Le norme in discussione in queste ore circa le intercettazioni telefoniche,
vennero in qualche modo anticipate subito dopo l'inchiesta "Savoia",
che ebbe inizio proprio con le intercettazioni - alcune finite sui giornali
- e portò Vittorio Emanuele in carcere il 16 giugno, quindi agli arresti
domiciliari che si conclusero il 23 giugno scorso, poi in libertà. L'accusa,
per lui e per molti altri, era di associazione a delinquere finalizzata tra
l'altro alla gestione illegale di appalti, slot machine, e prostituzione. E'
l'inchiesta della concussione sessuale che ha agitato le acque della Rai e degli
affari attorno al Casinò ma anche dei faccendieri vaticani, dei massoni
e di trafficanti internazionali. Il pubblico ministero potentino Henry John
Woodcock, titolare dell'inchiesta, ha gia condotto indagini difficili in passato.
Ricordiamo ad esempio quella che ha portato in carcere un funzionario del Sisde
amico di Cossiga, pestando i calli a Castelli che lo sottopose a procedimento
disciplinare ma che gli fruttò solo grande delusione. Le indagini che impegnano il sostituto procuratore di Potenza Henry John Woodcock
hanno sollevato accalorate discussioni sulle intercettazioni telefoniche, da
qualcuno definite "sconcertanti", chiamando in causa il diritto
alla privacy, il diritto di cronaca e costringendo il Garante ad intervenire
richiamando tutti all'applicazione rigorosa delle norme già esistenti.
A qualcuno non basta e nell'arena politica fioccano proposte di legge per arginare
il problema. Perchè questo sembrano diventate, un problema e non uno
strumento di indagine, che si cerca di risolvere in modo miope quanto fazioso
imbavagliando i mezzi di informazione e con la delegittimazione pretestuosa
ai danni di questo o quel magistrato. Per ricordare il tenore dello sconcerto
politico verso le intercettazioni telefoniche, basti pensare all'interpellanza
parlamentare urgente al ministro Mastella, mossa da Erminia Mazzoni e Luca Volontè
entrambi dell'Udc, volta a conoscere gli elementi oggettivi alla base dell'inchiesta
di Woodcock e la misura delle spese sostenute nel conto intercettazioni telefoniche
dalla Procura di Potenza.
Le indagini del pm titolare dell'inchiesta Savoia sono state fin dall'inizio
al centro del mirino, dopo la visita degli ispettori del Guardasigilli Clemente
Mastella e dopo la bufera che ha scatenato Giuliano Amato circa la presunta
possibilità di accesso grazie ad una password da parte di alcuni giornalisti
ai documenti, dati e atti custoditi a Potenza.
La segnalazione partì dal prefetto di Potenza Luciano Mauriello e ad
alcuni sembrò la manna piovuta dal cielo per cavalcare la polemica nei
confronti dei magistrati per abuso nell'impiego delle intercettazioni telefoniche,
e dei giornalisti per violazione del segreto istruttorio.
Intanto il sostituto Woodcock e il Procuratore capo di Potenza Giuseppe Galante
chiedono di essere ricevuti al Csm e vengono sentiti lunedì scorso dalla
prima commissione di Palazzo dei Marescialli. Entrambi riferiscono ai giudici
del "clima difficile" dovuto all'inchiesta che stanno conducendo
ed escludono categoricamente l'esistenza della fantomatica password a beneficio
dei giornalisti. Woodcock, riferisce dei tanti attacchi subiti e chiede al Csm
di essere tutelato per poter continuare a svolgere il suo lavoro. Il pm precisa
che la protezione che chiede riguarda anche gli attacchi esterni, oltre che
le accuse che il Procuratore di Potenza Tufaro gli addebita a proposito di un
eccessivo utilizzo di intercettazioni telefoniche.
Il risultato della loro audizione non si fa attendere e martedì scorso
la prima commissione chiede chiarimenti al prefetto, dopo aver ricevuto dallo
stesso una nota che pretendeva di sciogliere i dubbi sulla vicenda. La commissione
insomma non ci vede chiaro e vuole sapere dal prefetto da chi ha avuto le informazioni
sulla password, fonte mai rivelata, nonché chiarimenti circa la duplicazione
della chiave di accesso, dato che gli accertamenti svolti ne escludono addirittura
l'esistenza.
La questione potrebbe risolversi in tempi brevi e rasserenare il clima della calda estate alla procura potentina, ma l'attuale Csm vedrà la scadenza del suo mandato il prossimo 31 luglio, rimandando la delicata quanto urgente questione sul tavolo del futuro nuovo Consiglio.
Si assiste spesso a manovre per delegittimare il lavoro della magistratura; sono direttamente proporzionali al peso delle teste che cadono sotto il peso delle sue indagini. L'organo di autogoverno della Magistratura è costretto sempre più frequentemente ad intervenire e difendere da pesanti accuse gli stessi pubblici ministeri. Va ricordata la vicenda recentissima del pm di Milano Armando Spataro e degli attacchi ricevuti dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, seguiti all'arresto del dirigente del Sismi Mancini. Le sue dichiarazioni e quelle dell'ex guardasigilli Castelli, che hanno riempito le pagine dei giornali, sono state ritenute dal comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli una seria delegittimazione per la magistratura tutta. Lunedì scorso intanto il Presidente Cossiga ha "ritirato" la denuncia penale presentata all'indirizzo dei magistrati e del personale della Digos di Milano, ma la gravità della situazione in cui versa il ruolo della magistratura italiana resta immutata.
Il clamore che scatenano le inchieste e le vicende giudiziarie appare gonfiato
da più parti ad arte: dalla politica di questa o quell'altra parte a
seconda della convenienza più concreta e immediata, dai giornali che
appaiono spesso accanirsi solo su alcune vicende mettendone in risalto l'aspetto
scabroso o piccante, quasi che di altri elementi non possano o non siano interessati
ad informare.
Intanto il governo sta già lavorando ad un disegno di legge in materia
di intercettazioni telefoniche e ambientali, con grande soddisfazione del guardasigilli
Clemente Mastella,che prevederà probabilmente un inasprimento delle sanzioni
per i giornali che pubblicano documenti coperti dal segreto di indagine.
Va a finire che i giornalisti finiranno sotto inchiesta e delle stesse scriveranno
i deputati..