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Categoria principale: Speciali

Un terrorista è un terrorista. Come tale andrebbe giudicato e condannato, ma non sempre succede. Nel caso di Luis Posada Carriles, boia internazionale cubanoamericano, anima nera tra le nere, assassino reiterato e reoconfesso, quello della violazione delle leggi migratorie statunitensi per le quali si trova in carcere in Texas potrebbe essere l’unico reato minore commesso in una vita da criminale, tutta spesa ad ingegnare bombe ed attentati, stragi ed omicidi mirati.

 

Ma, come per altri criminali, più di lui famosi e quanto lui abietti, succede che i dettagli, a volte inaspettatamente, assumono il compito di giustiziare, anche solo parzialmente, silenzi ed omissioni di Stato. Il coinvolgimento diretto del governo statunitense nelle gesta di Posada é conclamato, lo riconosce persino la difesa del terrorista, che ha chiesto di riconoscere a Posada lo status di “combattente per la sicurezza nazionale”, adducendo indubitabili argomentazioni circa il rapporto tra il suo assistito e lo stesso governo Usa, per conto del quale Posada agiva.

In attesa quindi che una giuria cubana o venezuelana possa finalmente giudicarlo, quella di El Paso, Texas, ci prova. Posada, infatti, è imputato di sette diversi reati, tutti concernenti la frode migratoria nel suo ingresso negli Usa e la falsa testimonianza nelle pratiche relative alla sua richiesta di cittadinanza; reati che, in caso fosse riconosciuta la colpevolezza, nel processo che comincerà il prossimo 11 Maggio, potrebbero vedere comminata una sentenza fino a 40 anni di carcere.

Da due anni in carcere per essere entrato clandestinamente negli Usa, a seguito del perdono presidenziale concessogli dalla ex presidentessa panamense Mireya Moscoso, Posada Carriles, detto “Bambi”, ha tentato in ogni modo di tornare libero dietro cauzione in attesa del processo. La giudice Kathleen Cardone gli ha concesso il provvedimento di libertà condizionale, ritenendo che le possibilità di fuga dell’assassino fossero meno credibili della sua parola. Ma il governo, tramite il pubblico ministero Paul Ahern, si oppone con forza, reputando Posada "pericoloso per la sicurezza nazionale" (e per quello che sa e che potrebbe raccontare, of course) e aggiungendo che "i suoi arresti domiciliari non gli impedirebbero di fare ciò che ha sempre fatto: dirigere altri affinché realizzino azioni violente".

La difesa, diretta dall’avvocato Arturo Hernandez, aveva presentato Posada come un vecchio ormai inoffensivo, dedicato alla pittura ed ai ricordi, i cui arresti domiciliari avrebbero potuto essere ulteriormente garantiti mediante il controllo elettronico di un bracciale e dall’obbligo di chiamata telefonica quotidiana del terrorista alle autorità vigilanti. Sono arrivate le garanzie offerte dai suoi compagni di merende della FNCA (Fundacìòn Nacional Cubano Americana) che hanno messo sul piatto 250.000 dollari a cui si aggiungono altri 100.000 dollari di Posada; il tutto con un avallo a garanzia di una proprietà immobiliare di natura commerciale del valore di 1,5 milioni di dollari.

Il Tribunale ha accettato come sufficienti i 250.000 dollari della colletta. Proprio questi sono l'oggetto delle eccezioni dell'accusa, che chiede di spiegare quali siano le motivazioni con le quali il Tribunale ha accettato la fidejiussione di 250.000 dollari in luogo dell'offerta di un immobile valutato 1,5 milioni di dollari, di proprietà di Judith Garcia Prado, socia benemerita della FNCA. Chiaro che nel primo caso si tratta di una colletta organizzata dalla Fondazione di Miami, che vedrebbe diluite ampiamente il danno ove fosse Posada decidesse di fuggire, mentre la proprietà dell'immobile avrebbe certo un impatto maggiore. Ma sono dettagli: la fuga di Posada risulterebbe comunque conveniente, sia alla FNCA che al governo Usa.

La giudice Cardone ha per ora stabilito che Posada Carriles possa attendere ai domiciliari l’apertura del processo contro di lui: le é sembrato credibile che un uomo fuggito da un carcere venezuelano (1983) avrebbe difficoltà superiori ad eclissarsi da una casa. Posada, definito il “Bin Laden delle Americhe” per la dimestichezza con la quale ha organizzato decine e decine di attentati ed omicidi, visti i suoi precedenti in tema di documentazione falsa, alias operativi nelle zone nelle quali prestava alla Cia i suoi servizi criminali e rifugi adeguati in tutte le Americhe, non troverebbe certo impedimenti in un braccialetto elettronico.

E’ probabile, peraltro, che le pressioni politiche e medianiche attivate dalla gusaneria cubanoamericana affinché il loro killer preferito potesse uscire dal carcere, abbiano ulteriormente indotto il tribunale a ritenere di trovarsi davvero di fronte ad un “anziano inoffensivo”. Da Felix Rodriguez a Humberto Matos, da Rodolfo Fròmeta a Orlando Bosh, da Reinaldo Aquit a Ernesto Diaz Rodriguez, nessun terrorista cubanoamericano di stanza in Florida ha voluto far mancare il suo appoggio al socio detenuto. C’è da esserne sicuri: se “Bambi” esce, non rientra più.

La storia personale del terrorista parla da sola. Le richieste di estradizione da parte di Venezuela e Cuba vennero rigettate con pretesti legali destinati a coprire scelte politiche. L’imbarazzo statunitense è evidente: nel caso Posada venisse giudicato per i suoi reati, verrebbero certamente allo scoperto i suoi mandanti. Per questo la richiesta di estradizione verso l’Avana o Caracas è stata respinta. Caracas chiedeva la sua estradizione in relazione alla fuga dal carcere venezuelano, mentre L’Avana ha sempre chiesto di poter giudicare Posada Carriles per una serie di omicidi ed attentati, il più grave di tutti quello all’aereo cubano esploso in volo sui cieli delle Barbados nel 1976, dove morirono 73 persone.

E lo stesso Pubblico Ministero, Paul Ahern, nell’udienza riservata alla richiesta di libertà condizionata ed arresti domiciliari per Posada, ha detto, motivando l’opposizione della procura di El Paso, che “la carenza di giurisdizione statunitense per giudicare Posada Carriles non vuol dire che sia innocente”. Infatti non lo é. Nella storia personale del boia Posada, l’innocenza è solo quella delle sue vittime.