L’attacco russo di domenica scorsa nella città ucraina di Sumy continua a essere oggetto di un’accesa campagna di propaganda occidentale, in particolare europea, nel tentativo di sfruttare l’evento per complicare ancora di più i negoziati in corso tra Mosca e Washington. Il livello di cinismo e ipocrisia, da parte sia dei governi sia dei media ufficiali, è come sempre stratosferico, ma l’ennesima pessima figura potrebbe essere stata almeno in parte evitata se gli accusatori di Putin e della Russia avessero prestato una qualche attenzione, invece che solo alla versione del regime di Zelensky, alle reazioni all’attacco missilistico registrate tra alcune personalità politiche ucraine. Quindi, non esattamente filo-russe.
Com’è ormai noto, la mattina della domenica delle Palme è circolata la notizia di una “strage” compiuta dalle forze armate di Mosca nella località situata nell’Ucraina nord-orientale ad appena una trentina di chilometri dal confine russo. Immagini di un centro congressi universitario distrutto e il racconto di corpi straziati per strada, inclusi di donne e bambini, hanno pervaso le ricostruzioni della stampa “mainstream”. Zelensky, da parte sua, ha parlato di un attacco deliberato contro una “normale strada cittadina”, per poi invitare Trump a recarsi in Ucraina per osservare di persona la distruzione deliberata che la Russia infligge al suo paese nonostante siano in svolgimento trattative per arrivare a un cessate il fuoco.
Fuori dal perimetro circoscritto di questa operazione di propaganda, la realtà dei fatti relativi all’episodio di domenica, comunque sanguinoso, è tuttavia emersa abbastanza chiaramente e, come già anticipato, anche grazie a fonti e testimonianze ucraine. Per cominciare, è necessario però citare la dichiarazione ufficiale diffusa dal ministero della Difesa russo dopo l’attacco. Mosca ha spiegato che le forze armate hanno lanciato con successo due missili “tattici” ipersonici Iskander, eludendo le contromisure da “guerra elettronica” e i sistemi di difesa stranieri in azione, contro un sito nella città di Sumy dove era in corso un incontro a cui partecipavano ufficiali comandanti della “task force Seversk”. Più di 60 militari ucraini sarebbero stati eliminati.
Il comunicato russo ha aggiunto che “il regime di Kiev continua a utilizzare la popolazione ucraina come scudo umano, dispiegando equipaggiamenti militari e organizzando attività che coinvolgono soldati nel centro di città densamente popolate”. Nell’edifico colpito a Sumy era in corso una cerimonia dedicata al settimo anniversario della creazione della “117esima brigata territoriale” delle forze armate ucraine. Durante l’evento avrebbero dovuto essere consegnate medaglie ad alcuni suoi membri che avevano preso parte alla recente offensiva, risoltasi in un totale fallimento, nella regione russa di Kursk.
Gli organizzatori avevano invitato anche un certo numero di civili, inclusi bambini, finiti alla fine tra le vittime e i feriti del bombardamento russo. Le forze di Mosca avevano ottenuto informazioni sulla cerimonia e sul luogo in cui si sarebbe tenuta, verosimilmente da fonti attive nella città vicina al territorio russo e, visto il grado dei militari che vi avrebbero preso parte, hanno pianificato ed eseguito l’attacco. Secondo il ministro degli Esteri russo Lavrov, all’evento erano presenti anche ufficiali militari occidentali, anche se non è chiaro se questi ultimi siano compresi nel bilancio delle vittime.
Ora, invece, le voci ucraine registrate poco dopo i fatti di domenica scorsa, che confermano sostanzialmente la versione russa. In molti, anche tra politici, deputati ed ex deputati, hanno infatti rivolto immediatamente feroci critiche ai vertici delle forze armate ucraine e allo stesso Zelensky. Le reazioni hanno in generale evidenziato come il bombardamento russo e le sue conseguenze fossero prevedibili ed evitabili, non per via delle modalità delle operazioni russe, secondo Kiev e l’Occidente prive di riguardo per i civili, ma proprio perché collegabili a una sconsiderata iniziativa che ha radunato comandanti militari e civili in una “location” sensibile e facilmente esposta al fuoco del nemico.
La nota e influente deputata ucraina Mariana Bezuhla già nella mattinata di domenica aveva puntato il dito contro il comandante delle forze armate, generale Syrsky, e quello della 117esima brigata territoriale per avere consentito l’organizzazione dell’evento in un edifico civile al centro della città, col rischio risaputo di fughe di notizie a beneficio della Russia. La stessa parlamentare ha poi citato altri precedenti simili in altre località, come Poltava, Vinnytsia e Dnipro. L’ex deputato di estrema destra, Ihor Mosiychuk, e il sindaco della città di Konotop nel “oblast” di Sumy, Artem Semenikhin, hanno sollevato gli stessi argomenti, denunciando i possibili responsabili in Ucraina, tra cui il “numero uno dell’amministrazione militare del distretto di Sumy, [Volodymyr] Artyukh, e il deputato [di Sumy e membro del partito di Zelensky, Mykhailo] Ananchenko”. Questi ultimi volevano sfruttare la cerimonia di domenica per scopi politici e sarebbero responsabili anche dell’invito di civili e bambini. Dopo pesanti insulti, chiedevano il loro arresto e le dimissioni, così come per il direttore della sezione di questa regione del servizio segreto domestico (SBU). Martedì, a seguito delle pressioni interne crescenti, Zelensky ha proceduto con il licenziamento di Artyukh, confermando di fatto che l’obiettivo colpito dai missili russi era di natura militare.
Per quanto drammatico e sanguinoso e nonostante le vittime civili, dunque, l’attacco di domenica a Sumy sembra essere stato a tutti gli effetti legittimo dal punto di vista della legge di guerra e, come confermano le appena citate dichiarazioni provenienti dall’Ucraina, per riconoscerlo non è necessario essere sostenitori della Russia o filo-putiniani. La stampa occidentale ha invece rigirato i fatti e diffuso la notizia dell’attacco nascondendo i particolari decisivi, nella più classica delle operazioni di propaganda, come peraltro viene fatto puntualmente negli ultimi tre anni.
Lo stesso Trump, anche senza assecondare le denunce prive di fondamento dei capi di stato e di governo europei, ha definito il bombardamento russo un “errore”, evidenziando come, nonostante il cambiamento di rotta rispetto all’amministrazione Biden, l’influenza dei falchi anti-russi a Washington resti significativa. È molto probabile che ci saranno ulteriori tentativi per sfruttare l’episodio, facendo pressioni sulla Casa Bianca al fine di ostacolare o boicottare gli sforzi diplomatici, esattamente come accadde nel marzo del 2022 con il finto “massacro di Bucha”, che risultò utile per far naufragare l’accordo di pace in fase di definizione a Istanbul.
L’atteggiamento di media e governi occidentali è ancora più vergognoso se si considera che l’attacco russo di domenica è avvenuto in concomitanza con la distruzione deliberata dell’ultimo ospedale ancora operativo a Gaza da parte del regime di Netanyahu. L’operazione russa, legittima dal punto di vista militare, è stata denunciata come un orribile crimine di guerra, mentre l’attacco contro una struttura medica, gestita da istituzioni cristiane, da parte israeliana è stata trattata come un evento tutto sommato normale. L’indignazione occidentale, e ciò ormai non sorprende più, continua dunque a essere altamente selettiva, con denunce fermissime nei confronti dei nemici, anche quando i fatti sono manipolati, e sostanziale indifferenza invece per amici e alleati, come il regime genocida israeliano o quello di Zelensky, per il quale gli attacchi contro obiettivi civili russi in questa guerra rappresentano di fatto la normalità.