Sembra scontato, quando si parla del G8 di Genova, ricordare come unico
fatto certo di quei giorni la morte di Carlo Giuliani, un ragazzo poco più
che ventenne ucciso dai carabinieri a piazza Alimonda. Sebbene linchiesta
non sia riuscita a chiarire leffettiva dinamica dei fatti (tantè
che
oggi, da più parti, si invoca una commissione parlamentare dinchiesta
che
faccia finalmente luce su tutto ciò che accadde nelle giornate del G8
senza reticenze e opportunità politiche di parte), allo squallore delle
polemiche che si scatenarono subito dopo lomicidio, oggi si aggiunge un
fatto nuovo. Non certo in ordine alle indagini, bensì sulla scia
dellassurda volontà della destra di ribaltare i fatti e far passare
i
carnefici per vittime. E su questa falsariga che Mario Placanica, l'ex
carabiniere accusato e poi prosciolto per la morte di Carlo Giuliani, su
consiglio di esponenti di spicco di Alleanza Nazionale, ha deciso di
chiedere un risarcimento alla famiglia del ragazzo ucciso: vuole i danni
per il suo mancato reintegro nell'Arma e per non aver più trovato un
impiego. Non solo. Dopo la pubblicazione del libro di Simona Orlandi, Placanica ha
anche rincarato la dose, intentando causa per diffamazione. Nel testo,
infatti, sarebbero riportate valutazioni cliniche sulla persona di
Placanica da lui ritenute offensive per la sua dignità. Peccato che siano
le stesse che hanno indotto lArma a cacciare lex commilitone: durante
gli scontri del 2001 era carabiniere di leva e fu immediatamente congedato
perché considerato "permanentemente non idoneo al servizio militare
in
modo assoluto". In precedenza aveva inoltrato una richiesta di reintegro
motivata con "l'infermità permanente residuata in conseguenza delle
lesioni e dei traumi da lui riportati a causa della violentissima
aggressione" del 20 luglio 2001. L'Arma dei carabinieri gli ha però
presentato la notifica che metteva fine alla sua carriera. Ma non si è
mai
dato per vinto. E ora ha trovato il sostegno dell'onorevole Filippo
Ascierto, responsabile della sicurezza di Alleanza Nazionale: "E' lui la
parte lesa perché ha subito un grosso trauma ed ha perso il lavoro".
La
famiglia Giuliani ha perso un figlio perché qualcuno, da dentro il
Defender dei carabinieri, gli ha sparato in testa. Grosso trauma, parte
lesa, risarcimento?
Se proprio di risarcimento si doveva parlare, questo lo avrebbero dovuto chiedere i Giuliani. Ma non ci hanno neppure provato, fatta salva la richiesta di prosecuzione della causa che è stata portata avanti dai legali dei Giuliani con il solo scopo di interrompere la prescrizione. E qui è partita la strumentalizzazione. Perché quando si tratta di imbarbarire anche aspetti legali puramente burocratici, pur di poter sovvertire una realtà scomoda per il governo di allora, non ci sono dubbi che alcuni esponenti del partito di Fini sono i migliori su piazza. Stavolta lintento palese è di far passare Placanica per vittima, come un reduce glorioso. E casomai Carlo Giuliani per provocatore con listinto assassino nel sangue: un livello di regressione dello scontro politico sul G8 di Genova a cui davvero, non ci saremmo mai aspettati di dover assistere.
La replica sdegnata di Haidi Giuliani, madre di Carlo, non si è fatta attendere: "Placanica dovrebbe smettere di dire bugie e decidersi finalmente a dire una parola di verità su quanto è accaduto in piazza Alimonda; non continui a piangere miseria dopo le raccolte di denaro che ci sono state, perché se non glieli hanno mangiati tutti gli avvocati, di soldi dovrebbe averne molti". Haidi Giuliani, oggi parlamentare di Rifondazione, ha anche chiarito laspetto riguardante la raccomandata che nel giugno scorso lavvocato della famiglia, Gilberto Pagani, ha inviato a Placanica: è stata mandata solo "a fini cautelativi per interrompere i termini di prescrizione". Il 20 luglio di quest'anno, a cinque anni dalla morte di Carlo Giuliani, la causa era a rischio di prescrizione. La stessa lettera era stata, allora, inviata anche a Filippo Cavataio, autista del Defender sul quale si trovava l'ex carabiniere, nonché al ministero della Difesa e alla Presidenza del Consiglio. "La speranza della famiglia Giuliani - aveva sottolineato allora il legale milanese - è che ci sia una riapertura delle indagini. Se ciò non avverrà valuteremo se promuovere l'azione civile". Nessuna minaccia, tuttavia, dietro queste parole. Solo il fermo e lecito interesse dei Giuliani e del movimento che chiede la verità su quanto accaduto al G8 di Genova, di promuovere un processo che attribuisca le corrette responsabilità e che risponda ai molti dubbi che in parecchi nutrono su come fu gestito lordine pubblico e, soprattutto, sulle effettive responsabilità delle forze dellordine. E non solo in merito alla morte di Carlo Giuliani. Su questo fronte, la famiglia è anche in attesa di un pronunciamento del tribunale di Strasburgo. Che potrebbe essere imminente. Di qui anche la spiegazione del perché lalzata di scudi di Alleanza Nazionale, attraverso la strumentalizzazione di Placanica, avviene solo in questo momento.
Già, Placanica. Durante una recente intervista realizzata allex carabiniere da Giovanni Minoli per La Storia siamo Noi di Raidue, ai telespettatori è apparso un uomo non lucido, con evidenti difficoltà dialettiche e, senza dubbio, gravato da disturbi che non sta certo a noi evidenziare. Ma la domanda che più di un telespettatore si sarà certamente posto nel sentire il racconto di Placanica, è perché mai un uomo così fragile, inesperto e palesemente inadeguato a svolgere delicate funzioni di ordine pubblico con la divisa dellArma indosso, è prima riuscito a passare la visita di leva senza scosse, poi è stato spedito in un campo di battaglia come Genova dove, a rigor di logica militare, ci sarebbero dovuti andare solo militari esperti. E, soprattutto, con i nervi saldi. Va dato atto allArma, subito dopo la morte di Giuliani, di aver capito il clamoroso errore commesso e di aver chiuso per sempre le porte delle caserme a Placanica. Nei suoi confronti, tuttavia, non sono mancati gesti di umanità: come ricordava la stessa madre della vittima di piazza Alimonda, lex carabiniere è stato aiutato con sovvenzioni e altri aiuti economici per permettergli di fare fronte ai primi momenti di difficoltà dopo aver perso il lavoro. Oggi lui ripaga tutto questo facendosi testa di ponte per chi, a Genova, ha fatto le prove generali di repressione, di Stato di polizia e, forse, pure di qualcosaltro. Ha perso malamente la partita ma non si dà per vinto. E arriva fino al punto di usare, in modo indegno, un uomo come Placanica, alla cui endemica fragilità si è senza dubbio aggiunto un peso sulla coscienza che non si augura comunque a nessuno."Sono stato coinvolto in quel fatto - ha raccontato lex carabiniere - ma quel giorno mi sono comportato da carabiniere e ho protetto i miei colleghi, il Defender e l'Arma. La conseguenza è che sono stato riformato".
Comunque si chiuda questa squallida faccenda, vale solo la pena di ribadire che a Genova le vittime furono parecchie, sotto molteplici aspetti, ma Placanica non rientra certo fra questi: oggi è sposato ed ha un figlio di nove mesi, non ha un lavoro ma ha una vita lunga davanti a sé per trovarne uno. Lunica, vera vittima di Genova, si chiamava Carlo Giuliani. Era un ragazzo di ventanni, tanti sogni nella testa e anche lui una vita davanti a sé. Rimasta sullasfalto di piazza Alimonda senza un perché.