Una classe politica anche solo minimamente razionale, davanti alla tragedia consumata in Ucraina in questi due anni e alle conseguenze economiche disastrose provocate dalle (auto-)sanzioni nominalmente dirette contro la Russia, trarrebbe le logiche conclusioni di scelte sciagurate per cercare di trovare una soluzione diplomatica alla guerra in corso nel paese dell’ex Unione Sovietica. I governi europei, al contrario, continuano a rilanciare le fallimentari politiche ultra-aggressive che hanno provocato il disastro, col rischio di scatenare uno scontro diretto con Mosca. Questa pericolosa farsa ha avuto l’ennesima replica nel vertice UE organizzato lunedì a Parigi, al termine del quale il padrone di casa, il presidente francese Macron, ha addirittura prospettato nel prossimo futuro il possibile dispiegamento di forze di terra occidentali in Ucraina.
Assieme al recente blitz a Kiev di alcuni leader occidentali, l’evento di questa settimana in Francia rientra nel quadro delle manovre intraprese dagli sponsor del regime di Zelensky per trovare una strategia percorribile dopo lo sfondamento delle forze russe nella località decisiva di Avdeevka, alla periferia di Donetsk. Se il summit intendeva inviare un segnale di unità, il risultato è stato esattamente l’opposto, con molti leader europei affrettatisi a smentire le dichiarazioni infuocate di Macron.
L’atmosfera del summit di Parigi, secondo il primo ministro della Slovacchia Robert Fico, è stata comunque “totalmente bellicosa”. Egli stesso si è detto sorpreso dal fatto che, durante l’incontro, “non sia stata pronunciata una sola parola in merito a un possibile piano di pace”. Mentre il governo di Bratislava, ha assicurato Fico, manterrà l’impegno per la pace ed esclude l’invio di armi a Kiev, la gran parte dei partecipanti è apparsa determinata ad “appoggiare la guerra a qualsiasi costo”.
Gli effetti del panico generato in Occidente dal fallimento ucraino si sono osservati nelle già ricordate dichiarazioni di Macron. L’inquilino dell’Eliseo ha articolato un percorso di escalation del confronto con Mosca basato sull’ulteriore invio a Kiev di armi offensive, inclusi missili a medio e lungo raggio, e appunto, sia pure per il momento a livello solo ipotetico, l’impiego diretto di truppe NATO. L’idea fissa di Macron e degli altri capi di governo occidentali consiste nel fare “tutto ciò che è possibile” per impedire una vittoria della Russia in Ucraina. Vista l’impossibilità da parte ucraina di ottenere questo risultato, anche con qualsiasi presunta “Wunderwaffe” occidentale, secondo logica quello che resta sul tavolo è presumibilmente un piano per una guerra frontale della NATO contro la Russia.
Al vertice di Parigi è intervenuto in videoconferenza anche il presidente Zelensky. Al di là della solita retorica per elemosinare altro denaro e nuovi carichi di armi, l’affermazione più significativa è stata quella relativa al numero di vittime subite dal suo paese dall’inizio della guerra nel febbraio di due anni fa. Secondo l’ex attore comico, i soldati ucraini caduti sul campo sarebbero finora appena 31 mila, mentre a suo dire le cifre circolate in questi mesi, che indicano perdite infinitamente superiori, sarebbero pura propaganda.
I numeri proposti da Zelensky sono di pura fantasia e rappresentano soprattutto una vergognosa provocazione nei confronti della popolazione ucraina, che è fin troppo consapevole della reale entità dei danni provocati dalla guerra istigata dagli ambienti neo-nazisti indigeni in collaborazione con i governi occidentali. Se le cifre di Zelensky corrispondessero alla realtà, non si capisce quale sia il senso del maxi piano di reclutamento allo studio al parlamento di Kiev per supplire alle perdite delle forze armate, né i durissimi metodi di coscrizione documentati in questi mesi o l’invio al fronte di anziani, malati, donne e disabili.
Le parole di Zelensky servono comunque a suonare l’allarme su quello che accadrebbe in caso di ingresso diretto di militari NATO nel conflitto. Le stime più credibili indicano perdite ucraine non inferiori alle 400 mila unità e probabilmente anche molto superiori. Questo dato rende a sufficienza l’idea del numero di morti che causerebbe, soprattutto in Europa e senza considerare una possibile escalation nucleare, una guerra di intensità decisamente superiore rispetto a quella in corso e con il coinvolgimento delle forze del Patto Atlantico.
Il delirio di Macron dopo le discussioni tenute a Parigi appare per ora e almeno in parte un tentativo di sondare il terreno in previsione di un’eventuale escalation quando la situazione dovesse precipitare definitivamente per Kiev. Martedì, tutti gli altri principali leader europei si sono affrettati a smentire il presidente francese. Il cancelliere tedesco Scholz, il primo ministro inglese Sunak e la premier Meloni hanno escluso il dispiegamento di truppe in Ucraina. È comunque improbabile che Macron abbia agito senza essersi consultato con i colleghi, anche se la Francia ha da qualche tempo acuito la propria ostilità verso la Russia, sia per la crescente rivalità con quest’ultimo paese nel Sahel africano sia per la recente polemica sulla presenza di mercenari francesi sul campo di battaglia in Ucraina.
Le dichiarazioni di Macron fanno ad ogni modo parte di una campagna ultra-allarmista che i governi occidentali stanno mettendo in atto per fermare l’emorragia di consensi per la causa ucraina tra l’opinione pubblica. In parallelo, la classe politica europea sta cercando di creare un clima di guerra, ingigantendo a livelli assurdi la minaccia russa, per giustificare un processo di militarizzazione forzata e reperire le risorse per cercare di tenere impegnata la Russia in un conflitto virtualmente irrisolvibile.
Ascoltando simili dichiarazioni dei leader occidentali, risulta quasi incomprensibile l’ostinazione con cui si cerca di rifiutare l’evidenza della sconfitta di un progetto strategico che ha causato la distruzione letterale di un intero paese e sconvolto gli equilibri economici consolidati di un continente. Non solo, tutti gli elementi emersi negli ultimi dodici mesi suggeriscono che anche l’arrivo in Ucraina di un contingente NATO non sarebbe in grado di invertire gli equilibri.
Per quanto assurda e suicida appaia l’ipotesi di Macron, va tenuto presente che in gioco in Ucraina per la classe dirigente europea, così come per gli Stati Uniti, c’è una questione autenticamente vitale, non perché riguardi il benessere delle rispettive popolazioni, quanto per la sopravvivenza dell’ordine internazionale post-Guerra Fredda, minacciato dall’avanzata di potenze come Russia, Cina o Iran e, più in generale, dal consolidarsi di un sistema di governance globale alternativo.
Il riconoscimento della sconfitta dell’Ucraina e della vittoria della Russia obbligherebbe l’Europa, gli USA e la NATO a fare un passo indietro che corrisponde all’ammissione di un fallimento su tutta la linea. Ovvero accettare il declino dell’Occidente come potenza in grado di modellare gli eventi globali e di controllare mercati e risorse, lasciando strada ai propri rivali strategici.
Questa realtà genera un giustificato pessimismo circa la soluzione del conflitto. Qualsiasi ipotesi diplomatica accettabile dall’Occidente dovrebbe infatti prevedere, tra l’altro, la conservazione dell’Ucraina come strumento di pressione su Mosca, ma la Russia non sarà disposta a tollerare una minaccia che è stata la ragione stessa dello scoppio della guerra, tanto più con Europa e Stati Uniti organicamente incapaci di rispettare gli impegni presi.
L’unica speranza è che le resistenze dentro la NATO ai piani meditato da Washington, Parigi e Berlino crescano esponenzialmente nei prossimi mesi e che la situazione militare sul campo raggiunga in fretta il punto di rottura, così da risparmiare altre inutili vittime all’Ucraina e il pericoloso allargamento di un conflitto che, a parte qualche cancelleria occidentale, nessuno sembra ormai desiderare.