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di Giovanna Pavani

Una volta erano solo i topi. Poi sono arrivate anche le zecche, ma di questi tempi un normale viaggiatore di Trenitalia accetterebbe forse la compagnia di qualche scarafaggio tra i sedili e e anche dei bagni otturati, in cambio della certezza di non giungere a destinazione il giorno dopo quello previsto. Preferibilmente vivo, s'intende.
Anche ieri le ex Ferrovie dello Stato, oggi Trenitalia Spa, hanno dato grande prova di essere in grado di "sviluppare - si legge nella presentazione dell'azienda - un grande progetto di mobilità ed efficienza". Dopo il blocco totale per quasi un giorno intero della "freccia dell'Adriatico" che, tanto per cambiare, ha spezzato l'Italia in due, ieri alle 14,30 si è rotto un locomotore sulla Sulmona-Pescara. Caos totale. Alle 16, poi, si è fermato l'Eurostar Milano - Lecce poco prima della stazione di Ancona, ma poteva anche essere il giorno di un nuovo disastro. Si perché con perversa puntualità, a poche ore dalla cerimonia del primo anniversario dell'incidente ferroviario di Crevalcore, in cui morirono 17 persone, sulla stessa linea e nella stessa stazione in cui il 30 settembre 2003 un treno di pendolari finì contro il paraurti del "tronchino", un treno locale Bologna - Porretta Terme ha saltato il segnale del rosso ed è andato avanti.

Il tutto mentre il ministro Lunardi tirava le orecchie al presidente e amministratore delegato di Trenitalia, Elio Catania, che non era ancora stato raggiunto da un'altra, ferale notizia, questa volta proveniente dal profondo e operoso nord. La Regione Veneto ha lanciato il guanto della sfida: se entro tre mesi l'azienda non recepirà le richieste per migliorare i viaggi dei pendolari, verrà disdetto il contratto.

Un ultimatum in piena regola lanciato dall'assessore alla mobilità del Veneto, dopo le relazioni sullo stato dei trasporti redatte dagli ispettori regionali, sulla base delle lamentele arrivate in regione. Tra le richieste del Veneto la possibilità di utilizzare gli Intercity senza l'obbligo di supplemento quando le condizioni del traffico siano proibitive (cioè sempre) e l'introduzione della precedenza obbligatoria ai treni regionali rispetto a quelli a lunga percorrenza quando questi siano in forte ritardo. Un "ricatto" che Trenitalia non potrà accettare e che quindi porterà, presumibilmente, ad un braccio di ferro con la Regione, mentre l'ultimatum potrebbe essere d'incentivo ad altre regioni per fermare una situazione che, ormai, sta assumendo i toni del grottesco.

E' solo di poche settimane fa l'incidente di Roccasecca (e del successivo smottamento del terreno sulla medesima linea che collega Cassino con Napoli) e ancora la linea non è stata del tutto ripristinata, al punto che molti pendolari viaggiano su pulman privati con notevoli aggravio di costi. E si che anche sulle autostrade c'è poco da stare allegri..
Quando finirà? Un silenzio spettrale ha avvolto per tutto il giorno il palazzo romano dove hanno sede i vertici di Trenitalia, incapaci di qualunque gesto, anche quello più auspicabile delle dimissioni come addirittura "l'Osservatore Romano", nell'edizione di ieri pomeriggio si è spinto a chiedere. Come c'è da chiedersi che senso abbia ancora parlare di Tav quando le linee ordinarie cascano a pezzi e sembra che percorrere 100 chilometri per andare a lavorare a Campobasso possa diventare come raggiungere in gommone Otranto dall'Albania.

Il ministro Lunardi, che ha accompagnato nel suo dicastero la crisi nera dell'Alitalia, i guasti del sistema autostradale e il disastro delle Ferrovie, con la determinazione manageriale che gli si riconosce, ha preso saldamente la situazione in mano. E' riuscito a far bloccare uno sciopero indetto dai lavoratori delle Ferrovie per il prossimo 12 gennaio. Gli operai volevano chiedere solo che i soldi per la Tav venissero dirottati altrove e, soprattutto, maggiore sicurezza per il loro lavoro e l'incolumità di tutti. Ma questo governo sembra avere orecchie solo per le inutili, grandi opere disegnate negli studi di Vespa. La più grande, quella di far funzionare ciò che c'è, non gli riesce proprio.