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di Mariavittoria Orsolato

Dopo 46 anni di ininterrotta attività teatrale e a due anni di distanza dalla sua morte televisiva, la compagnia del Bagaglino chiude i battenti per sempre. Il calo crescente di spettatori e il mancato impegno con la televisione hanno fatto decidere al gestore della Sala Umberto, il teatro liberty che ospitava lo spettacolo nel famoso Salone Margherita, di non rinnovare l’impegno con il regista Pier Francesco Pingitore, e così la satira destrorsa tutta ammiccamenti e scollacciature rimane orfana dei suoi padri fondatori.

Un’avventura cominciata nel 1965 dall’unione del suddetto regista con Mario Castellacci e una serie di penne nostalgiche provenienti da periodici apertamente reazionari - se non addirittura fascisti - come Il Borghese o Lo Specchio, che volevano fornire un’alternativa romana e“di destra” alla comicità “di sinistra” del Derby meneghino.

All’inizio la compagnia avrebbe dovuto chiamarsi “Il Bragaglino” in onore di Anton Giulio Bragaglia, regista e critico cinematografico di spicco durante il Ventennio, ma a seguito di un’ingiunzione da parte degli eredi di Bragaglia - che proprio non ne volevano sapere di essere associati con tutti quei fascisti - il nome venne contratto in “Bagaglino”, senza però rinunciare, sulla carta, all’ispirazione ideologica.

Di satira vera e propria infatti, ce n’è stata poca o niente. La cosiddetta comicità da Bagaglino - così lucidamente descritta nella lettera che Veronica Lario inviò infuriata dopo l’ennesima caduta di stile dell’allora marito - ha sempre attinto al macchiettismo, propendendo per imitazioni compiacenti e mettendo assieme (primo tra tutti) la risata a denti stretti con la mascella spalancata di fronte alla provocante avvenenza delle sue vedette, da Gabriella Ferri a Pamela Prati e Valeriona Marini.

Più che a far riflette nel Salone Margherita si puntava a creare consenso, a umanizzare - tramite la messa alla berlina dei tic e dei difetti degli uomini di partito - i tratti di quella che, allora, era ancora una politica scevra dalle bassezze cui la seconda repubblica ci ha abituato negli ultimi tempi.

Una satira basata sull’imitazione, ben attenta a non finire mai nel paradosso e a stare sempre sull’onda del populismo che paga, lontana anni luce dalle interpretazioni graffianti che della politica hanno fatto i fratelli Guzzanti.

Da sempre però sono state le primedonne la vera e propria fortuna dello show che monopolizzò il Salone Margherita: succinte, a volte addirittura seminude, fornivano l’allegro (e barzotto) intermezzo musicale prefigurando quelli che sarebbero stati gli show nelle segrete di Arcore e nei lussuosi androni di palazzo Grazioli.

Approdata in televisione negli spumeggianti anni ’80, prima in Rai e poi definitivamente sull’ammiraglia del Biscione, la satira all’acqua di rose condita con la gnocca di turno, ha indubbiamente conquistato il pubblico di “merli maschi” che, ancora ignari del porno in streaming gratuito, prestavano indubbiamente più attenzione ai movimenti sinuosi delle vedette che non alle battute qualunquiste di Pippo Franco o Martufello.

Forse anche a causa della gratuità e dell’insistenza con cui ci vengono propinati contenuti e riferimenti sessuali, il Bagaglino ha dovuto infine chiudere i battenti: come ha saggiamente suggerito Francesco Merlo dalle colonne di Repubblica “bastano le foto di Ruby e della Began per capire perché il Bagaglino è ormai una nostalgia da borotalco, come i vecchi calendarietti dei barbieri che pure schiacciarono l’occhio al maschio caprone”.

Se infatti negli anni ’90 lo spettacolo della compagnia era lo show di punta del sabato televisivo targato Mediaset, con il passare del tempo e delle legislature il Bagaglino è stato relegato negli spazi meno appetibili dei palinsesti, trasformandosi poco a poco in una sequela di parodie sempre più stupide, intramezzate da donne sempre più svestite.

L’epilogo televisivo arriva con Bellissima - Cabaret Anticrisi, show orfano del pure ottimo e compianto Oreste Lionello per cui erano previste già quattro striminzite puntate, ma che alla terza messa in onda venne soppresso per i pessimi risultati con l’audience.

I due miseri milioni di spettatori grazie ai quali il programma lasciò l’etere, fecero gridare vittoria a quelli che identificavano l’affondamento del Bagaglino televisivo con l’evoluzione culturale e di costumi della casalinga di Voghera e del popolino italiano in generale. E anche oggi che la compagnia ridanciana e scollacciata si scioglie, la tentazione di rivendicare questo avvenimento come un successo per l’antiberlusconismo è tanta, ma solo perché, purtroppo, le occasioni in definitiva sono poche.

A festeggiare veramente, nonostante tutto, sarà invece Pier Francesco Pingitore, che ha deciso di uscire di scena con un evento congeniale allo spirito che ha contraddistinto la compagnia in questi lunghi anni: una mega-festa in una discoteca di via Veneto con tutti i protagonisti del Bagaglino come invitati. Dato il consistente agglomerato di gnocca è probabile che si potrà contare anche con la presenza del Presidente del Consiglio.