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Non sarà un voto qualunque, perché quello di domenica non é un referendum qualunque. Non uno, per intenderci, delle tornate radicali che su tutto e il contrario di tutto hanno chiesto di pronunciarsi, svilendo così tanto lo strumento quanto il valore politico dei suoi esiti. Domenica si vota per decidere che paese vogliamo, a quale futuro si può o no ambire. La proposta di legge di riforma della seconda parte della Costituzione é da rigettarsi interamente. Non vi sono elementi accettabili, mentre con grande forza trasuda l'impianto dissolutore del nostro ordinamento sociale e politico. Si deve quindi andare a votare e votare NO.

 

 

La Costituzione voluta dai padri fondatori della nostra Repubblica é una delle Costituzioni più moderne, più avanzate e più belle del mondo. Esprime, con forza e profondità, non solo le aspirazioni di giustizia e libertà proprie della lotta di liberazione dell'Italia dal nazifascismo, ma anticipa, con intensa modernità, temi e sistemi di rappresentanza - sia nel riconoscimento dei diritti che nella prospettiva storica - che rappresentavano ed ancora oggi rappresentano la sintesi migliore della scuola democratica e socialista del dopoguerra europeo e italiano.

Quello che questa Costituzione rappresenta é in primo luogo il simbolo della ritrovata unità nazionale. Che il cavaliere Berlusconi la consideri "bolscevica" é del tutto naturale: l'idea che uomini e donne siano uguali tra loro e che tutti siano portatori sani di diritti universali, inalienabili, senza distinzione di censo, di nascita, religione ed ideologie politiche, appare come una fastidiosa cornice al sistema delle garanzie per tutti. Del resto, proprio alla vigilia del voto, in un impeto di odio di classe, il capo della destra ricordava a tutti come fosse insopportabile che un figlio di operai potesse ambire ad una collocazione sociale migliore di quella del padre.

Ma soprattutto, nella Costituzione, vergata con il sangue dei partigiani, cioé gli uomini migliori della nostra storia migliore, emerge con forza il ruolo che i comunisti, i socialisti e i democratici tutti riuscirono a svolgere nella ricostruzione dell'Italia distrutta dalla tirannide fascista.

E a poco servono i tentativi di disinformazione che la destra cerca di spacciare attraverso la catena televisiva del cavaliere: non é vero, cioé che la prima parte resterebbe inalterata in caso di vittoria dei proponenti. La seconda parte, quella cioé oggetto del voto di domenica, é così intrinsecamente ed anche esplicitamente legata alla prima, che risulterebbe impossibile, o quanto meno ipocrita, tentare di eliminarne una salvaguardando l'altra. La Costituzione va letta interamente, dal primo al 139esimo articolo.

Dalla Repubblica fondata sul lavoro all'eguaglianza di tutti i cittadini, dal diritto di sciopero al diritto d'asilo e di godimento dei diritti sociali degli emigranti. Proprio l'art.10, infatti, anticipava con straordinaria intuizione politica i drammi legati ai flussi migratori ed assegnava agli uomini e alle donne la libera circolazione ed il diritto d'asilo. Se prevalessero i "Si" resterebbero certo i principi fondamentali, ma la loro applicazione sarebbe negata proprio dalla seconda parte; o nel migliore dei casi, mentre la seconda parte avrebbe efficacia cogente, la prima resterebbe una somma di parole, belle quanto inutili. I principi, senza le norme che li attuano, sono solo retorica.

Sono il sistema parlamentare, l'assetto politico e sociale, le regole di cittadinanza, tutto l'impianto della Carta che vengono messi in discussione. Si vuole azzerare la storia della nostra Costituzione perché si vuole azzerare, in un sussulto di revisionismo a carattere fascistoide, la storia del Novecento. Cioé le nostre radici. La devoluzione é proprio la rottura dell'unità nazionale e dell'universalità dei diritti. E' la rottura del patto sociale e costituzionale che ha garantito la rappresentanza sociale e politica del movimento dei lavoratori e delle istanze di trasformazione.

Si delinea, nella proposta della destra, un sistema politico che manda in soffitta la divisione dei poteri; che di fatto cancella il ruolo del Capo dello Stato, sostanzialmente ridotto a tagliatore di nastri. E questo significa alterare in profondità, fino alla sua rimozione, quel sistema di pesi e contrappesi politici ed istituzionali che, in ogni sistema politico, sono a garanzia di salvaguardia contro ogni svolta o accelerazione autoritaria. Allo stesso tempo, elevare al grado di onnipotenza il ruolo del Primo Ministro, significa costituire l'esistenza di un "dominus" che al di sopra e anche contro il volere dei rappresentanti eletti dal popolo, nomina e dimette i Ministri, convoca e scioglie le Camere, indice e disdice elezioni. Un monarca, insomma.

E perché il termine monarca non sembri eccessivo, si ricordi che la riforma oggetto del voto prevede di svuotare delle sue funzioni il ruolo del Parlamentare, definitivamente costretto al ricatto dell'obbedienza dovuta al Capo del Governo: significa riportare le nostre Assemblee legislative alla ben nota deinizione di "aula sorda e grigia" di mussoliniana memoria.

L'allarme democratico s'impone. La nostra Costituzione va difesa, non sovvertita. Contro ogni tentativo di calpestarla, rimuoverla, cancellarla od ignorarla. Votare NO significa chiedere che venga attuata. Significa stare dalla parte nostra.