L’accoglienza con tutti gli onori riservata nel Regno Unito al presidente americano Trump contrasta fortemente con le proteste che stanno accompagnando la sua seconda visita di stato in questo paese dopo quella, altrettanto controversa, del 2019. La stampa ufficiale, nell’analizzare la trasferta di due giorni dell’inquilino della Casa Bianca, ha insistito sulla distanza presumibilmente incolmabile che separerebbe quest’ultimo dal primo ministro britannico, Keir Starmer, su temi come Gaza, Ucraina o politiche commerciali, tanto da mettere potenzialmente in serio imbarazzo un padrone di casa che sta attraversando una profondissima crisi sul fronte interno. Le differenze tra i due governi e le rispettive classi dirigenti sono al contrario tutt’al più di natura tattica, essendo ad esempio entrambi complici nel genocidio palestinese, e l’eventuale preferenza di Trump per un “cambio di regime” a Londra è facilmente spiegabile con il desiderio di vedere un capo di governo ideologicamente ancora più allineato alla sua amministrazione.
La solenne sfilata militare a cui Trump e i reali britannici hanno assistito mercoledì a Windsor la dice d’altra parte lunga sulla sintonia tra i due paesi. Al di là delle esigenze del protocollo, la sfarzosità dell’accoglienza che la casa regnante e il governo laburista hanno voluto garantire al presidente americano, tutt’altro che scontata, testimoniano di una precisa volontà di blandire il loro ospite per rimarcare la posizione del Regno Unito come principale alleato (minore) dell’imperialismo a stelle e strisce. La maggioranza della popolazione britannica, e non solo, vede invece in Trump un criminale responsabile, esattamente come il suo predecessore, dello sterminio in corso a Gaza, oltre che un aspirante dittatore che sta restringendo i residui spazi democratici in patria.
Una simile dimostrazione di servilismo ha senza dubbio sollevato preoccupazioni in alcuni settori della classe politica d’oltremanica, allarmati per l’ulteriore discredito che ciò veicola verso il governo laburista, con il rischio di indebolire ancora di più il gabinetto Starmer e alimentare tensioni sociali già alle stelle. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, anch’egli laburista, è stato tra i più espliciti tra i politici di primo piano a criticare la visita di Trump e il trattamento riservatogli. Ma il suo intervento suona appunto più come un gioco delle parti per illudere l’opinione pubblica circa la presenza residua di una qualche componente vagamente progressista nel partito di governo.
Non è un caso che Starmer riceverà giovedì Trump non a Downing Street ma nella residenza di campagna del primo ministro (Chequers). Gli animi sono caldissimi e, per evitare imbarazzi, si è scelta una location che permetta di eludere le manifestazioni di protesta annunciate nella capitale. Quello di cui i due leader discuteranno è d’altra parte equiparabile a una cospirazione contro le popolazioni di entrambi i paesi. Uno degli argomenti centrali infatti sarà la guerra in Ucraina, che Londra vuole fermamente che prosegua a costo di spese esorbitanti e di un coinvolgimento della NATO e di tutta l’Europa in un disastroso conflitto con la Russia. Agli sforzi per convincere Trump a continuare ad armare e finanziare il regime neonazista di Kiev, si aggiungeranno poi i negoziati in ambito commerciale ed economico, con decine o centinaia di miliardi di dollari e di sterline in gioco.
La foltissima presenza nella delegazione USA che ha accompagnato Trump di “CEO” di corporation americane, come Nvidia o BlackRock, è da collegare alle discussioni che avranno luogo per siglare accordi in ambito soprattutto tecnologico e militare. Non ancora implementato è poi l’accordo commerciale sottoscritto lo scorso maggio nel quadro della guerra dei dazi di Trump. Il Regno Unito è uno dei pochissimi paesi che ha raggiunto un’intesa in questo ambito con Washington, assicurandosi una riduzione delle tariffe doganali sulle esportazioni di acciaio, alluminio e altri prodotti. La presenza di Trump a Londra doveva fornire l’occasione a Starmer di ottenere altre concessioni, come lo sperato azzeramento dei dazi previsti su acciaio e alluminio. Proprio alla vigilia dell’imbarco di Trump per Londra, però, è circolata la notizia che questa possibile misura è stata per il momento sospesa da parte americana.
In generale, è tutt’altro che garantito che Trump acconsenta a provvedimenti in grado di rafforzare la posizione del governo laburista. L’obiettivo di qualsiasi governo americano è sempre di fare in modo che il Regno Unito resti un avamposto degli Stati Uniti in Europa, così da influire e orientare le politiche del continente. Tuttavia, nonostante la docilità di Starmer, ci sono dinamiche in azione che probabilmente spingono l’amministrazione repubblicana ad adoperarsi per una ancora più decisa svolta a destra del baricentro politico britannico. E ciò cavalcando l’ascesa dell’estrema destra del partito Reform UK di Nigel Farage, dato in testa a tutti i sondaggi, e la progressiva appropriazione degli spazi politici e di piazza di questi stessi settori ultra-reazionari, come si è visto lo scorso fine settimana con la manifestazione contro il governo laburista andata in scena a Londra.
In questo contesto, almeno a livello pubblico, il primo ministro dovrà bilanciare le lusinghe nei confronti di Trump con qualche presa di posizione fintamente risoluta sui temi più caldi in agenda. La stampa britannica ha fatto riferimento alle divergenze tra i due governi sulla strage di Gaza, con la Casa Bianca totalmente e apertamente schierata a sostegno del terrorismo di Israele e Downing Street invece pronta a riconoscere lo stato palestinese sull’onda di qualche denuncia verbale contro il primo ministro/criminale di guerra Netanyahu. In termini concreti, il governo laburista non ha in ogni caso molte meno responsabilità dell’amministrazione Trump nel genocidio in corso e le iniziative relative alla Palestina sono per lo più un calcolo cinico allo scopo di allentare le pressioni dell’opinione pubblica britannica che continua a manifestare contro il regime sionista e la complicità di Londra.
Starmer e il suo gabinetto, oltre a lasciare intatte le forniture di armi a Israele, hanno implementato infatti norme ultra-repressive per schiacciare ogni dissenso o critica nei confronti del regime di occupazione e dell’aggressione contro Gaza, fino a mettere fuori legge la sola espressione di solidarietà verso i palestinesi e le attività di enti che operano in questa direzione, come l’assurda aggiunta di Palestine Action alla lista delle organizzazioni terroristiche. Questa deriva dittatoriale intrisa del sangue della popolazione palestinese rispecchia quella, ancora più radicale, che caratterizza l’opera dell’amministrazione Trump in America.
In un quadro più ampio, la visita di Trump costituisce comunque una certa insidia per Starmer. Mentre già si parla di una possibile rivolta interna al partito per sostituire il premier nei prossimi mesi, la gestione dei colloqui con il presidente americano, nonché delle apparenze durante i due giorni della sua permanenza nel Regno Unito, dovrà essere orientata alla prudenza e al tentativo di risolvere contraddizioni che sono il frutto di politiche, sia sul fronte domestico che internazionale, sempre più avversate dalla popolazione. È quindi estremamente probabile che, nonostante lo sfarzo di questi giorni e le espressioni di apprezzamento reciproco, la permanenza di Trump a Londra possa finire per intensificare la crisi irreversibile del governo del primo ministro laburista.