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di Fabrizio Casari

La Juventus batte l’Inter e, forse, toglie ai nerazzurri la spinta decisiva per tentare la scalata alla vetta della classifica. Una Juve molto ben messa in campo e aggressiva contro un’Inter lenta, mai capace di dare le accelerazioni necessarie per mettere in difficoltà i bianconeri, che pure si sono salvati a pochi minuti dalla fine grazie ad una traversa colpita da Eto’o a porta vuota. Il pari sarebbe stato il risultato più giusto e, a conferma di ciò, si ricordano due grandi parate di Buffon e nessuna parata di Julio Cesar. La spiegazione è parte in campo e parte fuori, dal momento che mentre la Juventus poteva schierare la sua migliore squadra, l’Inter ha ben 5 titolari fuori: Lucio, Samuel, Chivu, Stankovic e Milito.

Il primo tempo è stato decisamente a favore della Juve, che invece nell’ultima mezz’ora ha schiacciato i bianconeri nella propria metà campo. Ma la squadra di Del Neri è apparsa concentrata, attenta e, con una buona dose di fortuna, ha portato a casa i tre punti. L’Inter invece dovrà riflettere: mancano ancora 14 partite e tutto é ancora aperto, benché più difficile. Ma non sono certo Karjia o Pandev o Nagatomo che possono guidare la rincorsa della squadra di Leonardo.

Che pure deve tornare, e presto, sulla scelta di schierare Thiago Motta davanti alla difesa: i tempi del brasiliano non sono consoni al contropiede e Cambiasso sulla sinistra toglie copertura alla difesa e rende superfluo il giocatore argentino, che è invece sempre stato il fulcro del gioco dell’Inter. E inserire Pandev al posto di chiunque riduce, invece di aumentare, le possibilità dei nerazzurri di vincere. Detto ciò, a certi livelli non sono sostituibili Lucio e Samuel, pur avendo Ranocchia giocato un’ottima partita. Ma l’area dell’Inter è diventata terra di caccia per troppi attacchi da quando la sua coppia di centrali difensivi é fuori.

Ovviamente festa grande a Milanello, dove - nonostante le rassicurazioni - la paura dell’Inter era (e forse è tutt’ora) un elemento ben presente nell’ambiente rossonero. Il Milan, comunque, sembra aver ritrovato il passo della vittoria, schiantando per 4 a 0 il Parma al Meazza. Cassano, Ibrahimovic e una doppietta di Robinho vengono portati a dimostrazione di una squadra ritrovata e dall’animo di una schiacciasassi. Ma il Parma è sembrato davvero un bocconcino troppo tenero per le fauci degli attaccanti rossoneri, fuoriclasse senza ombra di dubbio. Però già domenica prossima il Napoli sarà ben altro avversario e, se il giudice sportivo non squalifica Lavezzi per lo scambio di sputi con Rosi, vedremo come la retroguardia milanista se la caverà con un attacco di assoluto valore.

E un piccolo evento si è consumato all’Olimpico, dove il Napoli ha steso la Roma anche più di quanto non dica il 2 a 0 finale. La squadra di Mazzarri ha giocato un’ottima partita, dando la sensazione di sapere sempre come stare in campo, diversamente da una Roma apparsa nervosa e svogliata. Certo, la scelta iniziale di Ranieri di lasciare in panchina Menez, non è risultata la migliore: il francese, infatti, con la sua velocità ed il dribbling stretto sembrava l’attaccante giusto per mettere in difficoltà la retroguardia partenopea, lenta e macchinosa, certo il reparto debole della compagine azzurra. Il timore del centrocampo a cinque di Mazzarri e le assenze in difesa hanno invece spinto Ranieri a fare a meno del tridente, ma non si è rivelata un’idea vincente.

Ma se il Napoli conferma quanto siano legittime le aspirazioni di lotta per lo scudetto di cui ormai nessuno più dubita all’ombra del Vesuvio, l’aspetto che più inquieta è la conferma di come la Roma non riesca ad arrivare agli appuntamenti decisivi con serenità d’animo, saldezza di nervi e forma fisica brillante. Come se tanti campionati ad inseguire senza mai riuscire a vincere avessero fiaccato definitivamente proprio la speranza di riuscire ad imporsi. E questo nonostante un’annata nella quale - fatta eccezione per la partita di Brescia all’andata - la Roma ha goduto di fortuna ed errori arbitrali che certo non possono farla recriminare.

In molti ritengono che in questo contesto di risultati e tenuta psicologica della squadra, non si comprende la richiesta di Ranieri di un contratto di due anni alla nuova proprietà, che invece ne propone al massimo uno. E se da un lato sembra difficile dar torto allo scetticismo circa la capacità dell’allenatore testaccino di tenere in mano i suoi giocatori e sapergli tirare fuori il meglio, forse sarebbe anche il momento di prendere atto che la Roma è questa: 5 - 6 grandi individualità che però non fanno una squadra vincente; almeno non con le avversarie dotate d’individualità altrettanto buone (e spesso ancor di più) e gioco d’insieme di migliore qualità.

Dalla capacità di prendere atto dei limiti e delle risorse presenti, può partire il progetto per la nuova Roma; la partita per la sua acquisizione sembra arrivata in porto, ma presto si scoprirà come questo primo, fondamentale step, sia stato anche il più semplice: il difficile verrà dopo.

La Lazio si ricorda di dover vincere, almeno ogni tanto, e lo fa con un 2 a 0 a spese del Brescia, ormai terzultimo in classifica davanti a Cesena e Bari. Grande colpo della Fiorentina che schianta il Palermo alla Favorita. Dopo essere stata in svantaggio la Viola ha deciso di ricordarsi come si gioca e con quale spirito e la squadra di Delio Rossi si è trovata a patire un 2 a 4 finale. Purtroppo, che vinca, perda o pareggi, ogni dopo partita del Palermo si porta con sé le parole in libertà di Zamparini, con ripercussioni negative sull’udito e sulla pazienza di tutti.

E, sempre in tema di grandi risultati, si deve contemplare la goleada della Sampdoria al Bologna (3 a 1) e quella del Cagliari al Chievo (4 a 1). L’Udinese non smette di vincere nemmeno in trasferta e batte il Cesena 3 a 0 con la solita doppietta del solito Di Natale. Il Bari di Mutti esordisce con un pareggio casalingo contro il Genoa: non cambia niente, ultimo posto era e ultimo resta.