaggi prevedono - all’alleanza elettorale guidata dai sandinisti.

La risposta nicaraguese non si è fatta attendere ed è arrivata per bocca sia del generale Omar Halleslevens, Comandante in Capo dell’Esercito del Nicaragua, che del Capo della Polizia Nazionale, Aminta Granera. In una conferenza stampa congiunta, i due massimi dirigenti militari del Paese hanno confermato che, nonostante le affermazioni di Washington su possibili scenari di violenza nelle ore del voto, non ci sarà nessun dispiegamento militare nelle strade. Né carri armati, né soldati armati fino ai denti, utili solo a seminare paura tra la popolazione. Al contrario, i due dirigenti hanno fornito ampie rassicurazioni sulle procedure per la sicurezza del voto che, congiuntamente, esercito e polizia forniranno in appoggio al Consiglio Supremo Elettorale. A sottolineare la presa di posizione castrense e per evitare eventuali speculazioni politiche, la conferenza stampa si è svolta nella sede dello Stato Maggiore dell’esercito, alla presenza di tutto lo Stato Maggiore e del Consiglio nazionale della Polizia di Stato. Tanto Halleslevens come Granera, hanno rivolto un appello alle forze politiche affinché siano rispettosi della tranquillità con la quale fino ad ora si è sviluppato il processo elettorale, per garantire il regolare svolgimento del voto definito “una festa civica”.
Che la destra vede invece come una possibile tragedia.