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Per chi non era ancora nato il nome My Lai può significare molto poco. Ben poco è stato scritto sui libri di scuola su quel genocidio. My Lai fu coperta a lungo da silenzio. Mentre tutto il mondo sta lottando contro una devastante pandemia cosa possiamo imparare da quel massacro? Tonnellate e tonnellate di bombe caddero sul sud est-asiatico alterando per sempre una natura rigogliosa. Morirono circa sei milioni di persone e migliaia di uomini di giovani soldati di leva tornarono con la mente sconvolta. My Lai ha rappresentato la pietra miliare di una guerra atroce. E la storia di My Lai resta una ferita ancora aperta

Il sedici marzo del 1968,  alle prime ore del mattino, un battaglione di soldati americani che avevano occupato il Vietnam, massacrò in un fossato 507 vecchi, donne e bambini. Gli uomini in divisa verde avrebbero dovuto dare la caccia a bande di vietcong ma si accontentarono di sterminare civili inermi disarmati. Nel giro di poche ore il villaggio di My Lai fu cancellato.

Quel massacro pesa ancora  sulla coscienza di un'intera nazione. Non è facile capire come un gruppo di giovani americani, che probabilmente non avrebbero mai ucciso se non fossero stati costretti ad andare nel sud est asiatico,  arrivò a commettere atrocità tali da rimanere impresse in modo indelebile nella storia del loro stesso paese. D'altra parte, è ovvio che quando i leaders decidono  di immolare migliaia di ragazzi per incrementare i loro profitti la ferocia si scatenerà  necessariamente,come è avvenuto prima e dopo il Vietnam. Può  accadere però che anche chi crede che la guerra possa essere una risorsa si renda conto che le malvagità sono andate oltre ogni limite e decida di ribellarsi contro il suo stesso esercito. Questo è quanto accadde ai pochi eroi presenti il giorno della strage di My Lai.

Le eccezioni sono il sale della terra e tre uomini in elicottero, Glenn Andreotta, Lawrence Colburn  e  Hugh Thompson,  erano soldati come tutti gli altri ma con un senso della  rettitudine che mancava ai commilitoni. I tre s'infuriarono vedendo dall'alto centinaia di corpi senza vita in un fosso dove c'erano solo vecchi, donne e bambini probabilmente perchè gli uomini erano al  lavoro nei campi. I ragazzini più grandicelli cercavano inutilmente di mettersi in salvo inseguiti dai militari americani.

Thompson , tornato alla base,  aveva detto ai superiori che probabilmente  i soldati stavano facendo un vero e proprio eccidio: c'era qualcosa che non andava e i morti si stavano accatastando. Nessuno gli diede retta.

Allora Thompson decise di ammutinarsi pronto a sparare su chiunque avrebbe continuato ad accanirsi sui civili. Tutti i tre gli uomini dell'equipaggio furono d'accordo che quella frenesia assassina andasse fermata a ogni costo. Thompson volò di nuovo nei pressi del fossato dove aveva visto i corpi ammassati. Glenn Andreotta e Larry Colburn si calarono all'interno scavalcando i cadaveri, sguazzando tra la  melma scivolosa impregnata di sangue videro che c'erano dei bambini attaccati al seno delle madri o che piangevano disperatamente accanto alle donne e riuscirono a portarne fuori undici. Andreotta tirò fuori il primo bambino e lo mise  nelle braccia di  Colburn. Ci vollero più viaggi per portare  i superstiti all'ospedale  militare. Verso le 23 Thompson tornò alla base e  informò le autorità militari degli Stati Uniti sulla strage di My Lai che nel suo rapportò definì eccidio. A  due anni esatti da allora le alte sfere dell'esercito incriminarono il tenente William Calley  per aver nascosto le informazioni legate ai fatti. Calley, che si era difeso dicendo di aver eseguito solo gli ordini, fu condannato all'ergastolo per omicidio premeditato. Ma già il giorno dopo la sentenza l'allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon gli  concesse il beneficio dei domiciliari. 

Tre anni e  mezzo  dopo Calley  ottenne la libertà completa. Ci sarebbe voluto molto tempo prima che  si arrivasse a convocare una conferenza stampa durante la quale il criminale di guerra (ma non l'unico) chiese platealmente perdono per ripulirsi un po' la reputazione. 

Cao era solo una bambina il 16 marzo 1968 e non  sapeva chi fosse Calley e se anche lo avesse saputo non le sarebbe parso giusto che gli altri colpevoli non fossero stati incriminati. Di quel giorno Cao ricorda solo gli uomini  che la presero in braccio  per portarla sull'elicottero. Cong Hu non lavora più ma fino all'anno scorso era direttore  del My Lai Massacre Museum,  Anche lui era piccolo il giorno della strage e certo non avrebbe saputo come difendersi dagli assassini armati. Non ricorda molto  la gente e le case di My Lai che non esistono più.  Sa di essere vivo grazie all'intervento di tre americani e è molto felice di aver incontrato Hugh Thompson. Non riesce a credere che in America non sia  considerato un eroe. E che addirittura ricevette messaggi di odio e minacce di morte per aver salvato piccoli vietnamiti. Cong Hu si meraviglia anche per la condanna clemente inflitta all'assassino di sua madre e di due suoi  fratelli anche perchè in fondo fu l'unica. A Colburn e Thompson, a quasi trenta anni dalla strage  fu conferita una medaglia per aver fermato un massacro di civili. Entrambi gli ufficiali erano tornati molte volte in Vietnam e incontrato i piccoli diventati uomini. La stessa medaglia è andata ad Andreotta. Ma per lui era tardi. Un mese dopo My Lai era rimasto ucciso in uno scontro a fuoco. Non aveva voluto quella guerra ma era stato costretto dalla leva obbligatoria a parteciparvi suo malgrado.

William Calley avrebbe desiderato rendersi invisibile dopo la guerra e magari tornare  nella comoda casa di famiglia nella nativa Miami alla ricerca di una collocazione senza dare troppo nell'occhio. Basso di statura e rozzo di modo in città non aveva mai goduto di grande popolarità con le ragazze e, dopo My Lai, le sue quotazioni erano al minimo storico. Gli sarebbe piaciuto far perdere le proprie tracce accontentandosi di frequentare donne a pagamento.

Ma anche chi ha un ego smisurato e nessun talento speciale deve piegarsi davanti al volere della Corte Marziale. In gioventù William Calley aveva fatto il fattorino e il venditore porta-a-porta. L'esercito lo aveva rifiutato per via della statura troppo bassa ma nel 1967 grazie ai buoni uffici del padre, riuscì ad arruolarsi in fanteria.

I suoi modi altezzosi lo avevano  reso da subito odioso ai commilitoni e ai superiori. Nel 1968, con in atto una guerra persa in partenza, non si poteva guardare troppo per il sottile. Dopo otto settimane di formazione Calley fu spedito nel sud-est asiatico. Con un cappello più alto rispetto a quanto previsto dal regolamento per sopperire alla bassa statura e una enfasi esagerata nel dare ordini sembrava la caricatura di Hitler resa celebre dal “Dittatore” magistralmente interpretato da Charlie Chaplin.

Calley era in Vietnam da un anno quando ordinò al suo plotone di massacrare tutti i civili presenti a My Lai la mattina del 16 marzo 1968.  Solo nel dicembre del 1969, con la pubblicazione di un'agghiacciante foto scattata pubblicata sul Washington Post la strage divenne dominio pubblico. 

Alcuni soldati americani avevano già tentato di denunciare i “massacri personali” messi in atto da Calley e da altri ufficiali senza essere ascoltati. Accusato di omicidio premeditato Calley fu processato da un tribunale militare a Fort Benning, in Georgia, e condannato all'ergastolo. Era stato chiamato a testimoniare anche Hugh Thompson.

Calley si era difeso davanti ai giudici dicendo di aver fatto solo il suo dovere. A rivelare  la storia di My Lay era stato il giornalista Sy Hersh che in seguito sarebbe stato oggetto di indagine da parte del servizi segreti. Ma in America molti s'indignarono per una condanna ritenuta troppo dura. Per la verità solo un anno dopo l'allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon risolse  la questione assegnando Calley agli arresti domiciliari. Se la Casa Bianca era  stata clemente altrettanto lo furono i tribunali militari che ridussero la condanna a 20 anni.

Tra rinvii, incertezze e voglia di oblio si arrivò al 1974 e Calley fu libero su cauzione. L'esercito non l'avrebbe certamente rivoluto e in Florida sarebbe stato presso a calci così rimase in Georgia dove invece la gente, almeno secondo la rivista Time, lo considerava un eroe.

Si dice che il destino abbia una sua logica. Calley era arrivato in Georgia scortato da una squadra militare e in carcere parecchie donne lo avevano sostenuto con lettere affettuose. Tra queste c'era la giovane figlia di un prestigioso di gioiellerie di Columbus. Qualcuno ha detto che in America più vai a nord più scopri il sud e in effetti “Rusty”, come Calley veniva chiamato da piccolo, a Columbus veniva visto come un soldato inesperto ed erano stati gli odiosi pacifisti a dipingerlo come un mostro. E Hugh Thompson aveva sbagliato a denunciarlo  distruggendogli il futuro. Ad ogni modo  Calley in Georgia conobbe Penny Vick , la figlia del gioielliere, che sposò con una sontuosa cerimonia allietata da un baritono.

La coppia  si stabilì a Columbus, una città di circa duecentomila abitanti dall'economia consolidata poco distante da Fort Benning. Tra monili preziosi l'ex-luogotenente  autore di un massacro storico viveva tranquillo fino a quando in Vietnam qualcuno lo riconobbe e lo invito a venire nel paese asiatico pronto a concedergli il perdono. Purtroppo Calley  riteneva di non avere nessuna colpa da espiare e nessun desiderio di fare pace con i vietnamiti. Era quasi impossibile collegare all'epoca (1989)  gli eventi raccapriccianti di My Lai con un commerciante prospero e tranquillo se non per chi aveva conosciuto la sofferenza di quei giorni lontani.

Calley era riuscito a diventare una figura rispettata e non aveva nessuna intenzione di mettersi in luce. Aveva trovato una moglie devota, possedeva una casa imponente, un'azienda in attivo ed era iscritto a tutti i club giusti. In garage aveva due Mercedes e un Rolex Mariner al polso. Voleva rimanere nell'anonimato a tutti i costi. A meno che non ci fosse qualcuno disposto a offrire una cifra adeguata. Ormai alcuni dei soldati di My Lay erano morti senza un tetto e col fegato bruciato dall'alcol. Altri si erano sparati e i pochi eroi come Thompson dimessi dall'esercito.

Lui era stato più fortunato ma solo per migliaia di dollaro avrebbe rilasciato un'intervista. Finalmente fu trovato un giornalista disposto a combinare un incontro con Calley  nella hall di un grande albergo. I patti prevedevano un assegno di venticinquemila dollari in cambio di una versione della storia di My Lai. Maa all'appuntamento i venticinque mila dollari non c'erano e Calley fece dietro front e se ne andò senza dire una parola....

Nel 2004 la moglie di Calley chiese il divorzio. Penny Vick gli diede una buona uscite di duecentomila dollari e un uccello di porcellana al quale il veterano era affezionato. Nel 2009 l'età avanzava e i  soldi diminuivano. I giornalisti non erano più molto interessati a eventuali interviste.  Nel 2006 Hugh Thompson era morto senza fanfare mediatiche. Calley aveva problemi di prostata ma in qualche modo sperava di guadagnare offrendo un perdono plateale.  La confessione fu organizzata al Kiwanis Greater Club di Columbus. Calley disse che non c'era mai stato un giorno senza che avesse provato rimorso per quello che accadde a My Lai. Ma non ci fu alcun cambiamento del cuore dissero i presenti.  Ovviamente Calley aveva ripetuto che aveva solo eseguito gli ordini. Per i vietnamiti quel perdono non vale nulla. Per la loro cultura dovrebbe andare in Vietnam e pregare gli spiriti sul luogo della strage. Difficilmente Calley riuscirebbe mai a fare quel viaggio. Se anche vivrà a lungo dovrà tenersi il rimorso.  A meno che il disagio non valga la candela.