Un ritratto tutt'altro che folkloristico della Lega Nord, che ha seguito sul
"campo", percorrendo in lungo e in largo la Padania insieme al suo
operatore.
Claudio Lazzaro l'ha realizzato e fatto uscire in dvd, allegato a l'Unità,
poco prima del referendum costituzionale.
Il giornalista di origini milanesi, ma da tempo residente a Roma, a un certo
punto ha deciso che il suo lavoro al Corriere della Sera non gli bastava più,
così ha lasciato il giornale per fondare la Nobu Production.
"Camicie verdi" è il primo prodotto della sua società,
il cui nome viene dalla contrazione di "no budget" ed ha suscitato
interesse e polemiche. Ad agosto parteciperà al Festival cinematografico
di Locarno.
Abbiamo parlato con il neoregista, che per anni si è occupato di cronaca
ed esteri, tra i suoi ultimi lavori per Il Corriere un reportage sull'Iraq. Ad un anno di distanza sei pentito di aver lasciato Il Corriere della Sera
per fondare la Nobu Production?
Assolutamente no, anzi! Questo mio primo film ha avuto un buon riscontro ed
è servito ad alimentare il dibattito. Ho partecipato a molte proiezioni
ed è stato bello e interessante confrontarsi con gli spettatori, anche
con quelli di fede leghista. Fare il giornalista in modo onesto significa aiutare
la gente a capire e credo che Camicie verdi abbia raggiunto questo obiettivo.
Ma è realistico pensare di riuscire a fare cinema no budget?
E' una scommessa! La mia casa di produzione, che ho chiamato autoironicamente
Nobu, è nata per opporsi al pattume dell'offerta cinematografica e per
tentare di fare un'informazione diversa.
Come si fa a raggiungere le persone che non comprano i giornali, letti in Italia
solo da un'elite? La televisione non informa, basta guardare il modo in cui
le reti Mediaset hanno presentato il referendum, una cosa ignominiosa e parziale.
Ma l'abitudine ad occupare gli spazi mediatici c'è a destra come a sinistra,
l'unica proposta seria di riforma televisiva viene dalla società civile
e l'ha fatta Sabina Guzzanti.
Per finanziare il mio documentario mi sono rivolto alle varie emittenti, nessuno
ha voluto metterci un euro, i funzionari dicevano "idea stupenda, è
proprio quello che si dovrebbe fare...ma non si può fare". In questo
quadro desolante l'unica possibilità è cercare di produrre cose
a bassissimo costo, ma che trovino una loro nicchia, che si scavino un percorso
di mercato possibile perchè alternativo a ciò che offre la tv.
Le nuove tecnologie consentono di lavorare quasi no budget, ma lo scoglio grosso
rimane la distribuzione. Però i dvd in edicola e la possibilità
di scaricare film dal web possono creare nuovi canali distributivi che bypassino
il muro mediatico che esiste in Italia.
Il documentario è un genere in crescita?
A mio parere sì. C'è stata la grande lezione di Michael Moore,
che peraltro io non ho seguito perchè ho scelto di adottare un approccio
più equilibrato, ma sicuramente il regista americano ha aperto la via.
Lo spazio per il documentario c'è se si ha il coraggio di raccontare
quello che la televisione non racconta. Cosa impossibile da fare se i soldi
vengono dalle stesse emittenti televisive. Bisogna svincolarsi, osare, rischiare
in proprio. Il mio film l'ho realizzato grazie alla liquidazione del Corriere,
solo più tardi sono intervenuti Carlo degli Esposti della Palomar e Roberto
Cicutto della Mikado. Anche il cinema dovrebbe osare, quello che ha una committenza
televisiva nasce già morto. Se accetti i loro soldi ti lottizzano tutto,
dagli attori all'autore delle musiche, non riesci più a fare il film
che volevi.
Ma non è anche colpa del pubblico?
In tanti casi il pubblico è più maturo di chi decide cosa produrre
e cosa distribuire.
Consiglieresti a un giovane la strada del documentario?
La consiglio caldamente... anche perchè la mia schiena non ha più
la resistenza di una volta! E' stata dura scaricare e trasportare le attrezzature!
A parte gli scherzi, i giovani devono provarci, io spero di aver dimostrato
che è possibile, a loro va il mio pensiero e il mio incoraggiamento.
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Per richiedere il dvd a avere
maggiori informazioni: www.camicieverdi.com |