L’arresto avvenuto lunedì in Pennsylvania del sospettato dell’assassinio dell’amministratore delegato del colosso delle assicurazioni sanitarie americane UnitedHealthcare, Brian Thompson, sta tenendo la vicenda stabilmente al centro dell’interesse dei principali media d’oltreoceano a ormai quasi una settimana dai fatti. Le notizie circolate in queste ore sulle circostanze del fermo del 26enne Luigi Mangione evidenziano alcune incongruenze, ma il giovane nativo del Maryland sembra avesse vissuto un’esperienza decisamente poco soddisfacente con l’industria sanitaria privata degli Stati Uniti, giustificando forse il gesto estremo compiuto lo scorso 4 dicembre.

Oltre alla vicenda in sé, i cui particolari dovranno essere ancora chiariti, ciò che di interessante è emerso da subito sono le reazioni, in larga misura favorevoli, all’omicidio di Thompson tra un gran numero di americani, molti dei quali nutrono anch’essi senza dubbio un profondo e giustificato risentimento nei confronti degli abusi dei grandi gruppi privati che controllano il mercato dell’assistenza sanitaria nel loro paese.

Vari articoli pubblicati sulla stampa ufficiale avevano evidenziato quasi con stupore nei giorni scorsi come la caccia all’uomo delle autorità di polizia fosse stata ostacolata dalle manifestazioni di simpatia, esplicite o sottintese, verso il fino ad allora sconosciuto assassino del “CEO” di UnitedHealthcare. Soprattutto sui social media, la sorta di atto di “giustizia di classe” è stato celebrato da numerosissimi utenti, mentre altri ancora hanno più perspicacemente giudicato l’assassinio come l’esplosione di una violenza repressa, generata dalla stessa condotta oggettivamente criminale di grandi società come quella diretta da Brian Thompson.

In alcuni casi è stato notato come queste corporation siano libere di provocare la morte ogni anno di migliaia di persone a cui non riconoscono rimborsi adeguati per le spese sanitarie sostenute, garantendosi anche per questo profitti giganteschi, mentre l’uccisione di uno dei responsabili di questa situazione mette in moto la spietata macchina della polizia e della giustizia per individuare e punire esemplarmente il colpevole. La spiegazione di questa realtà risiede nella definizione stessa di capitalismo e, a ben vedere, l’ondata di espressioni a sostegno del responsabile dell’assassinio rivela una rabbia e un odio diffusissimo verso un sistema socio-economico ultra-classista che, tra le altre distorsioni, fa in modo che milioni di persone finiscano letteralmente in bancarotta per pagare l’assistenza sanitaria che dovrebbe essere invece un diritto universale.

Secondo alcune recenti indagini, il tracollo finanziario delle persone fisiche negli Stati Uniti è causato per oltre il 60% dei casi proprio da spese mediche insostenibili. Chi sopravvive finanziariamente può morire però a causa di rimborsi mancati o erogati tardivamente da parte delle compagnie assicurative private. Per non parlare poi di quanti, ad oggi non meno di 26 milioni di americani, per ragioni economiche non dispongono nemmeno di un’assicurazione sanitaria.

Per contro, solo per citare alcuni dati, il settore del “health care” privato negli USA fa profitti pari a 300 miliardi di dollari l’anno, mentre nel 2023 i sei amministratori delegati delle più grandi società di questo settore hanno ricevuto complessivamente compensi per quasi 123 milioni. Il solo “CEO” di UnitedHealth Group, a cui fa capo UnitedHealthcare, Andrew Witty, ha percepito sempre lo scorso anno qualcosa come 23,5 milioni di dollari. L’assassinato Brian Thompson nel 2013 aveva invece sfondato quota 10 milioni tra retribuzione, bonus e “stock options”.

Che ci siano odio e rabbia diffusi nei confronti di corporation, miliardari e multi-milionari è ben noto a questi ultimi, che d’altra parte derivano il loro status economico dallo sfruttamento delle classi medio-basse. L’esplosione della violenza come nel caso dell’assassinio di Brian Thompson sembra avere fatto tuttavia circolare un certo nervosismo ai massimi livelli della società, sia per possibili futuri episodi di emulazione sia per il fatto che quanto accaduto la settimana scorsa a Manhattan porta il “focus” di stampa e opinione pubblica sul ruolo distruttivo delle grandi società private americane. Il New York Times, a questo proposito, ha scritto recentemente di una riunione straordinaria tra i responsabili della sicurezza delle maggiori compagnie private americane, convocata in videoconferenza per discutere di un rafforzamento delle misure necessarie a proteggere i rispettivi alti dirigenti da attacchi come quello accaduto a Brian Thompson.

La celebrazione della morte di Thompson e le denunce contro lo strapotere delle corporation nel settore sanitario e non solo rendono inoltre ancora più traballante l’immagine di miliardari di successo alla Bezos, Musk o Gates, osannati solo dalle élites per confondere le idee sul capitalismo e le colossali ingiustizie sociali che produce. Se in sostanza sul piano politico prevale il disorientamento tra l’opinione pubblica, evidente ad esempio nel voto di parte della “working-class” americana per Donald Trump nelle recenti presidenziali, molto chiaro e definitivo è invece il sentimento di sfiducia, rabbia o molto peggio nei confronti dei super-ricchi, delle grandi società assicurative, delle banche di Wall Street e delle corporation in genere.

L’omicidio del “CEO” di UnitedHealthcare e le reazioni che ha scatenato indicano quindi l’esistenza di un sentimento di odio diffuso per il sistema capitalistico in America. Allo stesso tempo, l’azione del responsabile e i commenti favorevoli registrati in questi giorni testimoniano del vicolo cieco in cui rischia di finire l’opposizione a un sistema dominato in tutto e per tutto dai poteri forti. Non ci sono dubbi che questi sentimenti non trovino il minimo sfogo politico negli Stati Uniti dove, come altrove, praticamente tutti i partiti e i movimenti sono allineati agli interessi delle classi dirigenti. Singoli episodi di “giustizia privata” non rappresentano però in nessun modo una via d’uscita e generano anzi un inasprimento dei poteri repressivi dello stato.

Per quanto riguarda l’arresto di Luigi Mangione, le polizie di New York e della Pennsylvania hanno avvertito che restano ancora dei buchi da riempire prima di attribuire definitivamente al giovane di origini italiane la responsabilità dell’omicidio. Sul sospettato è stata trovata un’arma simile a quella che si vede nelle mani dell’autore del delitto tramite le immagini registrate da una telecamera di sorveglianza. Si tratterebbe di una pistola “fantasma”, cioè senza numero di serie e non rintracciabile perché realizzata con una stampante 3D, così come il silenziatore utilizzato e anch’esso tra gli oggetti rinvenuti dagli agenti. Mangione non si era nemmeno liberato, a detta sempre della polizia, di alcuni documenti scritti in cui aveva espresso il proprio odio per le compagnie assicurative sanitarie e manifestato l’intenzione di “farla pagare”.

L’arresto è stato possibile grazie alla segnalazione di un dipendente di un McDonald’s di Altoona, in Pennsylvania, che ha riconosciuto Mangione seduto a un tavolo grazie alle immagini di quest’ultimo parzialmente a volto scoperto distribuite dai media. Il sospettato, durante la sua permanenza a New York, aveva sempre indossato una felpa con cappuccio e una mascherina medica per evitare di essere ripreso dalle pervasive telecamere disseminate a Manhattan. L’unica occasione in cui avrebbe mostrato il volto, e che ne ha permesso l’identificazione, è durante il check-in nell’ostello in cui era alloggiato, quando si è abbassato rapidamente la mascherina per sorridere a un’impiegata della struttura dell’Upper West Side.

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