Il quattro luglio, in perfetta sincronia con la festa d'indipendenza degli USA,
e forse non per coincidenza, la Corea del Nord, l'ennesimo degli "stati
canaglia" secondo il governo Bush, si è dedicata ad una serie di
test missilistici.
I primi due lanci di vettori, a breve gittata, hanno terminato il loro volo
in mare; uno in prossimità di un'isola dell'arcipelago giapponese e l'altro
al largo delle coste russe.
Pochi minuti dopo, il lancio di un terzo missile, che secondo i satelliti spia
del Pentagono sarebbe un Taepodong 2, che è il vettore di punta
coreano, un missile a lunga gittata guardato con preoccupazione dalla comunità
internazionale. Preoccupazione che nasce dalle caratteristiche del missile dichiarate
dai suoi progettisti: una gittata intercontinentale, di circa 4000 Km, in grado
di attraversare il Pacifico, fino alla California o alla costa canadese, e di
trasportare una testata nucleare.
Il lancio è però decisamente fallito: il Taepodong 2 è
caduto in mare dopo appena 50 secondi dal lancio.
Sono seguiti lanci di altri tre missili a breve gittata. Tutti volutamente in
mare. Il presidente Bush ha immediatamente reagito all'esperimento nordcoreano definendolo
"una provocazione". Ha reagito anche l'ONU, con la convocazione immediata
del Consiglio di Sicurezza. La comunità internazionale si affretta a
condannare l'esperimento del governo di Pyongyang e qualcuno già propone
delle sanzioni; in particolare il governo giapponese, che più di tutti
si sente minacciato, per ovvi motivi di vicinanza geografica e di storico fronteggiarsi
in quel settore del Pacifico. Il Capo della segreteria del governo, Shinzo Abe,
ha presieduto una riunione dei ministri interessati, convocata frettolosamente
alle sette del mattino.
A dire il vero, qualche esperimento missilistico coreano era nell'aria già da tempo, per cui l'evento non coglie di sorpresa nessuno: da circa un mese, avvertiti dai servizi informativi satellitari, i vertici militari statunitensi erano in allerta. Stessa cosa vale per i giapponesi, tant'è vero che un cacciatorpediniere lanciamissili nipponico era stato stabilmente dislocato, fin dai primi di maggio, nella zona di mare che separa il paese del Sol levante dalla penisola coreana. La nave da guerra giapponese ha seguito le traiettorie di tutti i razzi: si sono invariabilmente concluse al largo delle coste russe, a circa 600 chilometri a nordest dell'isola giapponese di Hokkaido.
Mentre la Russia tace, dal punto di vista nipponico - ma anche da quello della Corea del Sud - si tratta di un insuccesso diplomatico: dopo anni di sforzi nel dialogo e nella distensione con la Corea del Nord, l'esercito di Pyongyang torna a mostrare i muscoli. Il premier giapponese Junichiro Koizumi non parla ancora di crisi, ma di certo vede crollare il senso della sua dichiarazione del 2002, quando aveva rivelato di aver ricevuto rassicurazioni circa una moratoria missilistica da Kim Jong Il, presidente nordcoreano. Moratoria che non solo non si è vista, ma che anzi è stata smentita proprio dagli esperimenti del 4 luglio.
Un insuccesso anche per i coreani, visto che l'esperimento con i sei missili appare, da un punto di vista puramente tecnologico, un fallimento. Probabilmente però non era il successo tecnico quello che cercavano i generali nordcoreani, quanto piuttosto il rendere pubblico, e non per via diplomatica, i "lavori in corso" nel settore missilistico: qualcosa di più simile ad un tentativo di intimidazione, piuttosto che ad una prova di forza.
Anche per la Cina c'è un certo imbarazzo, visto che il governo di Pechino è il più tradizionale e potente alleato dei nordcoreani. Per loro sarà difficile porre veti o non dare il nullaosta ad eventuali sanzioni che potrebbero essere decise dalle Nazioni Unite. Nei mesi scorsi, sia il governo di Pechino sia quello di Seoul, avevano fatto di tutto per trovare soluzioni diplomatiche alla crisi nordcoreana, che avviene sulla sua soglia di casa loro, senza però ottenere risultati visibili.
Intanto, il Giappone insiste sul sanzionare a livello internazionale l'avversario
e nessun esponente politico nasconde la preoccupazione per un'eventuale spostamento
sul piano militare della crisi in corso.
Crisi che investe anche l'altra Corea, quella meridionale: secondo quanto riferisce
l'agenzia di stampa Yonap citando una fonte militare, dopo il lancio
dei missili nordcoreani, l'esercito della Corea del Sud ha elevato il suo livello
di allarme, particolarmente nella zona di confine.
Ad oltre 50 anni dalla tregua intervenuta nel conflitto tra le due Coree, tra
il 1950 e il 1953, questo fronte torna ad essere pericolosamente caldo. In Corea
del Sud sono presenti circa 30.000 soldati statunitensi, nell'ambito di un trattato
di mutua assistenza.
Difficile sapere, infine, cosa succeda realmente in Corea del Nord, a causa dell'estrema chiusura del Paese nei confronti del resto del mondo. La stampa nordcoreana non ha dato alcuna notizia dei lanci e, secondo i pochi reporter giapponesi presenti a Pyongyang, la radio di Stato ha letto solo un bollettino in cui si menzionava la visita del leader Kim Jong Il ad una fabbrica di pneumatici.