Non c'era tempo per parlare di Cecenia, al G8 di San Pietroburgo. I leader degli
otto Paesi più industrializzati del mondo avevano in agenda ben altro,
argomenti ben diversi e distanti dal genocidio che avviene nella regione del
Caucaso. Esattamente quel che desiderava Putin, che sostiene apertamente una
linea politica secondo la quale la questione cecena è un problema interno
della Russia. Per il leader del Cremlino era più importante parlare di
gas naturale e dell'affermazione di Gazprom tra le 5 aziende con maggiore
fatturato del mondo intero. Gli otto hanno approvato un documento tanto lungo
quanto ambizioso sulla sicurezza energetica, ma sono apparsi pericolosamente
divisi sull'uso del nucleare civile e sull'ambiente. Le differenti posizioni
sulla sicurezza energetica vengono ammesse esplicitamente nella dichiarazione
approvata nella seconda giornata del vertice di San Pietroburgo: "Riconosciamo
che i membri del G8 perseguono strade diverse per raggiungere la sicurezza energetica
e gli obiettivi di protezione ambientale", sono le poche righe nella sezione
dedicata all'energia nucleare, "Quelli fra noi che stanno considerando
piani all'utilizzo o allo sviluppo dell'energia nucleare, sono convinti che
tale sviluppo contribuirà alla sicurezza energetica globale, riducendo
allo stesso tempo l'inquinamento e rispondendo così alla sfida del mutamento
del clima". A parte ogni considerazione di tipo scientifico e tecnologico che si potrebbe
fare su quest'ultima affermazione, che è e resta di tipo ideologico,
questo "riconoscimento" di strade diverse è causato dal "no"
di Italia e Germania sul nucleare. Ricordiamo infatti che sabato, al suo arrivo
a San Pietroburgo, Romano Prodi ha confermato che il nostro Paese non intende
ripensare all'opzione nucleare, nonostante i suoi tanti sostenitori anche in
seno alla penisola.
Oltre il nucleare, anche il gas è stato elemento fondamentale del summit,
con la Russia unico esportatore netto di metano e tutti gli altri sette importatori
netti. Un summit quindi asimmetrico dal punto di vista energetico, con Paesi
industrializzati che devono cercare continuamente nuove fonti per l'approviggionamento
energetico, ed una che invece ne ha da vendere.
A tale proposito, il ministro per l'Energia Viktor Khrishenko conferma che "Russia
e Unione Europea non hanno superato le divergenze reciproche sui protocolli
di transito", dunque Mosca non firma ancora la Carta sull'energia, pur
condividendone i principi. Tuttavia, la sottoscrizione anche da parte di Mosca
dell'impegno a "sostenere gli sforzi per migliorare la cooperazione in
campo energetico", fa pensare a una possibile, futura apertura del ricco
mercato energetico russo agli investimenti esteri. Cosa che gli altri membri
del G8, USA in testa e Italia compresa, attendono quasi con ansia. Ovviamente
la Russia temporeggia, cercando di aprire il proprio mercato solo in cambio
di una contropartita conveniente, quale potrebbe essere la distribuzione del
gas in Paesi terzi.
Sul fronte ambientale, non si è registrata alcuna apertura americana
nei confronti del protocollo di Kyoto, come c'era da aspettarsi. Gli USA sanno
di non essere in grado di contenere le proprie emissioni atmosferiche entro
i limiti fissati dal protocollo, pertanto non vi aderiscono. Posizione almeno
coerente, rispetto agli altri Paesi del G8, Italia in testa, che invece hanno
aderito sapendo bene di non essere in grado di rispettarlo.
Gli altri due documenti approvati dai capi di Stato e di governo di Stati Uniti,
Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada e Russia riguardano
la lotta alle malattie endemiche e la sfida globale dell'educazione scolastica.
Due le novità che riguardano l'Italia. La prima, che rende palese l'intenzione
di trasformare il nostro Paese in fornitore di polizia internazionale al servizio
del mondo occidentale, prevede la creazione, a Vicenza, di un centro di eccellenza
per la formazione di unità di "peacekeeping", con l'obiettivo
di formare entro il 2010 75.000 militari in tutto il mondo, specialmente in
Africa. La seconda, in chiave di indottrinamento ideologico, è che l'Italia
organizzerà un forum mondiale su educazione e ricerca, per individuare
le linee di sviluppo di un "sistema educativo efficace nelle società
avanzate".
Poche parole sulla crisi mediterranea che coinvolge Israele e Libano, parole
peraltro ovvie quanto generiche, poi il silenzio, inframmezzato ancora una volta
a slogan banali e di principio da parte dei capi di Stato in conferenza stampa.
D'altronde, non c'era da aspettarsi nulla di diverso, da un summit che storicamente
è una passerella mediatica per i leaders mondiali e le loro first
lady: le decisioni, quelle vere, quelle "che contano", quelle
che possono instradare il futuro, vengono prese in altri luoghi, in silenzio,
senza occhi puntati da parte di stampa e opinione pubblica.
Intanto, nel mondo ci sono 24 conflitti aperti, ed un numero difficilmente calcolabile
di zone di tensione. Al G8 si brinda a champagne.