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Sebbene si sia arrestata la crescita della povertà in valori percentuali, il numero assoluto dei poveri è ancora ai massimi livelli, quelli del 2005. E pure di fronte a timidi segnali di ripresa, fra cui la diminuzione del tasso di disoccupazione e l’aumento del PIL pro capite, i benefici sulla collettività stentano a farsi concreti. E continuano, pure, ad aumentare i working poor: dal 2008 a oggi, l’incidenza della povertà tra di loro è del 624 per cento e i salari reali sono calati del 2 per cento fra il 2008 e il 2019. A farne le spese, soprattutto le famiglie numerose, i minori, i giovani fra i 18 e i 34 anni, fascia d’età in cui la povertà è cresciuta dell’8 per cento. A dirlo, il report 2019 sulla povertà ed esclusione sociale della Caritas che si sofferma sull’immobilità generazionale: secondo una ricerca di Banca d’Italia, riportata nel rapporto, esistono nessi strettissimi tra la condizione dei figli e quella dei genitori, superiori a quanto mai registrato in passato.

Nel 2018, alla Caritas, si sono rivolte 195mila persone, registrando un calo dell’afflusso rispetto all’anno precedente ma un incremento di ascolti annui per individuo, chiaro segnale di una povertà che diventa sempre più cronica, persistente e multidimensionale. Continua a lievitare il numero degli italiani mentre rimangono stabili le differenze tra Nord e Sud, dove le storie intercettate appartengono, per lo più, agli italiani contro il Nord e il Centro, in cui il volto delle persone sostenute coincide con quello degli immigrati, provenienti principalmente dall’Africa. Diminuiscono le richieste d’aiuto dei rifugiati, passando dalle oltre 13mila a più di settemila; si riscontra una parità tra uomini e donne e l’età media ruota intorno ai 45 anni.

Cresce, sempre di più, il numero delle persone sole a fronte di chi vive in unione matrimoniale: sale la quota dei divorziati, arrivando al 16 per cento, e sono 88mila i genitori, 30mila dei quali vivono con figli minori, dato che registra un incremento del 15 per cento rispetto a un anno fa. Più della metà delle persone incontrate nei centri di ascolto in tutta la Penisola, coabita con famigliari e parenti ma c’è una quota non trascurabile di soggetti costretti a vivere con persone esterne alla propria rete famigliare. E poi, anche nel 2018, c’è una fetta consistente di persone senza fissa dimora: più di 27mila, per lo più uomini, stranieri, celibi e sotto i 44 anni e per i quali il problema dell’abitare si somma a molte altre fragilità. Tra le persone ascoltate, c’è una maggiore incidenza di analfabeti e i due terzi degli assistiti possiede, al massimo, il titolo di scuola media inferiore, una condizione che tra gli italiani interessa il 78 per cento, confermando una relazione tra bassi livelli di scolarità e cronicizzazione del disagio.

Difficoltà materiali, i bisogni più frequenti: tre persone su quattro manifestano uno stato di fragilità economica, determinato non solo da assenza di reddito ma anche da reddito insufficiente; seguono i problemi occupazionali e abitativi e tra gli italiani problematiche che attengono alla sfera personale e famigliare. In continua crescita, e decisamente alta, la porzione di chi vive vulnerabilità sul fronte della salute: una persona su cinque, traducendosi spesso in disagio psicologico, in patologie oncologiche e cardiovascolari. Ma non è raro che le criticità sopra esposte si sommino tanto che solo il 38 per cento manifesta una sola difficoltà e l’incidenza di chi sperimenta due aree di bisogno è pari al 24 per cento.

“L’efficacia e l’adeguatezza delle misure adottate, il Rei prima e il RdC ora, rischiano di essere inficiate da alti livelli di disuguaglianza nei sistemi di offerta dei servizi e nell’accesso a essi”, si legge nel Report che specifica il netto aumento di risorse stanziate sul RdC: dai due miliardi e 700mila euro del Rei si è passati ai quasi otto miliardi del RdC, il quale, però, non prevede l’orientamento nella misura attraverso i Punti di accesso a titolarità comunale creando difficoltà rispetto alla possibilità per molti beneficiari di ricevere le giuste indicazioni durante tutto l’iter. Non solo: il potenziamento e la riqualificazione del personale impegnato nella realizzazione del RdC non sono stati adeguati alle necessità. Manca un modello unitario di intervento che penalizza la successiva progettazioni delle azioni da attivare.

Alla resa dei conti, comunque, sono stati esclusi dal Reddito di Cittadinanza 87mila nuclei di stranieri extra Ue, tagliati fuori per il criterio della residenza, i senza dimora, il 16 per cento di coloro che non rispetto il criterio del reddito e il 35 per cento di coloro che non rientrano in quello del patrimonio.