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di mazzetta

Nel nostro paese l'informazione non sta molto meglio di Vittorio Emanuele, ma ci faremmo un torto se pensassimo che questa sia un'eccezione nell'infosfera globalizzata. Qualche giorno fa i giornalisti della RAI hanno diffuso un comunicato, letto più volte in tutti i telegiornali, nel quale in estrema sintesi si dicevano pronti ad abbracciare il modello della BBC e impossibilitati a sopportare oltre l'attuale andazzo della televisione pubblica. Stranamente, nessuno dei colleghi giornalisti ha colto la palla al balzo, nemmeno da quelle redazioni che attualmente sono in lotta contro i rispettivi datori di lavoro, che vorrebbero metterli a contratto come cottimisti, figura contrattuale nella quale già sono stati traslati gran parte dei produttori di notizie e contenuti nel nostro paese. Sicuramente l'appello è poco credibile, in particolare per il pulpito di provenienza, visto che arriva al termine di cinque anni di governo durante i quali le genuine rivendicazioni d'indipendenza si sono perse in una totale afasia, preferendo i ribelli dedicarsi alla confezione degli indigesti panini e del peggior servizio informativo dell'Occidente. Allo stesso tempo, l'appello cade evidentemente nel nulla, in quell'atmosfera che è già ben conosciuta in altri ambiti, fatta di colleghi in concorrenza e con status diversi, con i precarizzati appesi a un filo e gli "assunti" silenti a guardia del prezioso posto, sui quali la prepotenza dell'azienda ha gioco facile.

Ancor minore attenzione ha destato nella politica, dimostrando ancora una volta che gran parte del personale politico italiano si trova a suo agio in questa condizione e che il resto ancora non ha capito come va il mondo.

La trasformazione dell'informazione in merce e, di conseguenza, la trasformazione dei canali e dei mezzi d'informazione in aziende senz'altra accezione, ha da tempo demolito la possibilità di avere un flusso di informazioni affidabili, congrue e comprensibili, in grado di mettere i cittadini di fondare i propri giudizi su basi di logica e verità.

Non è solo questione di controllo politico o di propaganda; come ogni azienda il moderno media deve produrre una merce e venderla. La logica conseguenza è l'avanzamento delle non-notizie e l'emarginazione di tutto quanto non faccia audience. L'eccezione alla regola, cioè il media in perdita, in realtà produce e vende comunque merce. Molti quotidiani producono merce che nessuno apparentemente compra, ma in realtà questa merce viene pagata da chi si attende altri vantaggi o direttamente dalle casse dello Stato, l'accesso alle quali impone la produzione di alcuni tipi di merce, poco importa se non richiesti dal "mercato".

Il resto della merce che vendono i notiziari è legato a collaborazioni e cointeressenze con altre entità aziendali, siano collegate o no, a scambi misteriosi e a sinergie spesso triangolari; gran parte dello spazio è occupato dalla promozione di altra merce con un appeal superiore a quello della merce-notizia, sia una clip sul personaggio famoso o il gadget allegato alla pubblicazione. Un vero dogma è quello di rispettare i soggetti economici, verso i quali c'è sommo distacco e nessuna aggressività, a meno che l'attenzione non sia sollecitata da una sinergia concorrente. Si spiega così la singolare deferenza verso le banche, le assicurazioni, le multinazionali e gli interessi economicamente strutturati e, in generale, verso gli "interessi comuni" del mondo della finanza e degli "have a lot".

Se pensiamo che un'informazione decente sia fondamentale per dare un senso diverso a quello che appare l'anno zero della comunicazione in Italia, non possiamo fare a meno di notare che l'anno zero è cominciato parecchi anni fa e, vista la vitalità dei giornalisti e del corpo sociale, probabilmente durerà ancora a lungo. Meglio quindi attrezzarsi ed imparare la difficile arte dell'incrociare le fonti cercandodi farsi un'opinione artigianalmente, in attesa che per qualche miracolo o rivolgimento della storia, si possa realizzare la trasformazione che permetterà di sistemare un po' le cose.

Informazione: è l'ora del "fai da te"?

La grande possibilità di questi tempi, ancora inaccessibile ai più a causa del digital-divide, è quella di accedere a quella superfetazione informativa che è Internet, già ora è possibile rivoluzionare le modalità di assunzione individuale dell'informazione.

Esiste una enorme produzione di informazioni e, in realtà, dire che le informazioni conformi alla realtà non esistano, è sbagliato. Il problema grosso è che le notizie non ci giungono, al loro posto ci arriva una melassa indistinta di materiale scadente ordinato secondo priorità che nulla hanno a che fare con l'esigenza di ottenere informazioni chiare, quella melassa che poi crea e favorisce l'impunità e il riparo dal giudizio e dal controllo pubblico.

Cambiare le nostre modalità di ricerca e fruizione della notizia è il primo passo per evadere da una narrazione completamente inadatta e falsa. Il tempo impiegato nella lettura di un quotidiano può essere più utilmente impiegato con una ricerca su Internet, anche focalizzandosi solo su un tema o su una notizia. L'impiego di strumenti come i feeder RSS ( programmi scaricabili gratuitamente tramite i logo RSS in quasi tutti i siti che producono informazioni) consente di seguire l'evoluzione di una vicenda impostando un simpatico ragnetto, che vi riporterà quanto si dice su ciò che vi interessa, dalle testate che preferite o che avvalorate, direttamente sullo schermo ogni giorno fino a che non gli direte basta. Toglie un po' di gusto, ma è molto comodo.

Altri strumenti di grande utilità sono i motori di ricerca, con i quali incrociando impietosamente le fonti ci si riesce a fare un'idea abbastanza precisa del panorama complessivo, così come s'impara a riconoscere quegli operatori dell'informazione che esistono solo per produrre tesi tendenziose e propaganda. Se ogni volta che trovate un articolo falso copiate in un file di testo il nome dell'autore, in capo a breve avrete una black list di discutibili personaggi dai quali tenervi alla larga. Il falso consapevole è un peccato che squalifica la fonte e la porta vicina allo zero, una serie di falsi consapevoli la mette nella lista da spulciare per vedere chi fa propaganda a cosa, e serve anche per farsi un'idea di prima mano su poteri e reti d'interesse. Ovviamente questo non significa considerare assolutamente affidabile una fonte o assolutamente inutilizzabile un'altra: con un po' di esercizio si acquista la giusta misura e con il tempo si scoprono configurazioni d'incroci sempre più efficaci. Anche un falso riconosciuto come tale può aiutare a rendersi conto del vero.

Ci sono infine strumenti meno tecnici, ma forse anche più potenti: il primo sta sicuramente nel riconoscere il valore di possedere informazioni affidabili; la conoscenza è vero potere, non servisse altro che a non annegare in un fallimento all'argentina o a non farsi cogliere di sorpresa da una guerra sotto casa. Questa consapevolezza è fondamentale, insieme alla curiosità è la premessa per imparare il gioco e apprezzarlo. Molto apprezzabile sarebbe anche la consapevolezza delle dimensioni numeriche; molti non hanno contezza, o non si soffermano, sulle grandezze numeriche veicolate dalle informazioni, ma spesso queste sono dati fondamentali, a volte rappresentano un aspetto non secondario dell'informazione stessa. I milioni di morti e i miliardi di euro sono grandezze che spesso sfuggono, ma sono fatti di un euro alla volta uscito dalle nostre tasche e da una vittima alla volta di una struttura di controllo globale che comprende e coinvolge l'ambito militare, politico, economico e dei media, nel quale viviamo immersi e del quale, in grande maggioranza, siamo vittime.

L'ultimo, ma non meno prezioso strumento che mi sento di consigliare, è la conoscenza dell'inglese, o dello spagnolo, o in alternativa un paio di lingue europee oltre all'italiano (sarebbe già sufficiente sapere leggere i testi e comprenderli). La produzione di notizie nel nostro paese ha limiti oggettivi ed è carente su tutto quello che accade negli altri paesi, essendo la nostra classe politico-economica particolarmente provinciale e concentrata nel cavarci il sangue senza turbarsi di molto altro. So che l'argomento è sgradevole, perché nel nostro paese la lingua straniera viene insegnata male e non è considerata una dotazione fondamentale, ma la conoscenza di altre lingue apre praterie veramente vaste e permette di accedere a materiali di grande valore. Gran parte della conoscenza è sistematizzata e discussa in lingua inglese su internet, imparare quindi l'inglese equivale ad avere il veicolo adatto per navigare il mare magnum dell'informazione; far uscire lo strumento d'evasione dall'angusto recinto del dibattito italiano.

Non sarà la BBC, ma potrebbe anche essere meglio, di sicuro è una grande opportunità per chi sia sensibile alla tragica situazione dell'informazione nel nostro paese.