Dopo mesi di continua tensione ed escalation militare nei Territori Occupati,
culminata un mese fa con la rioccupazione della Striscia di Gaza, questa settimana
la guerra in Medioriente è deflagrata in maniera inaspettata nel Libano
meridionale: Israele sta bombardando da giorni le infrastrutture civili libanesi
e i quartieri Sud di Beirut. La flotta israeliana, che staziona a poche miglia
al largo dei porti libanesi, blocca l'accesso al paese via mare, mentre gli
F16 israeliani distruggono aeroporti, ponti e autostrade. Il Libano è
completamente isolato, non è possibile entrare né uscire dal Paese
e circa trecento italiani residenti a Beirut venerdì hanno attraversato
il confine con la Siria poco prima che questo venisse bombardato dai caccia
israeliani. La guerra in Libano è stata la reazione israeliana all'azione militare
degli Hezbollah, al confine tra Libano e Israele, in cui un commando
della guerriglia ha sconfinato in Israele catturando due soldati israeliani.
In realtà, sembra improbabile che il piano di attacco al Libano sia stato
improvvisato: il governo di Gerusalemme lo ha preparato nei dettagli, aspettando
il pretesto per giustificarlo agli occhi dell'amministrazione Bush. Così
come è chiaro che la rioccupazione di Gaza e l'arresto dei ministri del
governo Hamas erano in programma da tempo, in attesa dell'occasione per
far partire la macchina della propaganda israeliana, fornita in questo caso
dal rapimento del soldato israeliano a Gaza da parte dell'ala militare di Hamas.
In poche settimane, dunque, Israele ha scatenato una guerra su due fronti opposti.
Molte sono le analogie tra i due attacchi, anche se la differenza strategica
è sostanziale.
Gaza e Libano: due guerre diverse
Su entrambi i fronti, la guerra è scaturita da gravissimi errori tattici dei soldati israeliani sul campo. Il rapimento del soldato israeliano a Kerem Shalom, nei pressi di Gaza, ha avuto luogo durante un attacco di un commando palestinese, penetrato in Israele attraverso uno dei tanti tunnel scavati sotto il confine. L'esercito israeliano in questa occasione è stato colto completamente di sorpresa e, nonostante la schiacciante superiorità di uomini e mezzi, ha subito una pesante debacle. Allo stesso modo, l'azione della guerriglia Hezbollah al confine con il Libano è stata resa possibile dalla completa incompetenza degli ufficiali di pattuglia lungo la recinzione di confine, nonostante Hezbollah avessero da mesi annunciato l'intenzione di catturare soldati di Tel Aviv per attuare uno scambio di prigionieri. Questi due episodi hanno suscitato scalpore e critiche sulla stampa israeliana. Alcuni commentatori hanno fatto notare come, a causa dell'occupazione militare dei territori, i giovani soldati vengano ormai addestrati da anni a reprimere l'Intifada palestinese e ad umiliare i palestinesi ai check point, ma si scoprano del tutto impreparati ad affrontare azioni di guerra. Entrambi gli episodi a Gaza e al confine con il Libano hanno dato modo ad Olmert e Peretz di mettere in atto quelle azioni militari che stavano preparando da tempo. I bombardamenti a Gaza e la sua effettiva rioccupazione, che hanno causato ormai decine e decine di vittime civili, soprattutto donne e bambini, sono stati intrapresi con lo scopo dichiarato di liberare il soldato rapito e di fermare il lancio dei razzi Qassam verso Israele. Ad un mese di distanza, com'era ovvio, nessuno dei due obiettivi è stato raggiunto e appare ormai chiaro il vero obiettivo dell'attacco: la resa dei conti con il governo di Hamas, che Olmert ha deciso di decapitare manu militari. Tuttavia, negli ultimi giorni, il riposizionamento dell'esercito israeliano al confine settentrionale sta in parte alleviando la morsa dell'occupazione su Gaza: le truppe di occupazione si stanno ritirando dal centro della Striscia, anche se gli attacchi aerei continuano a colpire gli uffici dei ministeri dell'ANP, massacrando collateralmente intere famiglie palestinesi.
La decisione di portare la guerra in Libano rappresenta però una svolta
di lungo periodo nella politica israeliana. Nonostante i continui episodi di
conflitto a bassa intensità avvenuti dal ritiro unilaterale dal Libano
nel 2002, Ehud Barak e Ariel Sharon avevano sempre deciso di non ingaggiare
una guerra totale con gli Hezbollah, che avrebbe riportato la situazione
indietro di
vent'anni, ma di assecondare il progetto americano di instaurare un governo
libanese filoccidentale. Il nuovo governo Olmert-Peretz, il primo governo privo
di ex-generali, è al contrario alla disperata ricerca di un'immagine
intransigente e inflessibile e ha dato quindi il via libera all'esercito, i
cui scalpitanti generali ormai dettano l'agenda della politica israeliana. L'altro
aspetto della guerra libanese è il profilo strategico a lungo termine
dell'attacco, laddove invece la rioccupazione di Gaza è una mossa tattica
decisa dopo le elezioni palestinesi di Gennaio. La guerriglia sciita Hezbollah,
a differenza di quella dei sunniti di Hamas, è bene organizzata:
dispone di ingenti finanziamenti da parte della Siria e dell'Iran, fa parte
del governo libanese e controlla di fatto il sud del Libano.
A quanto pare, la leadership israeliana ha deciso di risolvere definitivamente
il problema Hezbollah. Peretz ha infatti dichiarato che la guerra in
Libano "sarà lunga e non avrà termine finché le milizie
Hezbollah (che ora controllano il confine tra Israele e Libano), non
verranno disarmate, come richiesto dalla risoluzione 1599 dell'Onu." Ha
inoltre reso noto, durante una inquietante intervista, che l'aviazione israeliana
colpirà anche obiettivi civili, ovunque i civili facciano intenzionalmente
da scudo ai depositi di armi degli Hezbollah, ponendo così fine
al rammarico ufficiale del governo per le vittime civili causate a centinaia
dai bombardamenti israeliani nell'ultimo mese.
La guerra contro la Siria e l'Iran
Appare chiara ormai la reale portata strategica della guerra in Libano. Tra
le varie opzioni sul tavolo, Israele ha optato per il confronto militare indiretto
con la Siria e l'Iran sul suolo libanese. Nonostante il lancio continuo di razzi
Katyusha sulle città israeliane del nord (per la prima volta anche Haifa
e Tiberiade sono state colpite), la minaccia degli Hezbollah è
infatti notevolmente inferiore a quella rappresentata dalla guerra aperta contro
la Siria sulle alture del Golan. D'altra parte, nella situazione attuale una
guerra contro Siria e Iran non sarebbe sostenibile dagli Stati Uniti, che lasciano
a Israele il compito di ridisegnare le influenze regionali. Le milizie Hezbollah
ricevono ordini direttamente da Teheran e appoggio logistico dalla Siria. Dopo
il recente ritiro della Siria dal Libano, il ruolo degli Hezbollah nel
sud del paese ne è uscito indebolito e Israele sta attaccando massicciamente
nella speranza di annientare la milizia filoiraniana (e il suo appoggio popolare
nel paese). In questo caso, l'influenza della Siria nella regione verrebbe definitivamente
ridimensionata, mentre l'Iran perderebbe quella proiezione militare verso Israele
rappresentata dagli Hezbollah.
A conferma di questo scenario, pare che Olmert, in via ufficiosa, abbia dato
a Damasco un ultimatum di tre giorni per persuadere gli Hezbollah a bloccare
gli attacchi con i Katyusha.
All'interno dello scacchiere mediorientale, i paesi arabi in questo momento
sono estremamente divisi e non riescono a raggiungere una posizione univoca
di condanna di Israele. Da una parte infatti sono fortissime le pressioni americane
sui regimi amici, quali l'Arabia Saudita e il Kuwait. Dall'altra parte, un eventuale
rafforzamento della Siria creerebbe uno scenario favorevole ad un eventuale
attacco statunitense all'Iran, precipitando l'intera regione nel caos, situazione
che danneggerebbe assai Giordania ed Egitto. Durante la riunione d'emergenza
della Lega Araba, nonostante la richiesta unanime di un intervento dell'ONU
contro Israele, si è assistito infatti ad
uno scontro sulla legittimità dell'azione della guerriglia Hezbollah,
appoggiata solamente da Siria e Iran.
Per il momento, l'unico risultato dell'attacco israeliano in Libano è stato di precipitare il paese indietro ai tempi della guerra dell'82, così come l'occupazione di Gaza ha ripiombato la prigione palestinese indietro di molti anni. I pesanti bombardamenti israeliani hanno distrutto le infrastrutture civili e Beirut stessa, faticosamente ricostruita negli ultimi anni e ritornata meta turistica per i paesi arabi, è stata pesantemente colpita, mentre la popolazione in fuga verso la Siria viene colpita accidentalmente sulle autostrade dai caccia israeliani. Il premier libanese, in un appello televisivo, ha chiesto un immediato cessato il fuoco e ha pregato Bush di fermare Gerusalemme. La collera israeliana tuttavia non sembra destinata a placarsi. Le due azioni di guerra a Gaza e in Libano hanno raffreddato le relazioni tra Israele e Unione Europea, i cui ministri hanno condannato l'uso eccessivo della forza da parte di Gerusalemme e chiesto il cessate il fuoco su tutti i fronti. Tuttavia, finché Israele disporrà del veto americano incondizionato al Consiglio di Sicurezza, sembra difficile che la comunità internazionale possa uscire dalla paralisi impotente in cui si trova dall'invasione di Gaza. Al momento, dunque, il governo israeliano ha mano libera per risolvere gli attriti con Hamas, Siria e Iran come meglio credono i generali dell'IDF, secondo i quali la guerra sarà "lunga e difficile."