L’autorizzazione di Biden all’utilizzo dei missili statunitensi a medio raggio, capaci di colpire il territorio della federazione russa, è apparsa come un tentativo di ipotecare pesantemente l’iniziativa politica della nuova amministrazione Trump attraverso l’innalzamento a livello globale della guerra tra Russia e Ucraina. L’escalation pone l’Ucraina di fronte ad uno scenario militare inevitabilmente più duro di quanto già non lo fosse, perché è ovvio che i russi, di fronte ad altri attacchi con ATACMS statunitensi o Storm Shadow inglesi, reagiranno. Nel caso poi i missili USA dovessero colpire la popolazione civile, c’è da attendersi che stessa sorte toccherà all’Ucraina e potrebbe coinvolgere persino gli stessi paesi NATO. Dunque, i riflessi possibili di un ordine impartito da un ormai ex presidente, vista l’indisponibilità russa a rinunciare alla propria sicurezza, rischiano di estendersi a livello globale.
La decisione di Biden, preoccupato anche per quanto potrà accadere a suo figlio Hunter quando Trump chiederà a Kiev la documentazione sui suoi affari sporchi con il regime nazi guidato da Poroshenko prima e Zelensky poi, per qualche giorno ha solleticato i soliti esperti militari nelle diverse redazioni dei media mainstream, ai quali non sembrava vero di riproporre a reti unificate la tesi della immaginifica controffensiva ucraniana.
Gli entusiasmi atlantisti sono stati però di breve durata. A rompere la litania delle analisi a senso unico circa la svolta decisiva che avrebbe rappresentato per il conflitto, è stato sufficiente il lancio di un missile ipersonico russo, chiamato Oreshnik, che ha spiegato a ucraini, NATO e all’intero mondo come, obtorto collo, la strategia militare del Cremlino abbia dovuto subire alcune necessarie modificazioni per garantire la sicurezza nazionale russa e l’integrità territoriale dell’intera Federazione.
L’entrata in scena di questo nuovo missile a medio raggio russo è destinata ad incidere in profondità sullo scenario militare - e dunque anche politico - del conflitto. Per questo ci sono alcune considerazioni tecniche su cui soffermarsi. L’Oreshnik, erede del missile balistico intercontinentale Rs-26 Rubezh, rappresenta una evoluzione dei già temibilissimi Iskander e Kh-101. Ha una gittata tra i 2500 e 5000 km e volando può modificare altitudine e longitudine. Può portare ogive convenzionali e nucleari e vola ad una velocità di Mach 10, cioè 12 mila km/h, ovvero 2,5-3 chilometri al secondo e ciò inibisca qualunque possibile reazione difensiva. Nemmeno i più moderni e sofisticati sistemi di difesa aerea e dei sistemi di difesa missilistica disponibili nel mondo sono in grado di intercettarli, tranne forse il S-550 russo.
La sua pericolosità si deve al fatto che può lanciare contemporaneamente più testate nucleari, che si aprono ad ombrello nell’ultima fase prima della caduta sull’obiettivo. Per usare le parole di Konstantín Sivkov, vicepresidente dell’Accademia Russa de Scienze di Missili e Artigliería, “questi missili sono il nostro messaggio militare e politico ai paesi che non ci sono amici”.
Non a caso Kiev, a cui pure sono stati consegnati missili Patriots, intercettori francesi e britannici, ha avvertito che non è in grado di intercettare gli Oreshnick. Il fatto che le batterie antimissilistiche siano gestite da personale NATO in Ucraina e in Polonia dimostra però che non si tratta di un limite militare dell’esercito ucraino, bensì di una impossibilità strutturale per la NATO di fermarli.
A conferma dell’importanza tattica del vettore, gli studi di progettazione sono stati classificati top secret e, fino ad oggi, la loro stessa esistenza non era stata comunicata al sistema dei media e nemmeno ai partners di Mosca. Dunque non sarà questione semplice e ancor meno rapida, trovare sistemi antagonisti che ne annullino o, almeno, ne riducano l’efficacia.
Mosca aveva annunciato di avere posto fine al programma del suo sviluppo nel 2018, ma quando gli USA decisero unilateralmente di lasciare al loro destino gli europei stracciando l’accordo sui missili a medio raggio in Europa, la Russia riprese il progetto con la chiara intenzione di prepararsi ad attacchi NATO con missili di gittata continentale. In questo senso il messaggio di Mosca è rivolto non solo a Biden ma anche a Trump, che fu il presidente che ritirò gli USA dal Trattato bilaterale con la Russia nel 2019.
Putin è stato chiaro: “Mosca sta sviluppando missili a medio e corto raggio come risposta ai piani statunitensi di produrre e schierare missili a medio e corto raggio in Europa e nella regione Asia-Pacifico. Riteniamo che gli Stati Uniti abbiano commesso un grave errore distruggendo unilateralmente il Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio nel 2019 con un pretesto inventato”.
Il risultato è che oggi, di fronte all’innalzamento del livello dello scontro che gli Stati Uniti impongono alla NATO e alla Russia, l’entrata in campo degli Oreshnik sancisce definitivamente la supremazia russa sul piano militare, supremazia peraltro già sperimentata in questi tre anni di guerra e sottolineata negli ultimi mesi da una avanzata in profondità delle truppe di Mosca in territorio ucraino, il 30% del quale è ormai sotto controllo russo.
Inutile nascondersi dietro a un dito: Mosca ha inviato un messaggio valido ai suoi nemici e, in particolare, agli europei, alcuni dei quali sia nella Commissione Europea uscente (Borrel fra tutti) che in quella entrante, così come a Rutte, erede di Stoltenberg nel ruolo di Segretario Generale della NATO, sembrano intenzionati a proseguire nell’ostilità politica e minaccia militare alla Russia. Il messaggio è chiaro e non lascia spazio a interpretazioni: se ci attaccate siamo in grado di distruggere l’Europa. Le modifiche intervenute nella Dottrina di sicurezza nazionale russa, che prevedono l’uso di armi nucleari anche a seguito di un attacco convenzionale, pongono la UE di fronte alla certezza, non più il rischio, di trasformarsi in un gigantesco bersaglio delle ogive russe. E l’Europa crede davvero che gli Stati Uniti sarebbero disposti a rischiare la loro stessa sopravvivenza per correre in suo aiuto? E se anche lo facesse (cosa della quale si dubita fortemente) sarebbe sufficiente? Bruxelles ha ormai chiaro quale sia la capacità militare di Mosca e sa che anche l’arsenale nucleare angloamericano e francese non sarebbe in grado di porre il Vecchio Continente al riparo.
In questo senso lo stesso equilibrio militare tattico e strategico dell’Europa globalmente intesa - dall’Atlantico agli Urali – andrà aggiornato e questo potrà avvenire solo attraverso un nuovo trattato continentale sulla sicurezza che rappresenti le legittime, reciproche esigenze di tutti gli attori, quale unica deterrenza possibile di fonte ad un possibile conflitto globale. L’Ucraina potrà entrare nella UE ma non nell’Alleanza Atlantica; andrà demilitarizzata e la sua funzione non potrà che essere quella di stato-cuscinetto che separa i paesi NATO e la Russia. Su questa base, e solo su questa, sarà possibile ritornare a parlare di pace e di Eurasia.
Servirebbe prendere atto di quanto indica il terreno ucraino, che vede la Russia aver consolidato la Crimea e conquistato l’intero Donbass. E’ il fallimento dell’ipotesi politica e militare della Nato che pensava di poter infliggere una sconfitta strategica alla Russia e decretarne la sua messa ai margini dello scenario internazionale; certo attraverso l’innesco di una crisi politica destinata a fingere da detonatore per l’esplosione in tanti piccole regioni prive di qualunque peso regionale della federazione russa. La realtà dice invece che la Russia - oltre a disporre di un territorio maggiore - è più solida economicamente, più influente politicamente e diplomaticamente e più forte militarmente di quanto non fosse nel 2021. La NATO ha invece subito una sconfitta in Ucraina che si aggiunge a quelle in Siria e Afghanistan solo per stare negli ultimi 4 anni.
Un progetto fallito, quello NATO, che è costato centinaia di migliaia di vittime e la contrazione economica che ha colpito soprattutto l’Europa, al fine di provare ad arrestare l’indietreggiamento statunitense dal comando politico globale. Il risultato di cotanto fallimento è sotto le macerie delle città ucraine e le modificazioni del quadro militare già negativo ulteriormente peggiorate con l’entrata in scena dei nuovi missili ipersonici russi, potrebbe e dovrebbe rappresentare l’occasione per Washington di chiudere una guerra che non potrà mai vincere e che non avrebbe mai dovuto iniziare.