Stampa

Un voto forte, netto, da nord a sud. Che non lascia margini d'interpretazione. Gli italiani amano la loro Costituzione, i valori che l'ispirano. Ha votato la maggioranza numerica degli italiani, nonostante non ci fosse l'obbligo di raggiungere il quorum, a testimonianza di quanto sia sentita l'urgenza di difendere la Carta, patrimonio della Resistenza, figlia della stagione migliore della storia del nostro Paese. Gli italiani hanno dimostrato di volerla difendere dalle spallate, anche quando sono rappresentate da un pastrocchio concepito da quattro soggetti la cui caratura ben si adatta ad un bar dello sport; soggetti come i quattro "saggi di Lorenzago" che in nessun Paese, in nessun sistema politico, sarebbero mai stati incaricati di apportare modifiche costituzionali.

 

 

Il risultato di tanto avventurismo aveva infatti disegnato un mostro giuridico, un nonsense apparente che, in realtà, serviva a ridisegnare l'assetto del Paese in chiave revisionista ed autoritaria, al servizio di un disegno politico che è apparso in tutta la sua pericolosità. E che per questo è stato respinto nelle urne. Altro che rivincite, altro che Costituzione scritta dai partigiani e poi stravolta dagli eredi di Salò.

 

Il messaggio è arrivato forte e chiaro: gli italiani non dormono, la Costituzione è attuale, è semmai la sua non completa attuazione che preoccupa. Stupisce anzi ascoltare le reiterate avances di una parte del centrosinistra al dialogo, come se la destra italiana possedesse i requisiti minimi di affidabilità e di cultura democratica.

 

Gli italiani hanno ricordato, anche al centrosinistra, che le priorità del paese, per la soluzione delle quali hanno scelto di consegnare il governo a Prodi, sono altre. E' l'agenda sociale la vera emergenza, insieme al risanamento dell'economia. Lavoro, sanità, istruzione, sicurezza, pensioni: su questo si è scelto ad Aprile e sulla cornice costituzionale che li certifica quali diritti inalienabili si è scelto anche nel voto referendario.

 

Che l'aggiornamento della Costituzione sia un tema dell'agenda politica è vero solo per i gruppi dirigenti dei partiti. Che vada ricercato con il dialogo con questa destra, è semplicemente un ossimoro. Questa destra non dialoga, urla. Questa destra non lavora agli interessi del Paese perseguendo un disegno politico, per quanto non condivisibile, interno alla logica della collaborazione istituzionale. Questa destra, arrogante e inzeppata di cultura autoritaria, persegue come unico obiettivo la destrutturazione del Paese, della sua unità nazionale, del patto sociale e costituzionale che ha garantito e garantisce il diritto di rappresentanza politica e sociale. Affida ai peggiori dei loro il compito di picconare la parte migliore del Paese, cioè la nostra identità nazionale, e propone il costante tentativo di delegittimazione dell'avversario politico. E con questi che dovremmo dialogare, con Speroni che ha definito stupidi gli italiani?

 

E' chiaro che il voto del nord, dove sebbene il No abbia prevalso, i consensi al SI sono stati significativi, dovrà generare una riflessione profonda. Quando una parte del Paese auspica la vittoria di una controriforma come quella oggetto del referendum, esprime un malessere ed una esigenza di autonomia regionalista (che la stessa Costituzione prevede) che non può essere sottovalutato, ma che va comunque indirizzato verso una maggiore valorizzazione dei territori, non certo verso la secessione mascherata da riforma.

 

Si badi bene quindi: reiterare l'intangibilità della Carta non significa non coglierne le necessità di ammodernamento, le possibili modifiche e le opportune correzioni. Che vanno però considerate all'interno di quanto stabilito dalla prima parte e della sua consequenziale seconda parte, che definiscono la cornice generale, al rispetto della quale la politica, quale che sia l'area di riferimento, ha l'obbligo di attenersi.

 

Quali sono le riforme che non si possono fare nel rispetto della Carta? Quali sono i processi di composizione e scomposizione del quadro politico che non possono prodursi perché impediti dalla Costituzione?

 

Nessuno, tranne quelli, come la controriforma di Lorenzago, che prevedono la trasformazione di un regime politico da democratico ad autoritario. E allora è bene che la Carta resti quella che é. Restiamo in attesa di una destra democratica, priva della necessità di garantire l'ingovernabilità e la delegittimazione delle differenze politiche; solo allora si potrà modificare la Costituzione in ordine al numero dei parlamentari ed alle funzioni del bicameralismo.

 

Sarà semmai il caso di assistere attivamente al terremoto che il risultato elettorale porterà nella destra. La sostanziale sconfitta dell'asse Berlusconi-Bossi, figlia di un contratto segreto per scopi palesi, è destinata ad aprire una crisi di assetto e persino di leadership nel Polo. Vedremo se la parte ragionante, ancorché codina, della destra, avrà il coraggio politico di rivedere al suo interno culture e scopi della sua iniziativa politica e progettuale. Se ciò avverrà, saremo in tempo ad aprire stagioni di dialogo e di confronto.

 

Per adesso ci limitiamo ad osservare con immenso piacere come neanche una controriforma ossessivamente ammantata di propaganda populista, sia riuscita a farci confondere la figura di Terracini con quella di Calderoli.