Stampa
Categoria principale: Articoli
Categoria: Esteri
di Giorgio Ghiglione e Matteo Cavallaro

Si fa un gran parlare, in questi giorni, dei possibili interventi che il neoministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa ha deciso di attuare per risanare una finanza pubblica giudicata da più parti allo sbando; nonché di un paese che, a detta degli economisti, rischia di subire una crisi simile a quella argentina.
Si parla di tagli alla spesa pubblica sui quattro grandi comparti - sistema pensionistico, servizio sanitario, amministrazioni pubbliche, finanza degli enti decentrati - che ne rappresentano circa l'80 per cento. La "scure" del ministro colpisce anche i privilegi dei ministeri, in un'opera di risanamento che pare muoversi a 360 gradi.
Anche il settore bellico non è esente da tagli. Il ritiro dall'Iraq permette infatti un risparmio di quasi cento milioni di euro solo nel prossimo semestre, che salgono a duecento una volta terminato il rischieramento. Nonostante ciò però, i costi per le truppe all'estero rimangono altissimi, il decreto-legge di rifinanziamento prevede infatti per il prossimo semestre una spesa pari a 488.039.565 euro. Facciamo un piccolo esempio: i tagli della manovra-bis di Tremonti nel 2005 erano pari a 1,1 miliardi di euro. Il decreto legge n.224 e il suo predecessore, insieme costano ai contribuenti poco più di un miliardo di euro. In sostanza, se non fossimo andati in Iraq e in Afghanistan, non ci sarebbe stato bisogno di fare in un anno una seconda manovra finanziaria. Un secondo esempio: costruire le nuove stazioni alta velocità di Roma e Napoli, compresi i nodi ferroviari, costa come le nostre spese militari all'estero.
Escludendo l'Iraq, da cui ormai siamo in dirittura di uscita, fra le missioni in corso la più costosa è quella in Afghanistan, che va sotto il nome di ISAF. A questa vanno aggiunte due missioni sorelle operanti per i medesimi fini nel medesimo quadro strategico: Enduring Freedom e Active Endeavour. Il "disturbo" è di 328.509.518 euro per il solo 2006, mentre dal 2002 raggiungiamo la bella cifra di un miliardo e trecentoventisei milioni di euro, a cui vanno ulteriormente aggiunti 71 miliardi di vecchie lire per il primo gruppo navale presente sul luogo nel lontano 2001.

Tra le voci degne di nota ci pare d'obbligo segnalare i 15 uomini d'oro schierati a Tampa, per la modica cifra di quasi due milioni di euro al semestre. Oltre duecentomila euro all'anno a testa.
Il problema è che Tampa non si trova in Afghanistan, ma in Florida, dove si trova la sede di Enduring Freedom. Nella sua lotta agli sprechi, il governo Prodi ha deciso di raddoppiare i fondi per questa delicatissima missione.
Come già evidenziato dall'Espresso in un articolo sui costi di Nassiryah, questi decreti servono anche a finanziare le attività dei nostri servizi segreti. Il tutto viene segnato sotto la voce apparentemente innocua di "attività di informazione e sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (P.C.M.)". Cosa esattamente facciano non è dato saperlo, forse Renato Farina potrebbe fornire maggiori informazioni…

Quello che è noto è che le nostre "barbe finte" sono costate ai contribuenti la bellezza di sette milioni di euro soltanto nell'ultimo semestre. Non è poco se si considera che le spese per la ricostruzione sostenute dal nostro governo sono di poco superiori ai cinque milioni di euro. Dal Novembre 2001, data di inizio della missione.
Esiste poi in ambito di intelligence, oltre agli agenti del SISMI, un'altra figura: il consigliere diplomatico del comandante italiano di ISAF. Personaggio dal ruolo non ben definito, essendo il governo afgano, de facto, una dependance NATO. Sotto il governo Berlusconi, la spesa riferita a tale ruolo era vicina ai 50 mila euro al semestre. Con l'ultimo decreto, l'Unione ha deciso di portarla a 100 mila euro al semestre.


Scorrendo i bilanci si scopre poi che paghiamo circa due milioni di euro ogni anno per tenere sotto controllo il bacino mediterraneo, nell'ambito della missione Active Endeavour. Si tratta di una missione "relitto", giacché il suo scopo era quello di fornire copertura aerea agli americani durante la prima fase del conflitto afgano. Allo stato attuale il compito di Active Endeavour viene svolto dalla base aerea USA di Abu Dhabi, rendendo perfettamente inutile l'impiego delle navi italiane.
Sorge il sospetto che i nostri governanti se ne siano dimenticati.

Capitolo a parte meritano gli interventi CIMIC, acronimo che sta per "cooperazione civile-militare".
Sono i cugini buoni dei normali militari, intervengono quando le operazioni di guerra sono finite ed è tempo di riedificare il paese. Fedeli alla regola d'oro dei tempi moderni per la quale il vero business non è la guerra ma la ricostruzione, il gruppo CIMIC ha eseguito una serie di interventi a sostegno della popolazione.
Affianco ad iniziative lodevoli, come la costruzione di pozzi d'acqua in villaggi privi di rete idrica, troviamo attività più discutibili. Ad esempio il "derby della mole", partita amichevole di calcio tra under-14 afgani, giocata nel Novembre 2004. Non c'è data sapere la spesa affrontata dal nostro governo, ma in un paese ancora oggi dilaniato dalla guerra civile c'è da chiedersi che senso abbia.
Nonostante il battage pubblicitario che circonda le attività di ricostruzione italiane il bilancio delle operazioni non belliche è di quasi nove milioni di euro, pari appena allo 0,66% delle spese sostenute per le tre missioni militari.
Il dato è particolarmente interessante se si pensa a come viene venduta la missione. Le truppe, che dovrebbero essere di "pace" e impegnate nella ricostruzione, spendono pochissimo per aiuti concreti alla popolazione civile. Non solo: i nostri militari sono sottoposti al codice penale militare di guerra e le loro regole d'ingaggio sono, dal 4 Maggio scorso, passate da "Peacekeeping" a "Combat". Quella che doveva essere la prima tappa per la vittoriosa guerra al terrorismo si sta rivelando un costoso pantano, tremendamente simile a quello in cui rimasero invischiati i sovietici.