Stampa

Nonostante la legge anticaporalato, il caporalato nella Capitanata, in Puglia, continua a essere la forma più diffusa di organizzazione del lavoro e anche in questa passata stagione estiva circa settemila braccianti migranti sono stati la manodopera più a basso costo, quella in condizioni di più grave sfruttamento e costretti a vivere in insediamenti pericolosi, insalubri, isolati e totalmente carenti dei servizi primari.

A dirlo, il rapporto La cattiva stagione, redatto da Medu che, nei tre mesi estivi, ha prestato assistenza sanitaria e legale a trecentosei persone: per il 93 per cento uomini con un’età media di trentuno anni, provenienti da ventiquattro paesi diversi, principalmente dall’Africa.

In un territorio dove viene coltivato più di un terzo dei pomodori prodotti in Italia ma dove i processi di meccanizzazione della raccolta sono molto arretrati, le condizioni di lavoro dei migranti impiegati sono caratterizzate da irregolarità salariali e contributive, mancato rispetto delle previsioni contrattuali e un metodo illegale, dal reclutamento fino alla retribuzione, che è il caporalato, senza trascurare la penetrazione della criminalità organizzata in tutta la filiera.

Solo il 44 per cento dei lavoratori stranieri ha dichiarato di essere in possesso di un contratto di lavoro e di queste solo il 57 per cento ha detto di ricevere una busta paga; il 73 per cento ha sostenuto di vedersi riconosciuto meno di un terzo delle giornate effettivamente lavorate e il 29 per cento è stato pagato a ora, circa quattro euro, mentre il 30 per cento a giornata, con una retribuzione che oscilla tra i trenta e i trentacinque euro.

Sebbene in seguito alla morte dei dodici braccianti, avvenuta nel 2018 vicino a Lesina, causata da un incidente stradale, i controlli dell’ispettorato del lavoro siano più puntuali e stringenti e siano state istituite delle specifiche task force, i risultati appaiono ancora del tutto insoddisfacenti.

Malattie osteoarticolari e del tessuto connettivo, dell’apparato digerente e quelle infettive sono le patologie più frequentemente riscontrate nei pazienti visitati dal team di Medu, le cui cause sono da ricercarsi nelle pessime condizioni lavorative e igienico-sanitarie che sono costretti a sopportare i migranti, fra i quali è stata rilevata, pure, una consistente percentuale di pazienti con disagio psichico e affetti da sintomatologie di natura psicosomatica.